La Mercedes Classe G “Moncler by NIGO” non è semplicemente un SUV, ma una dichiarazione sfrontata e sfacciata di lusso nel mondo della moda automobilistica. Qui, però, in modo sottile, si vuole dimostrare che la vera esclusività non ha bisogno di urlare. E neanche di vestire rosa pastello.
Recentemente avvistata per le strade di Tokyo, questa Classe G ha attirato l’attenzione proprio per il suo aspetto decisamente sobrio, un paradosso se si considera che è uno dei soli 20 esemplari mai realizzati, basati sui modelli G 450 d e G 500.

Il design bicolore, una rielaborazione pulita che combina il verde e il grigio, contrasta nettamente con i veicoli vistosi che dominano la capitale giapponese, inclusa la sfilata infinita di SUV di lusso. L’estetica è ispirata direttamente all’opera d’arte unica di NIGO e riflette un vintage americano, completato da rivestimenti a scacchi interni che richiamano la collezione di abbigliamento lanciata in collaborazione con Mercedes a New York.

L’avvistamento ha scatenato il dibattito online. Molti sostengono, con una punta di umorismo, che il design sia troppo semplice per un’auto così rara e costosa. Un utente di Reddit ha persino affermato che la Classe G standard avrebbe un aspetto migliore in qualunque altra finitura estetica. Naturalmente, i difensori del design hanno elogiato l’esecuzione raffinata: se si desidera un’esclusività più “visibile”, dopotutto, Brabus e Mansory sono sempre delle opzioni.

Il lusso della Mercedes Classe G x Moncler è discreto ma ricco di dettagli, dagli accenti esterni neri sui paraurti e sui cerchi, al logo della collaborazione elegantemente impresso sul copriruota di scorta.
La verità è che l’avvistamento a Tokyo sottolinea involontariamente un altro punto su cui forse non si riflette abbastanza. La Classe G è diventata così comune nella metropoli nipponica da rendere necessaria un’edizione limitata da collezione per distinguersi davvero. D’altronde, questo è il lusso che non deve gridare, dove anche l’ordinario può essere autenticamente eccezionale.
