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Le 5 Ferrari stradali con motore a 12 cilindri piatto

Alcune auto hanno un fascino esotico, non solo per il fatto di usare un nome leggendario come Ferrari.

Ferrari Testarossa
Foto Ferrari

La storia della Ferrari si intreccia con i motori a 12 cilindri, diventati un secondo marchio di fabbrica per le auto del “cavallino rampante”. Sin dal debutto, la casa di Maranello ne ha fatto uso. La prova giunge dalla 125 S, opera inziale del costruttore emiliano, spinta da un V12 aspirato da 1.5 litri di cilindrata.

Quell’architettura aveva conquistato il cuore di Enzo Ferrari, dopo l’ascolto delle melodie meccaniche di un’unità Packard frazionata allo stesso modo. Il fondatore del mito ammirava la “voce armoniosa e l’esclusività di produzione” del dodici cilindri, ma la simpatia derivava anche dai superiori regimi di rotazione resi possibili da quella scelta ingegneristica, con riflessi positivi sulla potenza.

Un elemento, quest’ultimo, che al Commendatore stava a cuore più di tutto il resto nella definizione di un’auto, da corsa o stradale che fosse. Secondo lui, un maggiore vigore energetico vinceva su tutto, sopperendo ad eventuali manchevolezze telaistiche o a un peso superiore. I successi messi a segno confortarono presto e in modo solido la bontà della scelta, regalando molte soddisfazioni al carismatico fondatore del brand italiano più celebre ed amato al mondo. Ancora una volta la visione strategica e la lungimiranza di Enzo Ferrari andarono a segno.

Per lungo tempo il motore a 12 cilindri fu accolto sotto il cofano anteriore delle vetture del “cavallino rampante“, in ossequio al credo iniziale del grande uomo modenese, che voleva i “buoi davanti al carro”, come accade nei mezzi a trazione animale. Con l’arrivo degli anni ’60, questo credo, inizialmente dogmatico, cominciò a vacillare. A segnare la svolta, nell’universo racing, provvide la 156 F1 del 1961, che accompagnò Phil Hill al trionfo nel Campionato del Mondo di quella stagione agonistica.

Fra le auto a ruote coperte, a segnare il cambio di passo ci pensò la 250 Le Mans, entrata nella storia anche in ragione di ciò. Quest’ultima vettura, a differenza dell’altra, era a 12 cilindri. Una doppia “prima”. Nella produzione di serie, l’esordio dei “buoi dietro al carro” avvenne con la Dino 206 del 1967, ma il marchio non era quello del “cavallino rampante”. Inoltre, la spinta faceva leva su un 6 cilindri.

L’esordio del frazionamento più tipico di Ferrari nel listino aziendale avvenne con la 365 GT4BB del 1973. Fu lei la prima “rossa” stradale con il V12 centrale, ma anche la prima con un motore a 12 cilindri contrapposti omologato per la strada. L’unità propulsiva discendeva da quella della 312 B di F1, progettata da Mauro Forghieri e portata al suo esordio nella stagione 1970, con l’intento di abbassare il baricentro.

I successi messi a segno in pista diedero il migliore responso sulla qualità della scelta ingegneristica. Qui, però, non vogliamo occuparci dei bolidi da gara, perché il tema del post sono le auto stradali con motore 12 cilindri piatto. Se lo gradite, seguiteci nel nostro viaggio alla loro scoperta.

Ferrari 365 GT4 BB (1973)

Ferrari 365 GT4 BB
Foto Bonhams Cars

Questa vettura, felicemente vestita da Pininfarina, è stata la prima della famiglia di cui ci stiamo occupando. Il suo debutto avvenne al Salone dell’Auto di Torino del 1971, dove calamitò l’interesse del pubblico e degli addetti ai lavori, per sue forme avvenenti e sensuali. Molti parlarono, in modo appropriato, di un capolavoro di stile.

