Nel percorso verso una mobilità a zero emissioni, le batterie dei veicoli elettrici rappresentano ancora una sfida importante. Autonomia limitata, costi elevati, degrado delle prestazioni nel tempo. Queste sono solo alcune delle criticità che rallentano l’adozione di massa. Ma se le batterie del futuro potessero ripararsi da sole?
Questo è l’obiettivo ambizioso di PHOENIX, un progetto europeo che promette di estendere la durata delle batterie, renderle più sicure, sostenibili e economicamente vantaggiose. Il cuore della ricerca coinvolge esperti come Johannes Ziegler del Fraunhofer Institute e Liu Sufu del CSEM svizzero, che collaborano con un team multidisciplinare proveniente da Belgio, Italia e Spagna. L’obiettivo è progettare batterie intelligenti in grado di autorigenerarsi e adattarsi ai danni derivanti dai cicli di carica e scarica.

Al centro della tecnologia ci sono sensori avanzati e trigger intelligenti, capaci di rilevare microcambiamenti nella batteria e attivare interventi correttivi. Le soluzioni includono trattamenti termici mirati o l’uso di campi magnetici per dissolvere i dendriti, minuscole formazioni metalliche responsabili di cortocircuiti interni.
Parallelamente, il progetto esplora materiali alternativi ad alta densità energetica come il silicio, in grado di aumentare l’autonomia e ridurre le dimensioni delle batterie, anche se ancora instabile in fase di espansione. L’obiettivo a lungo termine è raddoppiare la vita utile delle batterie e, di conseguenza, dei veicoli stessi.
Il nome PHOENIX, intuitivamente, non è casuale: come il volatile mitologico che rinasce dalle proprie ceneri, così anche queste batterie dovrebbero “rigenerarsi” per rinascere, prolungando la loro efficienza e riducendo la dipendenza da metalli critici come litio, nichel e cobalto.

L’Unione Europea, che punta a rendere obbligatori i veicoli a zero emissioni entro il 2035, guarda con attenzione a queste innovazioni. Più batterie durevoli significano meno rifiuti, meno estrazione di risorse, e un minore impatto ambientale. La sfida con i produttori cinesi, altra grande guerra a distanza, si gioca anche e soprattutto sul piano dell’innovazione tecnologica e della velocità con cui si può giungere a risultati di eccellenza.