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Le 3 Ferrari Testa Rossa e Testarossa: miti universali

Ci sono delle Ferrari che fanno vibrare l’apparato emotivo più di altre. Eccone alcune.

Ferrari 250 Testa Rossa

Ferrari Testa Rossa o Testarossa. Unito o dissociato, è il nome di un mito. Quella coniugazione verbale è magia allo stato puro ed indentifica alcune delle auto più celebri e carismatiche del “cavallino rampante”. Il riferimento è al colore dei coperchi delle punterie, che ha caratterizzato questi modelli.

Le più anziane del gruppo (quelle con le parole separate l’una dall’altra) sono state delle fantastiche auto da gara. In particolare la 250, che ha vinto tutto quello che si poteva vincere, vestendo i suoi successi con il solenne splendore di un abito da antologia, specie nella configurazione iniziale. Anche le 500 TR e TRC seppero tenere alta la bandiera della casa di Maranello.

La Testarossa moderna (il cui nome è unito) non ha disputato invece alcuna gara, ma si è fissata ugualmente nell’immaginario collettivo con la forza travolgente del suo look. Scopriamo insieme le tre sorelle, in un viaggio nel segno delle emozioni, fatto di immagini e di parole.

Ferrari Testarossa

Questa vettura è l’ultima discendente della serie, ma la trattiamo per prima, perché più vicina ai nostri tempi. Qui il nome è unito, a differenza che sulle antesignane, dove era composto da due unità lessicali. Lo spirito resta quello nobile delle progenitrici, anche in assenza di una carriera agonistica. Per imporre il suo carisma la Ferrari Testarossa dell’era moderna fa appello alla forza espressiva di un design unico, figlio della matita di Pininfarina.

Il carrozziere piemontese ha interpretato il tema stilistico con sublime grazia, conferendo al modello una personalità dirompente. Si starebbe giorni interi ad ammirare il look di questa creatura, che interpreta in chiave futuristica il tema della granturismo classica. Lo specchio di coda e il 3/4 posteriore restano un riferimento di insuperata bellezza. Roba da togliere il fiato. Anche il profilo laterale è al top. Il frontale potrebbe sembrare sottotono rispetto all’esuberante personalità di tutto il resto, ma l’effetto è stato volutamente cercato.

Qui prevale l’eleganza, che prepara con una muscolarità misurata all’esuberanza di tutto il resto. Un modo per abituare gli occhi al suo sviluppo grafico, senza perdere subito la connessione col mondo “ordinario”…anche se di ordinario sulla Ferrari Testarossa c’è davvero poco, anzi nulla. Pure l’abitacolo, nella semplicità della sua trama dialettica, consegna l’impressione di trovarsi a bordo di un’astronave, per il particolare effetto bolla.

Un propulsore esaltante

Impossibile non invaghirsi di questa opera d’arte del “cavallino rampante”. Basterebbe il fascino travolgente della carrozzeria a spingere a mille le pulsazioni cardiache, ma poi ci si mette anche il motore a fare la sua parte, rafforzando l’effetto. Stiamo parlando di un 12 cilindri da 5.0 litri di cilindrata, con angolo di 180 gradi fra le bancate. Questo cuore, sonoro come piaceva ad Herbert von Karajan, è una vera delizia per i sensi.

I suoi 390 cavalli si consegnano con straordinario vigore all’apparato emotivo, incidendo felici stimoli nell’apparato sensoriale. Anche se i numeri prestazionali oggi non fanno più impressione, nel 1984, quando la Ferrari Testarossa giunse in società, erano un punto di riferimento nella sua categoria. Su tutti la velocità massima, superiore ai 290 km/h.

A dispetto del look da supercar da pista, questa creatura di Maranello ha più l’indole di una granturismo e regala viaggia confortevoli ad andatura molto spedita. In pista i suoi freni perdono presto efficacia ed anche l’handling sconta la tara di un peso non certo contenuto. Le scariche di adrenalina che regala la Testarossa sono da antologia ed ogni viaggio con lei, anche ad andatura bassa, ripaga della spesa e di altri sacrifici che si è costretti a fare per avere una compagna d’avventura così bella ed avvenente.

Ferrari 250 Testa Rossa

Questa è una delle “rosse” più leggendarie di tutti i tempi. Non esiste appassionato che non la conosca o che non la ami. Con lei si entra nel cuore della leggenda. La Ferrari 250 Testa Rossa del 1957 è un’auto affascinante e di straordinaria efficacia in corsa. Il suo palmares sta a dimostrarlo. Nacque per aderire alle nuove disposizioni della Commissione Sportiva Internazionale, che impose ai prototipi un tetto di cilindrata pari a 3 litri. Il codice numerico presente nella sigla indica la cubatura unitaria.

Destinata alle corse, la TR fa della funzionalità il suo mantra. Nonostante ciò, riesce ad essere straordinariamente bella. Con lei il successo nei più prestigiosi concorsi d’eleganza del pianeta diventa assolutamente possibile. Il merito della sua grazia stilistica va all’estro creativo e alla manualità di Sergio Scaglietti, che ha saputo vestire in modo mirabile il telaio in traliccio di tubi di acciaio.

