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La verità sul rapporto tra Marchionne e John Elkann, l’intervista scoop

Intervista a Gigi Moncalvo, uno dei più profondi conoscitori delle questioni Fiat e Famiglia Agnelli

Marchionne e John Elkann Intervista Moncalvo
Marchionne e John Elkann

Il gruppo FCA si appresta a concludere il suo primo anno senza Sergio Marchionne, l’amministratore delegato che ha dato vita all’azienda nella sua attuale conformazione. Dalla scomparsa di Marchionne, avvenuta nel luglio dello scorso anno, passando per la successiva nomina di Mike Manley a nuovo CEO di FCA.

Il piano industriale di FCA presentato da Marchionne lo scorso giugno, in una delle ultime apparizioni pubbliche del manager, è solo una bozza di quello che sarà il futuro dell’azienda e la nuova dirigenza capeggiata da Manley ha già, in parte, cambiato le carte in tavola annunciando il nuovo “Piano Italia”, per i siti di produzione nel nostro Paese, e nuovi investimenti in Nord America e, più recentemente, in Sud America mercati destinati a ricoprire un ruolo fondamentale per il futuro dell’azienda. 

FCA deve, probabilmente, ancora “abituarsi” all’assenza di Sergio Marchionne che, con il suo carisma e la sua risolutezza, è riuscito, negli anni, a ritagliarsi un ruolo di primo piano nella gestione dell’azienda creando un rapporto molto particolare e, per certi versi, difficile da interpretare con la dirigenza rappresenta, in particolare, da John Elkann, finito spesso in secondo piano dal punto di vista mediatico rispetto a Marchionne stesso. 

Marchionne è stato il “dominus” di FCA per molti anni

Gigi Moncalvo, giornalista ed autore di diverse pubblicazioni (“Agnelli segreti” o “I lupi e gli Agnelli. Ombre e misteri della famiglia più potente d’Italia”) sul mondo Fiat, in un’intervista rilasciata poco dopo la morte di Marchionne evidenziava il ruolo insolito di Marchionne nel rapporto con l’azionista di maggioranza del gruppo Elkann:

sergio marchionne e John Elkann
Sergio Marchionne e John Elkann: il loro rapporto

“Non tutto era come poteva sembrare perché certe volte in un rapporto di lavoro, d’affari o di management di 14 anni ci possono essere alti e bassi. Una persona intelligente come Marchionne tuttavia capì subito come andavano le cose e si conquistò uno spazio perché nella famiglia Agnelli molti si preoccupavano di incassare le cedole, ma di automobili, affari e produzione non capivano molto. Gianni Agnelli sapeva che tipo di persone c’erano tra i circa 150 parenti e le assemblee di famiglia erano persino divertenti, da un certo punto di vista. Raccontano che l’Avvocato parlava per esempio al microfono e alla fine diceva: vedo che non ci sono domande, potete passare alla cassa. Marchionne ha capito quali praterie avesse davanti ed ha colto l’opportunità professionale per comportarsi alla fine – com’era probabilmente giusto viste le responsabilità che aveva sulle spalle – da padrone (tra virgolette)”

Moncalvo conferma come, in modo sempre più marcato, Marchionne ha iniziato a comportarsi come un vero e proprio “dominus” in casa FCA:

 “Si era creata una grande dicotomia: da una parte l’azionista di maggioranza (John Elkann), dall’altra un grande manager, che tuttavia restava un dipendente. Ora, nel capitalismo moderno è il capitalista di maggioranza a prevalere nelle decisioni e non il suo dipendente, ancorché illustre e importante. In questo caso si è invece verificato il contrario.

