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Dino 246 GT premiata a Pebble Beach va ora all’asta

Per un’auto del genere l’interesse all’acquisto sarà certamente alto.

Dino 246 GT
Foto da profilo Facebook Gooding & Company

Una rara Dino 246 GT (serie L) del 1970, di colore grigio e con interni neri, viene messa in vendita dal suo unico proprietario, tale Brian Pollock. Il canale scelto per alienare il veicolo è quello di Gooding & Company, che gestirà l’asta, dall’alto dell’esperienza maturata sul campo.

Non è facile trovare un altro esemplare della specie con un solo owner nell’arco della sua esistenza. Questo potrebbe incidere sulle quotazioni, spingendole verso l’alto. A favore dei rilanci potrebbe concorrere anche il primo posto di classe, fra le auto conservate del dopoguerra, ottenuto al Pebble Beach Concours d’Elegance.

Da quanto si legge nella scarna scheda di vendita, questa è una delle migliori Dino 246 GT non restaurate oggi esistenti. L’auto è accompagnata dai suoi accessori originali e da documenti e fotografie d’epoca. Ora si prepara a passare di mano. L’appuntamento col martello del banditore è fissato per metà agosto, quando l’asta andrà in scena a Pebble Beach, in California.

Vista la relativamente grande distanza temporale che ci separa dall’evento, ancora non si hanno informazioni aggiuntive sull’esemplare, oltre a quelle prima esposte. Possiamo soltanto fornire il numero di telaio, per eventuali ricerche storiche: 00870. In attesa di completare il quadro, con i tasselli mancanti, ci concediamo un breve ripasso delle caratteristiche della Dino 246 GT.

Questa meravigliosa sportiva a motore centrale-posteriore non si fregia del “cavallino rampante”, ma tutti sanno la sua provenienza. Fu Ferrari a costruirla, dal 1969 al 1973. La scelta del nome servì ad onorare la memoria del figlio di Enzo Ferrari, prematuramente scomparso, e a scongiurare i rischi connessi all’adozione dei “buoi dietro il carro”, di un frazionamento più basso e di un posizionamento di mercato inferiore rispetto alle altre “rosse” del tempo. In realtà, questo era già successo con la 206, di cui la Dino 246 GT era l’evoluzione muscolare.

Sotto il cofano posteriore del modello trovava accoglienza un motore V6 aspirato da 2.4 litri di cilindrata, in grado di sviluppare una potenza massima di 195 cavalli a 7.600 giri al minuto, con un picco di coppia di 24.1 kgm a 5.500 giri al minuto. Il quadro prestazionale era all’altezza, con un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 7.2 secondi e una velocità massima di 235 km/h.

Dino 246 GT
Foto da profilo Facebook Gooding & Company

Incredibile lo splendore dei tratti, nati dall’estro creativo di Aldo Brovarone per Pininfarina. Le linee sinuose e perfettamente bilanciate della carrozzeria, tradotte in materia da Scaglietti a Modena, incantano sin dal primo sguardo. Impossibile non innamorarsene. Nella versione “targa”, ossia GTS, lo splendore tocca il suo diapason, facendone una delle auto più belle di tutti i tempi. Anche la coupé si pone al top, pur se un filino meno della sorella.

L’appeal estetico, insieme alle doti dinamiche vocate all’eccellenza, la fecero entrare subito nel cuore della gente. Il successo di mercato fu clamoroso. Un sentore si era avuto già in occasione del debutto al Salone dell’Auto di Torino del 1969, dove la vettura ebbe una calda accoglienza da parte del pubblico.

La Dino 246 GT messa all’asta da Gooding & Company a Pebble Beach appartiene alla prima delle 3 serie del modello. Si tratta di una versione “L”, che segnò il ciclo produttivo dal 1969 al 1971. In questa veste l’auto manteneva il fissaggio a “gallettone” delle ruote, come sulla 206, ma sul nuovo telaio allungato.

Con un mezzo di tale splendore si guadagna la scena ovunque. Gli ammiratori del modello non si contano, per quanto sono numerosi nel mondo. Tutti gli appassionati vorrebbero un esemplare della specie in garage, ma il privilegio, come sempre accade in questi casi, è per pochi eletti. Anche se non sono stati divulgati dati in tal senso, sotto forma di stime e/o eventuale prezzo di riserva, non ci vuole molto a capire che i rilanci si spingeranno ben oltre le capacità economiche dei comuni mortali.

Fonte | Gooding & Co.