In un mondo che ha scommesso tutto sulla transizione energetica e sulle auto elettriche, la Cina si ritrova, con un sorriso sottile, a tenere in mano le chiavi di accensione. La ragione è semplice e si chiama terre rare, una serie di 17 elementi essenziali per la produzione dei magneti permanenti che fanno girare i motori elettrici, e su cui Pechino esercita un controllo quasi monopolistico.
L’Occidente si è svegliato da un sogno di mobilità sostenibile ritrovandosi di fronte a una realtà amara. La Cina, infatti, detiene circa il 70% della produzione globale di queste materie prime strategiche e un impressionante 90% della raffinazione di terre rare. Ciò significa che, senza la benevolenza di Pechino, le nostre gigafactory e le nostre linee di produzione di auto elettriche rischiano di trasformarsi in esempi di archeologia industriale.

Il clima di tensione è aumentato dopo che, a fronte delle minacce di dazi (soprattutto da parte degli Stati Uniti e dell’Europa), la Cina ha iniziato a flettere i muscoli. Non si tratta più solo di una stretta all’export generale: la Repubblica Popolare ha introdotto e inasprito le licenze di esportazione per sette elementi di terre rare cruciali e, soprattutto, per i magneti permanenti finiti. La Cina vuole così punire gli avversari commerciali e, soprattutto, blindare le proprie tecnologie avanzate in patria, a tutto vantaggio dei produttori nazionali di elettriche che stanno inondando il mercato globale.
Il colpo più recente è l’imposizione di un’autorizzazione governativa per l’esportazione di qualsiasi prodotto che contenga una percentuale di questi metalli strategici superiore allo 0,1% del valore totale della merce. Questo cavillo burocratico equivale a mettere un bavaglio alla catena di approvvigionamento globale, minacciando di paralizzare non solo l’industria automobilistica, ma anche i settori dei semiconduttori e delle batterie.

L’industria automotive europea assiste a una crescente domanda di elettriche (almeno per quanto prevedono le grandi case europee) e, allo stesso tempo, con la spada di Damocle della dipendenza cinese. Le scorte di terre rare sono stimate in poche settimane, e gli esperti prevedono aumenti dei prezzi anche del 50%. La Cina, intanto, non ha paura di una guerra commerciale, perché sa benissimo che le nostre ambizioni green sono letteralmente costruite sulle loro risorse.