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Fornitori italiani per un futuro nel business auto: come cambiare

Interessante punto di vista dell’Anfia, che ha reso noto un suo documento

fornitori italiani

Fornitori italiani per un futuro nel business auto: come cambiare. Ricordate la polemica sui fornitori italiani per FCA? Si paventava, con un articolo di Automotive News poi ripreso sul web, che PSA potesse fare riferimento solo ai fornitori francesi dopo la fusione in Stellantis. Solo ipotesi, nulla più. Adesso, ecco un documento interessante dell’Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica). Fra l’altro, parla anche dei fornitori italiani del comparto automotive, analizzando la situazione attuale e le prospettive per il mondo auto.

Fornitori italiani per un futuro nel business auto: eccellenza mondiale

I fornitori italiani devono puntare al cambiamento anche radicale: così s’intitola un capitolo del documento. La premessa è che il panorama competitivo italiano risulta molto frammentato. Con numerosi fornitori di dimensioni medie e piccole. E generalmente specializzati su singoli verticali, in primis la produzione di componenti meccanici. Sono inoltre concentrati in determinate aree del Paese: l’area intorno a Torino, l’Emilia-Romagna, la Lombardia e la Campania rappresentano distretti automotive, con centri di eccellenza a livello globale in ambito motoristico e componentistica meccanica.

Enormi i numeri: il settore italiano della componentistica automotive impiega 150.000 lavoratori, con la maggior parte della forza lavoro, 100.000 lavoratori, concentrata nei domini powertrain e chassis.

Ma ecco il punto. In Italia, solo il 12% della forza lavoro è dedicata ad attività di ricerca e sviluppo, rispetto al 17% in Germania. Risulta una ridotta rilevanza dello sviluppo software (38% in Italia vs 51% in Germania) e di quelle attività legate alla guida autonoma (rispettivamente 9% vs 38%), mentre la focalizzazione su elettrificazione risulta abbastanza allineata tra i due Paesi (49% vs 43%).

I punti caldi per i fornitori automotive

L’Anfia mette in evidenza i punti chiave per i fornitori automotive. Ne analizziamo solo alcuni.

  • Powertrain. L’Italia ha una riconosciuta esperienza in alcune applicazioni di rilievo quali sistemi di raffreddamento e componentistica per i motori a combustione. Al contrario, il Paese al momento ha un gap rispetto a produzione e assemblaggio del sistema batteria. Nell’ambito dei motori elettrici e dell’elettronica di potenza, il posizionamento dell’Italia è ancora marginale.
  • Chassis. A eccezione dei sistemi frenanti su cui l’Italia gioca un ruolo rilevante in termini di quota di mercato globale, esistono alcune eccellenze tecnologiche riconosciute che coprono applicazioni limitate a nicchie di mercato quali auto sportive e di lusso. Ma il Paese ha una posizione marginale sui segmenti a elevato volume.
  • Interiors. L’’Italia esprime riconosciute competenze in prodotti e tecnologie di processo, con alte valenze estetiche e funzionali. Esempi virtuosi sono i componenti per insonorizzazione e finitura e le strutture dei sedili con la presenza di realtà industriali di peso.
  • Exteriors. L’Italia vanta una forte tradizione e presenza nella lavorazione dei metalli: lamiere e sistemi di fissaggio. Expertise rilevante anche nel modulo illuminazione.
  • Electronics. Si registra un buon posizionamento per quanto riguarda le centraline ECU, con alcuni esempi virtuosi in ambito componenti e processori. Al contrario, su sensoristica e software al momento la copertura da parte dell’industria italiana è estremamente limitata.

Il futuro dei fornitori: cosa fare

Cosa dovrebbero dunque fare i fornitori italiani nel settore automotive per navigare con successo il prossimo decennio e oltre? Per il gruppo dei moduli legacy, le aziende piccole dovrebbero puntare ad un arricchimento lato produttivo aumentando le dimensioni e valorizzando l’orientamento al problem-solving. Le aziende già consolidate dovrebbero focalizzarsi sulla trasformazione del proprio business model rispetto ai nuovi requisiti di mobilità. Realizzabile anche attraverso crescita per linee esterne e lo sviluppo di nuove competenze tecnologiche e manageriali.

Per quanto riguarda i moduli non presidiati, invece, l’unione tra utomotive tradizionale e start-up innovative può essere il preludio ideale per affrontare progetti di innovazione radicale. Fondamentale che l’ecosistema del venture capital sia rafforzato. Favorendo il corporate venture capital, oltre a progetti di open innovation. Questo consentirebbe di prendere parte a progetti su scala europea in ambiti tecnologici ancora in fase di definizione,: celle a combustibile e ADAS, gestione dei dati e relativi servizi.

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