La carrozzeria della Ferrari 365 GT4 BB coniugava in modo impeccabile i tratti taglienti a quelli sinuosi, per una miscela di sublime splendore. Qui l’alchimia fra eleganza e aggressività toccava l’apice. Impossibile non innamorarsi dei suoi tratti, davvero scultorei. Sotto l’abito, sostenuto da un telaio a traliccio di tubi di acciaio variamente dimensionati, pulsava un’unità motoristica da 4.390 centimetri cubi di cilindrata, in grado di sviluppare la bellezza di 380 cavalli, espressi in modo corsaiolo.

Con lei si inaugurò la presenza del 12 cilindri piatto nel listino della casa di Maranello. Nella sigla del modello erano riportate alcune sue caratteristiche. Il codice numerico iniziale svelava la cilindrata unitaria, GT era l’acronimo di Gran Turismo, 4 indicava i quattro alberi a camme, BB stava per Berlinetta Boxer.

In realtà non si trattava di un propulsore con pistoni da ring, che si prendono quasi a pugni, perché ogni manovella è in questo caso collegata a due bielle, contro la singola del vero boxer. La voglia, però, di connettersi velatamente alle iniziali di Brigitte Bardot prese il sopravvento, sfruttando un accostamento di lettere non corretto sul piano ingegneristico puro. Qui si aveva a che fare con un motore a cilindri contrapposti o a V di 180°, detto anche piatto.

Con il suo apporto, la velocità massima si spingeva oltre la soglia dei 300 km/h. Al momento dell’introduzione in listino, questa Ferrari era una delle auto più rapide ed esclusive al mondo. Fu anche la prima vettura stradale V12 della casa di Maranello col motore disposto alle spalle dell’abitacolo.

Ferrari 512 BB (1976)

Ferrari 512 BBi
Foto da profilo Facebook RM Sotheby’s

Dalla 365 GT4 BB derivò la Ferrari 512 BB, sua diretta evoluzione. Questa è una delle auto sportive più sensuali e affascinanti di tutti i tempi. Le piccole modifiche apportate allo stile della vettura da cui discendeva resero praticamente perfetta la sua carrozzeria. Nella tela estetica emergeva il nuovo spoiler anteriore e, soprattutto, il diverso trattamento di alcuni elementi chiave dello specchio di coda,

Qui i tre gruppi ottici affiancati lasciarono spazio ad unità luminose a due corpi per lato. I terminali di scarico si ridussero di un’unità. Colpi da maestro, di grande efficacia estetica, uniti al leggero allargamento dei passaruota posteriori, che conferirono un aspetto ancora più sensuale al modello. Belle anche le nuove prese d’aria NACA a ridosso delle ruote di trazione. Il risultato del lifting? Un’estetica più seducente che mai.

Parlare di un capolavoro sembra quasi riduttivo al cospetto di tanto splendore. Si starebbe giorni interni ad ammirare la 512 BB, anche nei più piccoli dettagli, per l’incredibile forza attrattiva di ogni suo corpo grafico.

Sul fronte motoristico, qui il compito della spinta fu affidato a un nuovo cuore da 4.943 centimetri cubi di cilindrata, capace di sviluppare una potenza massima di 360 cavalli. La cifra è più bassa di quella dell’auto che l’aveva preceduta in listino, ma in compenso il funzionamento era più regolare e fluido, con una coppia più robusta ai regimi di maggiore sfruttamento, fino ai 295 km/h di punta velocistica. Questo si traduceva in una migliore guidabilità del mezzo.

Il motore a 12 cilindri da 5.0 litri della Ferrari 512 BB, disposto in posizione posteriore-centrale, ha energia da vendere e regala la sua forza con melodie meccaniche celestiali, in grado di emozionare anche il grande Herbert von Karajan. La splendida coupé emiliana disegnata da Leonardo Fioravanti per Pininfarina ottenne, nel 1981, l’iniezione Bosch K-Jetronic, al posto dei quattro carburatori triplo corpo di prima, in modo da rispettare le norme più restrittive sul contenimento delle emissioni.