La versione più affascinante della serie è la sua. Stiamo parlando di quella con le feritoie per i freni a tamburo in bella evidenza. La 250 Testa Rossa è un’auto da gara che ha regalato molte soddisfazioni alla Ferrari. Il modello ha portato ben 3 mondiali marche alla casa di Maranello, nel 1958, 1960 e 1961, anno in cui si chiuse il ciclo produttivo del modello. Un ruolino di marcia impressionante, che ha consegnato il modello alla leggenda.

Energia di alta gamma

La forza dinamica di questa scultura del “cavallino rampante” giunge da un motore V12 da 2953 centimetri cubi di cilindrata. Un cuore prezioso, alimentato da 6 carburatori Weber, che sviluppa una potenza massima di 300 cavalli. La sua energia si esprime con un timbro di voce esaltante. Il peso si mantiene sotto la soglia degli 800 chilogrammi, contribuendo in modo importante allo straordinario tenore delle performance.

La Ferrari 250 Testa Rossa è un’auto al vertice anche sul piano dinamico e dell’affidabilità. Il suo esordio avvenne alla 1000 km di Buenos Aires, nel mese di gennaio del 1958. Fu subito vittoria, con Hill e Collins sul gradino più alto del podio. Alle loro spalle Von Trips, Gendebien e Musso, su una vettura gemella. Un segno del destino. La “barchetta” di Maranello mise a segno un successo dopo l’altro, guadagnando il titolo con una gara d’anticipo.

Nel 1959 la carrozzeria, plasmata da Fantuzzi, fu trattata da Pininfarina, che la rese più efficace sul piano aerodinamico. Questo, però, compromise la personalità stilistica della prima versione. Per una serie di circostanze sfavorevoli, l’auto non si impose a fine stagione, pur raccogliendo risultati di un certo spessore durante il campionato. Si rifece nel 1960, con la nuova Ferrari 250 TRI, e l’anno dopo, con la successiva Tipo 61, dove l’aerodinamica impose la sua legge, parcheggiando in soffitta le ragioni stilistiche, gradevoli figlie naturali della prima interpretazione del modello.

Ferrari 500 TR e TRC

La Ferrari 500 TR è una sport di grande purezza dialettica, che coinvolge emotivamente, per il fascino dei suoi lineamenti essenziali e senza fronzoli. Il suo debutto in società avvenne nel 1956. Con lei giunse il nome Testa Rossa, scelto per evidenziare le importanti modifiche eseguite sul motore a 4 cilindri, da 2.0 litri, della 500 Mondial, di cui il modello prese il posto.

I tecnici di Maranello vollero mettere in risalto, anche visivamente, le trasformazioni apportate al cuore. Ecco perché dipinsero in tinta scarlatta i coperchi delle punterie. Ne derivò, in modo naturale, la sigla Testa Rossa. Questa vettura era chiamata a scrivere un nuovo capitolo della lotta con Maserati, che fosse possibilmente vincente per la casa di Maranello.

Siamo in un periodo romantico dell’automobilismo da corsa, dove la sfida fra le case emiliane è molto sentita. Enzo Ferrari voleva che il suo marchio si imponesse. Per questo chiamò a raccolta i suoi e diede incarico a Vittorio Jano di aggiornare in modo radicale la Mondial, per dar vita a un nuovo modello, dalle caratteristiche vincenti. La qualità del progetto fu premiata dai risultati in gara, dove la 500 TR venne affidata a vari team privati. Le 500 TR, insieme alla 750 Monza, 850 Monza e 290 MM, consentirono al Drake di mettere a segno il terzo titolo consecutivo.

Nella sua categoria la Testa Rossa divenne presto il punto di riferimento. L’esordio in gara della Ferrari 500 TR avvenne in modo vittorioso, nella categoria 2 litri, al Gran Premio del Senegal. Al volante, un certo Jacques Swaters, pilota e importatore del marchio in Belgio. Quel successo fu il primo di una lunga scia di risultati luminosi. Addirittura questa “rossa”, al Gran Premio Supercortemaggiore di Monza del 1956, guadagnò il successo assoluto, con Peter Collins e Mike Hawthorn.

Il giusto dosaggio

Come dicevamo, la spinta faceva capo a un motore a 4 cilindri in linea, da 2 litri di cilindrata, che metteva sul piatto 180 cavalli di potenza massima, a 7400 giri al minuto, su un peso di soli 680 chilogrammi a vuoto. L’alimentazione era affidata a 2 carburatori doppio corpo della Weber. La piccola “rossa”, in linea con la tradizione, aveva un telaio in traliccio di tubi d’acciaio di diverso spessore, che dava ospitalità alla leggera e filante carrozzeria in alluminio. Il cambio era disposto anteriormente in blocco col motore.

Con l’arrivo della 500 TRC, che ne rappresentava lo step evolutivo, la Testa Rossa non ricevette modifiche al motore, rimasto sostanzialmente immutato, ma il passo venne allungato di 10 centimetri. Questo garantiva una maggiore stabilità in curva, specie nella percorrenza di quelle a più ampio raggio. Le altre modifiche eseguite sul telaio permisero una disposizione più razionale degli organi meccanici, a partire da una collocazione più bassa del motore, con effetti benefici sul baricentro e sull’agilità del modello.

Anche l’estetica ne trasse giovamento, diventando ancora più filante e pungente. Come abbiamo riferito in un’altra circostanza, la lettera finale aggiunta alla sigla illustrava l’adesione all’allegato C del Codice Sportivo Internazionale, che impose le modifiche. Anche la Ferrari 500 TRC si dimostrò vincente in gara.

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