Per la fortuna di tutto il gruppo, si potrebbe dire, perché le decisioni di Marchionne hanno portato moltissimo denaro nelle tasche di coloro che, nel 2003-2004, alla morte di Giovanni Agnelli prima e Umberto Agnelli dopo, per la prima volta, si vedevano costretti ad aprire il portafoglio e provvedere a ricapitalizzare le aziende. Marchionne a poco a poco ha cominciato a comportarsi da autentico dominus della situazione, con la sua personalità e il suo carisma. John Elkann non buca il video come lui. Appare diverso dal moderno capitano d’industria deciso, risoluto, severo con i dipendenti e decisionista”

Giornalista Gigi Moncalvo
in foto: Gigi Moncalvo

Moncalvo ha citato diversi episodi che chiariscono il ruolo avuto da Marchionne in FCA e il suo rapporto con Elkann.

I media cercavano sempre Marchionne che, a differenza del più pacato Elkann, si è sempre prestato al ruolo “da protagonista” con dichiarazioni spesso sopra le righe ed in grado di indirizzare il percorso di crescita dell’azienda. 

“certe assemblee della Banca d’Italia o talune riunioni di Confindustria (fino a quando la Fiat era dentro),  quando i giornalisti davanti alla coppia Marchionne-Elkann dirigevano inevitabilmente i taccuini, i microfoni, le telecamere o i flash verso l’ad, quello che di solito aveva cose importanti da dire e le cui parole avevano forte significato” Un altro esempio citato da Moncalvo che chiarisce il ruolo da “padrone” di Marchionne è “la vicenda della defenestrazione di Luca Cordero di Montezemolo dalla Ferrari“, un caso che negli anni scorsi è stato per molto tempo in prima pagina e che ha visto Marchionne sostituire Montezemolo alla guida della casa di Maranello. 

Montezemolo licenziato da CEO di Ferrari

Come confermato da Moncalvo, Marchionne comunicò personalmente a Montezemolo la decisione del cambio alla presidenza di Ferrari anticipando John Elkann. “In quell’occasione il Ceo prende il telefono di domenica mattina e comunica a Montezemolo che non è più il presidente della Ferrari.” Montezemolo poi si lamenterà dicendo che si aspettava almeno una telefonata da qualcuno della famiglia Agnelli, in pratica da John Elkann.

Dopo di che Marchionne avvia il trasferimento della Ferrari in Olanda (sede sociale), a Londra (sede fiscale) e a New York (con la quotazione in Borsa al New York Stock Exchange). A Londra si pagano meno tasse e a New York c’è la Borsa. Decide infine di riunire, per 15 giorni dopo, il Consiglio di Amministrazione. Caso particolare, visto che in genere il Cda va riunito prima di prendere certe decisioni. Si tratta in sostanza di uno dei momenti in cui il Ceo dimostra, se non di essere il vero padrone, di rappresentare lui i veri padroni. Di essere colui che a tutti gli effetti esegue ciò che i veri proprietari gli dicono”.

L’improvvisa morte di Marchionne ha permesso ad Elkann di riappropriarsi di un ruolo di primo piano nelle aziende di famiglia, soprattutto da un punto di vista mediatico e d’immagine, prendendo il posto del manager alla presidenza di Ferrari. Anche la scelta di Manley come nuovo amministratore di FCA può essere letta come una mossa diretta di Elkann.

E qui entriamo nel tema fondamentale: chi sarà ora il vero padrone della Fiat? Un segnale importante sotto il punto di vista della direzione che sta prendendo la futura gestione della azienda, è quello delle dimissioni del dottor Alfredo Altavilla, il braccio destro di Marchionne. Cosa significa? Stanno prevalendo linee volute da John Elkann?

“Nel tourbillon di nomine fatte, colpisce la nomina di John Elkann alla presidenza della Ferrari. Sembra un messaggio alla royal family: sono io che comando. Forse c’erano al proposito delle promesse fatte ad Andrea Agnelli, specialmente nel periodo in cui se la passava male, e per dargli una mano avevano pensato di mandarlo a presiedere la Ferrari.

Colui che è stato nominato amministratore delegato, Louis Camilleri, per altro era il numero uno della Philip Morris, e Andrea Agnelli ha lavorato per parecchi anni in quella azienda. Dunque se dovevi prendere qualcuno da lì potevi prendere uno della tua famiglia. Invece no.

