Dopo un mese di silenzio forzato, le macchine in fabbrica tornano a far rumore. Jaguar Land Rover, ancora alle prese con le conseguenze dell’attacco informatico che l’1 settembre ha paralizzato le sue attività globali, è pronta a riaccendere le linee produttive. Domani, 8 ottobre, il primo passo verso la normalità partirà dagli stabilimenti di Wolverhampton e Birmingham, rispettivamente dedicati alla produzione di motori e alla realizzazione di batterie. Subito dopo toccherà agli impianti di Castle Bromwich, Halewood e Solihull, dove si riprenderanno le operazioni di stampaggio e assemblaggio.
Domani, però, toccherà invece al cuore pulsante del marchio: la carrozzeria, la verniciatura e il centro logistico di Solihull, fondamentali per alimentare la rete produttiva globale di Jaguar. I primi modelli a uscire dalle linee saranno Land Rover Defender e Discovery a Nitra, in Slovacchia, seguiti da Range Rover e Range Rover Sport nel Regno Unito.

La ripartenza sarà tutt’altro che a pieno regime. La casa britannica parla infatti di un “riavvio controllato e graduale”, segno che la ferita digitale non è ancora completamente rimarginata.
Il CEO Adrian Mardell ha voluto ringraziare i dipendenti per la resilienza dimostrata, confermando anche l’attivazione di un nuovo piano di finanziamento per pagare in anticipo i fornitori “qualificati”. Un modo per dare ossigeno a un ecosistema industriale che ha sofferto duramente lo stop. D’altronde, molte aziende della filiera hanno dovuto tagliare personale per sopravvivere, attirando persino l’attenzione del Parlamento britannico.
A complicare il quadro per Jaguar Land Rover ci sono le cifre da capogiro. Secondo stime economiche, l’attacco informatico potrebbe essere costato fino a 5 milioni di sterline al giorno, con una perdita settimanale stimata di circa 50 milioni. Per evitare un effetto domino sull’industria, il governo britannico ha garantito un prestito da 1,5 miliardi di sterline attraverso l’Export Development Guarantee, da restituire in cinque anni.

Il ministro delle Imprese, Peter Kyle, ha definito l’operazione “un passo fondamentale per proteggere migliaia di posti di lavoro qualificati nelle West Midlands e nel Merseyside”. In effetti, l’ecosistema di Jaguar coinvolge circa 700 aziende e 150.000 addetti, un pezzo vitale dell’industria automobilistica britannica.
Dopo settimane di blackout digitale, ordini bloccati e concessionari in affanno, Jaguar prova quindi a ripartire, magari con un software più sicuro e qualche firewall in più.