Nacque così la 512 BBi. In questa veste la potenza massima “scese” a 340 cavalli, per una velocità massima di 283 km/h. Il temperamento divenne leggermente meno rabbioso, ma la fruibilità ne trasse ulteriore beneficio, specie nel traffico, per l’azione più regolare e scorrevole. La tinta divenne unica, rinunciando alla fascia inferiore in nero opaco. Il look se ne giovò, diventando praticamente perfetto.

Ferrari Testarossa (1984)

Ferrari Testarossa
Foto Ferrari

Dopo la Berlinetta Boxer il listino “ordinario” della casa di Maranello trovò una nuova espressione di punta nella Ferrari Testarossa, dal taglio stilistico completamente diverso. Nessuna parentela visiva con la vettura che l’aveva preceduta. La scelta progettuale che maggiormente incise sul nuovo indirizzo estetico fu lo spostamento dei radiatori ai lati dell’abitacolo, in posizione arretrata, per ridurre le temperature interne e regalare maggior comfort ai 2 passeggeri.

Così prese forma una carrozzeria dai tratti espressivi molto caratteristici, anzi unici. Le ampie prese d’aria laterali, ben rimarcate sul piano grafico e caratterizzate da una batteria di listelli, davano una identità molto specifica al modello. Di incredibile suggestione lo specchio di coda, davvero futuristico, che esaltava il colpo d’occhio con i suoi meravigliosi schemi grafici e col suo sviluppo orizzontale.

Ancora oggi, nella vista posteriore e di 3/4 posteriore, la Ferrari Testarossa resta il riferimento assoluto della specie, in termini di carisma e presenza scenica. In questi settori visivi il suo appeal è inebriante. Pure il resto dell’esecuzione stilistica è al top. Il frontale, in questo contesto, potrebbe apparire sottotono, per la sua semplicità linguistica, ma non lo è affatto. Serve ad abituare progressivamente l’occhio all’esuberanza di ciò che c’è dopo.

Fin dal primo sguardo i suoi tratti scultorei rapiscono i sensi. Con questa vettura, la casa di Maranello ha regalato un altro capolavoro all’umanità. Il nome del modello rimanda alla tradizione storica del marchio e fa riferimento al colore dei coperchi delle teste cilindri. Sotto il cofano motore pulsa un 12 cilindri piatto a 4 valvole per cilindro, con 390 cavalli di potenza massima al servizio del piacere.

Notevole il quadro prestazionale, ben rappresentato dagli oltre 290 km/h di velocità massima. Sebbene dotata di un look da prototipo, la Ferrari Testarossa non è una belva da pista. La sua indole è quella di una veloce e confortevole granturismo, capace di trasferte molto veloci, in un quadro emotivo di altissimo rango.

Esuberante interprete dello spirito dei magnifici anni ottanta, divenne un’icona del suo tempo. Ogni persona di successo ne voleva una in garage. Chi non poteva permettersela si accontentava di un modello in scala o di un poster in camera. Ancora oggi la Ferrari Testarossa è in cima ai sogni di tutti. Per la casa di Maranello è un’auto simbolo, entrata con forza nell’immaginario collettivo.

Ferrari 512 TR (1991)

Ferrari 512 TR

Anche la Testarossa ebbe un suo ciclo evolutivo. Il primo passaggio fu la nascita della Ferrari 512 TR, che ne modernizzava i contenuti estetici, funzionali e prestazionali. Ad occuparsi dello splendido aggiornamento stilistico del modello fu Pietro Camardella per Pininfarina. Il designer salernitano svolse al meglio il suo compito, superando a pieni voti una sfida che avrebbe fatto tremare le mani a chiunque.

Gli interventi furono pochi, ben bilanciati e molto incisivi, senza tradire il fascino inimitabile dell’auto di partenza, resa ancora più attuale. L’aspetto divenne più atletico, senza inficiare minimamente l’eleganza della base di lavoro. Cambiò il frontale, ispirato ora a quello della 348. Anche il cofano motore assunse delle geografie diverse, con un nuovo trattamento delle feritoie di raffreddamento e con elementi laterali di raccordo più pieni.