Anche se a mio avviso si può vedere addirittura una colpa di Vettel. Nel senso che la decisione di Jacky di insediarsi al comando del Cavallino rampante in qualità di presidente sembra essere stata presa quando Vettel era in testa alla classifica di F1, quindi si delineavano prospettive di vittoria nel campionato. Quale occasione migliore per essere artefice della conquista di quel prestigioso trofeo? Invece il giorno dopo il pilota va a schiantarsi e la Rossa ritorna al secondo posto. Tutti sappiamo quanta visibilità diano le vittorie sportive. Forse per questo John Elkan è intervenuto anche sulla campagna acquisti della Juve, sottolineando con le agenzie, che era stato lui a dare il disco verde all’acquisto di questo e quell’altro calciatore, come se da un punto di vista delle notizie finanziarie, della Magnetti Marelli o della Hyundai, tutti aspettassero invece cosa avrebbe detto Marchionne”

Nella corsa alla sua successione, Marchionne, secondo Moncalvo, puntava su Alfredo Altavilla.

Ritenuto un vero e proprio braccio destro di Marchionne stesso. Altavilla avrebbe anche rinunciato a diverse poltrone per attendere che i tempi fossero maturi per rimpiazzare Marchionne. Non è un caso che appena 48 ore dopo la nomina di Manley, Altavilla ha presentato le dimissioni dal suo ruolo di numero uno dell’area EMEA per FCA. 

Poteva essere Altavilla il designato successore di Marchionne?

“Marchionne puntava su di lui, ed evidentemente glielo aveva detto. Altavilla aveva per ciò rinunciato ad altre opportunità, per esempio era circolato il suo nome come possibile A.D. di Rai. Ma nessuno poteva immaginare questo epilogo della vicenda umana di Marchionne.

Altavilla pensava con buona probabilità che i patti sarebbero stati mantenuti, invece gli hanno evidentemente girato  la schiena. In primo luogo perché è italiano, essendo chiaro che si sta puntando a dare a FCA un aspetto internazionale. Infatti non hanno scelto neppure un manager italiano. Fanno certe cose  a Torino, comportandosi come se la società fosse italiana, ma non è vero.

I Cda dovrebbero farli in Olanda o a Londra. Dov’è la sede sociale? Si pensi che la prima società ad essere trasferita ad Amsterdam fu la CNH. La legge olandese consentiva, a chi deteneva il pacchetto di maggioranza più consistente, di avere una sorta di premio che assicurava la maggioranza assoluta. Il governo e il parlamento italiano allora intervennero subito, e nel giro di 10 giorni cambiarono le norme introducendo lo stesso meccanismo in Italia.

Volevano impedire che la Fiat andasse in Olanda, ma la Fiat se ne andò comunque”.

Per Marchionne l’occupazione non è mai stata una priorità

Nel descrivere le linee guida dell’attività di Marchionne, Moncalvo ha chiarito un aspetto centrale dei 14 anni di attività del manager che, ancora oggi, si riflettono su FCA. Secondo Moncalvo “Marchionne nel corso di questi 14 anni ha fatto 11 piani industriali. Se li si va a vedere però sono piani disattesi, non guardavano al prodotto, all’innovazione, ai modelli delle vetture, ma a mosse finanziarie per giungere a dei profitti.

Marchionne, in definitiva, non badava molto a problemi come l’occupazione. Anzi attuava un sistema tremendo dal punto di vista delle conseguenze sociali. Vale a dire non licenziava – cosa complessa anche per le problematiche sindacali –  ma smetteva di dare lavoro a chi già era impegnato o lavorava in Fiat. Alla fine era l’Inps a intervenire con la Cig. Se io sposto le produzioni in Jugoslavia, Polonia, Francia, Messico, Brasile o Detroit smetto di far produrre gli operai italiani e chiudo stabilimenti come Pomigliano d’Arco, Termoli o Melfi. E non solo”

La delocalizzazione al di fuori dell’Italia (in Polonia con la 500 e la Ypsilon, in Serbia con la 500L ad esempio), necessaria per rendere sostenibili determinati investimenti per FCA, ha avuto conseguenze negative notevoli sugli stabilimenti del nostro Paese e sui lavoratori.

