Dieselgate, il contagio: nuovo capitolo contro i costruttori che hanno falsificato le emissioni

Oggi, il grande accusato nel Dieselgate è una grossa fetta dell’industria automobilistica tra Mercedes, Ford, Nissan, Renault e due marchi Stellantis.
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Il Dieselgate non è solo un problema di Volkswagen. Nove anni dopo l’ammissione del colosso tedesco sull’uso di dispositivi di manipolazione delle emissioni, la marea legale sta montando ancora, e non sta risparmiando nessuno. Oggi, il grande accusato non è un singolo marchio, ma praticamente l’intera industria automobilistica, con Mercedes, Ford, Nissan, Renault e i marchi Stellantis, Peugeot e Citroen, che si trovano a difendersi da una monumentale class action nel cuore finanziario d’Europa, a Londra.

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Oltre 1,6 milioni di automobilisti hanno citato in giudizio (con una class action) i giganti, accusandoli di aver deliberatamente ingannato sui reali livelli di emissioni di ossidi di azoto.

dieselgate volkswagen
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Secondo gli avvocati dei ricorrenti, che hanno usato parole pesanti come “imbrogli per non rispettare la legge”, i veicoli diesel venduti tra il 2012 e il 2017 avrebbero utilizzato presunti defeat device per riconoscere le condizioni di test ufficiali e, solo in quel frangente, abbattere artificialmente i livelli di NOx. Un meccanismo che abbiamo avuto modo di conoscere tempo fa proprio all’esplosione dello scandalo in Volkswagen.

Una volta su strada, le stesse auto dei test “superati” avrebbero emesso inquinanti a livelli fino a 12 volte superiori a quanto dichiarato. Non fu solo una questione ambientale, ma un problema di onestà aziendale su scala industriale che ha avuto conseguenze dirette sulla salute pubblica e l’ambiente.

Ovviamente, tutti i produttori accusati respingono le affermazioni come “fondamentalmente errate”, sostenendo che i loro sistemi di emissione erano calibrati per “legittime ragioni di ingegneria o sicurezza”. Un’affermazione che, dopo il precedente Volkswagen, suona non troppo convincente.

emissioni inquinanti
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Se il fronte britannico del Dieselgate mette in discussione l’onestà dei motori, quello tedesco solleva però interrogativi sulla trasparenza dei dirigenti. In un colpo di scena che ha scosso il mercato assicurativo, la Corte Federale di Giustizia di Karlsruhe ha annullato un accordo di risarcimento precedentemente approvato, in cui gli assicuratori (tra cui Zurich, AXA e Allianz) avrebbero dovuto versare 270 milioni di euro a Volkswagen per coprire i danni causati dagli ex-dirigenti coinvolti nello scandalo. Tutto, appunto, per colpa di un deficit di trasparenza nei confronti degli azionisti riguardo al patrimonio personale degli ex-CEO e ad altri dettagli cruciali.

La saga Dieselgate si rivela quindi un mostro a due teste: da un lato minaccia il patrimonio dei costruttori con risarcimenti da capogiro, dall’altro mette a rischio persino il mercato assicurativo globale.