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3 Ferrari e Dino da 2.0 litri: le piccole di Maranello

Non hanno la potenza che ci si aspetterebbe da una creatura emiliana, ma il loro comportamento stradale è al top.

Ferrari
Foto di Jiří Rotrekl da Pixabay

Ferrari è un marchio legato alle corse e alle auto ad alte prestazioni. Spesso queste sono state ottenute con motori di cubatura più corposa rispetto alla media, ma nella storia della casa emiliana non sono mancate delle vetture sportive e da gara di piccola cilindrata. Anche la prima “rossa”, la 125 S, era spinta da un V12 da 1.5 litri. Oggi abbiamo raccolto per voi 3 modelli “duemila” che hanno caratterizzato la produzione stradale degli ultimi 60 anni. Solo uno porta il “cavallino rampante” in bella vista, ma sul fatto che le altre siano Made in Maranello credo che nessuno oserà sollevare dei dubbi. Se lo gradite, seguiteci nel nostro viaggio alla loro scoperta. Due di esse sono auto meravigliose, amate in modo viscerale dagli appassionati.

Ferrari Dino 208 GT4 (1975)

Questa è una delle “rosse” più brutte o, se vogliamo, meno belle dell’era moderna. È anche una delle meno avvincenti sul piano prestazionale. La spinta giunge infatti da un motore da 2 litri con 170 cavalli all’attivo, erogati a 7700 giri al minuto. Rispetto alla cilindrata del suo motore V8 non è una cifra bassa: tutt’altro, ma da una vettura nata negli stabilimenti di Maranello ci si aspetterebbe di più. Purtroppo la scelta di un motore di piccola cilindrata fu imposta dal regime fiscale italiano, penalizzante come IVA sul prezzo di acquisto delle auto di cubatura più alta. Così emerse la necessità di fornire alla clientela un’alternativa meno gravosa rispetto alla 308 GT4 da 3 litri. Per ottenere il risultato fu ridotto l’alesaggio.

Inevitabili dei riflessi negativi sul piano prestazionale rispetto alla sorella maggiore. Il gap era evidente anche sul fronte emotivo, per la minore intensità delle scariche di adrenalina. Per il resto non cambiava quasi nulla. La meccanica e le linee squadrate firmate da Bertone erano le stesse del modello da cui venne tirata fuori. Il peso a secco della Ferrari Dino 208 GT4 si fissava a 1150 chilogrammi, quindi su un valore abbastanza contenuto. Così il cuore faticava meno ad imprimere una certa verve dinamica al modello, dotato di telaio a traliccio in tubi di acciaio. Le cifre, comunque, restavano basse per il genere ed anche la velocità massima di 220 km/h non era adatta per il rettilineo delle Hunaudières a Le Mans. I quattro dischi avevano il compito di svolgere al meglio la missione frenante. Notevole la sicurezza attiva, grazie alle ottime doti in termini di tenuta di strada e stabilità.

Ferrari 208 GTB (1980)

Qui le forme sono meravigliose e replicano (salvo per qualche piccolo dettaglio) quelle della sublime 308 GTB, che è una delle “rosse” più belle e affascinanti di tutti i tempi. Anche in questo caso la nascita del modello fu decretata dal bisogno di evitare l’IVA al 36% prevista in Italia per le auto sopra i due litri. Coi suoi 1991 centimetri cubi pagava il 18%. Ne scaturiva un differenza sensibile sul prezzo d’acquisto, che acquisiva il suo peso specifico in quel periodo storico, segnato dai postumi della crisi petrolifera e dalla recessione finanziaria. La Ferrari 208 GTB puntava al mercato interno, facendo leva sull’appeal stilistico della sorella maggiore, firmata come lei da Pininfarina. Impossibile non farsi prendere emotivamente dal suo fascino sublime. Aggressiva e sinuosa, questa “rossa” aveva carattere e splendore da vendere. Le sue linee sono quanto di più iconico e seducente si possa desiderare.

La meccanica e il telaio erano identici a quelli della 308 GTB, ma la cilindrata calava di un terzo, con inevitabili ripercussioni sulle performance. Qui addirittura la potenza diventava ancora più bassa che sulla 208 GT4, fermandosi a quota 155 cavalli, a 6800 giri al minuto, con un picco di coppia di 170 Nm a 4200 giri al minuto. Roba da far venire la vergogna ai ferraristi, anche perché il peso a secco, di 1232 chilogrammi, non era da primato nella categoria. Così l’accelerazione lasciava a desiderare. Pure la velocità massima, ferma a 215 km/h, non appagava. Come riferito in un’altra circostanza, il telaio tubolare in acciaio era sovradimensionato rispetto alla sue performance e garantiva un elevato indice di sicurezza dinamica, ma il piacere di guida era limitato dalla bassa cavalleria. Cosa che su una “rossa” diventava ancora più grave. A Maranello presero presto le contromisure, con le successive versioni sovralimentate: la 208 GTB Turbo da 220 cavalli e poi le GTB/GTS Turbo da 254 cavalli. Queste ultime sorelle minori delle 328 GTB/GTS.

Dino 206 GT (1967)

Anche questa vettura non porta il “cavallino rampante” sul cofano, ma nessuno ha dubbi sulla sua matrice. I libri di storia della Ferrari le riservano uno spazio di grande importanza, perché è stata un’opera di notevole valore per la casa di Maranello. Sul piano dello stile, si tratta di una delle auto più belle e seducenti di sempre. La Dino 206 GT è una top model, che può vincere tranquillamente i più importanti concorsi d’eleganza del pianeta. Pininfarina ha disegnato per lei delle linee iconiche, destinate all’eternità. Le sue forme, sinuose ed incisive, guadagnano subito l’ammirazione degli occhi, che trasmettono potenti e gradevoli stimoli al cuore, dove la magia di questa creatura si incide in modo permanente, con grande intensità. Parlare di un capolavoro sembra quasi riduttivo.

Il nome rende omaggio alla memoria del figlio di Enzo Ferrari. Nel codice numerico sono evidenziati la cilindrata di 2.0 litri e il frazionamento a 6 cilindri del motore, disposto in posizione posteriore centrale. La potenza massima tocca quota 180 cavalli a 8000 giri. Quella specifica è di altissimo livello, come le sonorità meccaniche. L’energia propulsiva è chiamata a muovere un corpo vettura il cui peso a secco è di soli 900 chilogrammi. Notevoli le performance in rapporto alla cilindrata: accelerazione da 0 a 1000 metri in 27 secondi, punta velocistica di 235 km/h. Il tutto condito da un quadro dinamico votato all’eccellenza, che regala emozioni di ottimo livello al pilota e a chi, eventualmente, gli siede accanto. La carrozzeria, costruita da Scaglietti, è in alluminio. I raffinati tratti disegnati da Aldo Brovarone per Pininfarina vestono un classico telaio tubolare in acciaio, in linea col resto della produzione della casa di Maranello di quegli anni.