A farne le spese di determinate scelte è stato soprattutto l’indotto. Come sottolineato da Moncalvo “anni fa per avere incentivi dallo Stato o dalle banche la Fiat faceva notare che attorno alle sue attività ce n’erano tante altre  per produrre i tubi di scappamento, le rifiniture e così via. Se non ci aiutate, diceva, andiamo in crisi e con noi quelle centinaia di piccole aziende con 50 o 100 dipendenti.

A un certo punto però quei lavoratori non sono andati in cassa integrazione: sono stati licenziati.

Se apri uno stabilimento che fa la 500 all’estero, l’indotto non si trasferisce da Pinerolo a Belgrado: chiude. Non va in Messico o vicino a Detroit o a Rio: abbassa le saracinesche. Ci sono migliaia e migliaia di lavoratori delle piccole aziende che, nel quasi silenzio assoluto, hanno subito questa sorte. Una economia è stata devastata, specialmente in Piemonte e in certe zone del Sud. Marchionne non si è curato molto di questo, né della Confindustria. Ha anche usato Renzi come un tram, in cui è salito senza pagare la corsa poi è sceso.

Renzi a Detroit gli ha detto (c’è un filmato su Youtube): Dottor Marchionne lei è un esempio per gli industriali italiani. Un giorno a Reggio Emilia però un signore, durante una conferenza, si è alzato e ha detto: ‘Io sono un piccolo industriale della zona, qualche anno fa sono finito sui giornali e mi hanno dato del poco di buono perché, lo ammetto, nel primo giorno di ferie ho chiuso la mia piccola fabbrica e ne ho approfittato per trasportare un camioncino di macchinari in Romania e delocalizzare. E’ passato un operaio, ha visto ed è venuto fuori il putiferio. Vorrei però sapere perché io sarei un poco di buono, un lestofante, per aver trasferito un camioncino di macchinari, anche un po’ vecchi e arrugginiti, in Romania, mentre il dottor Marchionne che ha trasferito tutto all’estero invece viene definito dal presidente del Consiglio un esempio per gli industriali italiani. Chi mi dà una risposta?’” 

Sergio Marchionne e Renzi Fca Segreti
Sergio Marchionne e Matteo Renzi

Continua Moncalvo: “Il problema è che Marchionne è un uomo che vale milioni di dollari e fa guadagnare milioni di dollari agli azionisti e ai soci. E’ un uomo che il suo dovere l’ha fatto. E’ stato messo lì per fare certe operazioni e le ha fatte.

E’ molto strano per altro che tutti quelli che stavano attorno a un uomo d’oro così, dalle segretarie ai collaboratori e alle scorte, non abbiano mai segnalato che stava male. Lascia per altro sorpresi  la lettera di Franzo Grande Stevens pubblicata dal Corriere. Ci si riferisce ad un uomo ancora vivo eppure il legale di Gianni Agnelli dice in chiusura: ‘Alla società, ad Elkann, che è esponente e leader della proprietà, la mia commossa partecipazione. Marchionne ha lasciato una società che ha raggiunto l’incredibile risultato dell’azzeramento del debito e l’avvio di una vita di successi.

Mi auguro che sulla strada che egli ha tracciato, sul suo esempio, la Fca prosegua con gli stessi risultati. Soltanto così il grande dolore di tutti noi potrà alleviarsi’. Ma è giusto fare già certe affermazioni? Tra l’altro non si cita nemmeno la famiglia dell’ex Ceo”

Sul suo canale YouTube, Gigi Moncalvo racconta, con diversi video d’approfondimento della serie “Agnelli Segreti”, la storia del gruppo Fiat e della famiglia Agnelli a partire da quanto accaduto poco prima della morte di Gianni Agnelli, avvenuta il 24 gennaio 2003. Ecco il video della prima puntata: 

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