Differente anche l’area degli scarichi, come il colore dei gruppi ottici. La parte bassa della vettura ricevette la stessa tinta del resto della carrozzeria. Così l’immagine divenne ancora più sportiva. A sigillare con coerenza il risultato ci pensarono i nuovi cerchi in lega da 18 pollici, contro i 16 della Testarossa, per un impatto visivo più atletico. Un lavoro coi fiocchi, di rarissimo pregio. Solo in poche occasione i restyling riescono. In questo caso anche con la lode. Tanto di cappello a chi è stato capace di un simile miracolo.

Innamorarsi della Ferrari 512 TR è un fatto istantaneo. Questa supercar unisce l’eleganza all’aggressività, con note di estrema classe. Rivisto completamente, rispetto all’antesignana, il look degli interni, per offrire una migliore ergonomia.

La guida divenne più confortevole, con l’introduzione del servosterzo, davvero utile nella manovre da fermo (e non solo). Molto più incisivo il comportamento dinamico, per prestazioni di livello nettamente superiore, sia in strada che in pista. Il merito va in buona parte alla collocazione più bassa dell’unità propulsiva e all’affinamento dell’assetto. Il superiore grip delle nuove gomme e la maggiore incisività dell’impianto frenante completarono degnamente il pacchetto. Notevoli i progressi sul motore, in grado di esprimere sulla Ferrari 512 TR una potenza massima di 428 cavalli, ben 38 in più della Testarossa. Le metriche erano di un altro pianeta rispetto a prima, con uno scatto da 0 a 100 km/h in 4.8 secondi e una punta velocistica di 314 km/h.

Ferrari F512 M (1994)

Ferrari F512M
Foto Ferrari

Questa fu l’ultima evoluzione della serie Testarossa. Sul piano estetico, la Ferrari F512M è la meno riuscita della famiglia, ma non la si può certo definire una brutta vettura. Qui non ci sono i classici fari a scomparsa, ma dei gruppi ottici fissi nel frontale, con palpebra nera, che cercano di evocare quelli della F40. Anche le prese d’aria NACA sul cofano anteriore, pur se di natura funzionale, cercano una connessione visiva con la “belva alata” del “cavallino rampante”, ma il risultato estetico non è paragonabile, nemmeno lontanamente.

Si coglie, inoltre, una certa disarmonia con le fiancate, o meglio un’armonia meno efficace. Modifiche importanti riguardarono anche il paraurti anteriore, con nuove geometrie delle prese d’aria e degli elementi luminosi. Il profilo laterale fu peggiorato dall’innesto di nuovi cerchi in lega, ispirati a quelli della Mythos, che qui non restituivano la migliore resa visiva.

Peggiorativi anche gli interventi eseguiti sullo specchio di coda, con l’eliminazione dei listelli orizzontali a contrasto e con l’introduzione di gruppi ottici tondeggianti al posto di quelli rettangolari delle serie precedenti. Una miscela non proprio felice, per l’occhio abituato all’impeccabile e futuristica armonia delle realizzazioni di prima.

Sulla parte posteriore della Ferrari F512M la ricerca di un family feeling forzato con la F355 si è tradotta in una zavorra visiva. Nonostante ciò, le sue quotazioni sono oggi le più alte della serie, in virtù di 2 plus collezionistici: la tiratura di gran lunga più bassa della serie e il fatto che questa sia stata l’ultima auto del marchio dotata di un motore V12 piatto (e di un dodici cilindri disposto dietro, fra quelle non limited edition).

Sulla 512 “Modificata”, il cuore rampante conserva la cilindrata di prima, ma spinge la potenza massima a un livello ancora più alto: 440 cavalli, per un livello di performance in ulteriore progresso. Miglioramenti furono messi a segno sul fronte dell’aerodinamica e della guidabilità, ma le differenze principali con la 512 TR erano estetiche, perché le cifre dinamiche cambiavano di poco. Con lei la famiglia delle Testarossa giunse al suo epilogo, chiudendo un’epoca da sogno. In un certo senso fu il canto del cigno, ma con il look meno appetibile della stirpe.

Fonte | Ferrari