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Alfa Romeo 75, l’ultima Highlander

L’Alfa Romeo 75 è rimasta per molto tempo l’ultima delle Alfa con caratteristiche tali da giustificare l’appartenenza al marchio, a cominciare dalla trazione posteriore

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Quella dell’Alfa Romeo 75 è una storia fortemente romantica: la berlina del Biscione veniva infatti considerata come il punto finale della produzione Alfa con trazione posteriore, fino all’avvento della nuova Giulia. Infatti oggi si può parlare della 75 con un po’ meno timore riverenziale visto che comunque la trazione posteriore è tornata su di un’Alfa Romeo costruita per il grande pubblico e in grande serie. L’Alfa Romeo 75 è la degna erede della Giulietta, della quale conserva comunque la bella immagine di berlina votata alla sportività. Il suo lancio del 1985 coincide con i 75 anni del marchio, retaggio che si porta nel nome.

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Come è giusto che sia per un’Alfa Romeo, la campagna pubblicitaria che accompagna l’approdo sul mercato della 75 mette bene in chiaro le capacità che la berlina è in grado di offrire in termini di piacere di guida. Ma al di là degli slogan trionfalistici, l’Alfa Romeo 75 aprirà la strada della crisi aziendale che porterà, un anno dopo, all’arrivo del Gruppo Fiat a raccogliere le redini del marchio. Oggi la 75 è forse una delle più apprezzate youngtimers ed è come se stesse vivendo una seconda giovinezza. In casa Alfa Romeo c’è persino la volontà di ragionare sull’approdo in America proprio sfruttando la nuova 75.

Conviene adattarsi

Quando l’Alfa Romeo 75 viene presentata alla stampa internazionale l’Alfa Romeo dell’IRI non naviga in buone acque. Si comprende che con quelle poche risorse a disposizione conviene adattarsi, come al solito, senza pensare che si possa progettare una vettura nuova partendo da zero. Meglio utilizzare una meccanica collaudata come quella della precedente Giulietta, che a sua volta derivava dall’Alfetta del 1972. Conveniva pensare perlomeno ai lamierati per fornire almeno un’impostazione differente. L’Alfa Romeo 75 non porta quindi in dote niente di nuovo, ma ha successo.

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Ma la crisi non era solo dell’Alfa Romeo. In quel periodo il settore dell’automobile sta subendo una crisi diffusa a livello mondiale, tanto che Corrado Innocenti (vicepresidente e amministratore delegato del marchio all’epoca) ammette che si tratta della “più grande crisi che il settore abbia mai sperimentato dagli inizi del secolo”. Sul groppone di Alfa Romeo pesava anche il grosso investimento condotto per la messa in opera della nuova 33. Ma comincia a svilupparsi comunque una nuova logica imprenditoriale, figlia del contenimento dei costi: l’Alfa Romeo 75 ne è forse l’esempio più eclatante, assieme alla 33. Pur con costi contenuti bisogna rinnovare la tradizione aperta dall’Alfetta nel ’72 e andata avanti con la Giulietta del ’77.

Estetica dell’adattamento

Il problema del contenimento dei costi e del necessario adattamento fanno di necessità virtù nel processo creativo dell’Alfa Romeo 75. Con la meccanica ereditata non si poteva nemmeno intervenire su molte parti della scocca che diventavano onerose da progettare e da definire in catena di montaggio. Si potevano però utilizzare lamierati rinnovati per la definizione dell’aspetto esterno, sotto questo punto di vista una mano ingegnosa venne fornita dal Centro Stile Alfa Romeo guidato da Ermanno Cressoni. I lamierati, di derivazione Giulietta, dovevano adattarsi al telaio delle portiere ereditato proprio dalla vettura che aveva preceduto la 75. Ma si può mascherare, come? Utilizzando un profilo diviso in tre parti dove ad unire il tutto ci pensa quella sottile fascia realizzata in plastica nera. L’elemento unisce la base delle finestrature con il muso, spiovente e diretto verso il suolo, e con la coda alta e tronca. Un modo ingegnoso per rinfrescare la linea contenendo al minimo i costi.

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In qualche modo l’Alfa Romeo 75 riesce ad essere muscolosa e imponente, non particolarmente bella ma nemmeno brutta sia chiaro. Appare molto piacevole l’impostazione laterale a cuneo, che caratterizza comunque moltissime Alfa Romeo del tempo. In ogni caso la 75 appare molto più moderna rispetto al modello precedente con quel frontale basso che rappresenta un tratto praticamente inconfondibile. C’è molta personalità anche nei particolari, a cominciare dai fanali che ben presto lasciano posto alla soluzione dotata di forme trapezoidali, soluzione geometrica ripresa anche per i gruppi ottici posteriori uniti da un listello catarifrangente arancione. In definitiva le forme appaiono ben riuscite. La mascherina a linee orizzontali sostiene lo scudetto Alfa vuoto. Il profilo in plastica che attraversa le fiancate si conclude con uno spoiler in coda, rivolto verso l’alto.

Simile alla Giulietta, ma ben studiata

La strategia del riutilizzo, anche dal punto di vista dello stile, costringeva alla conservazione di diversi gruppi e sottogruppi che costituivano l’intera carrozzeria. La 75 risultava quindi un’evoluzione ben studiata della precedente Giulietta che era stata presentata otto anni prima. Se si mettono a confronto le viste laterali dell’Alfa Romeo Giulietta e della 75 si noteranno particolari praticamente identici. Il giroporta rimane il medesimo, i lamierati delle portiere pure e anche il profilo a cuneo caratterizzante. Ma la revisione stilistica applicata alla 75 era comunque ben studiata.

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Il bozzetto che mostra la genesi della fanaleria posteriore

Il merito fu indubbiamente di Ermanno Cressoni. Le proporzioni potevano subire infatti corrette variazioni, senza andare ad intaccare l’intoccabile cellula di base. L’Alfa Romeo 75 riusciva ad apparire molto moderna, sebbene la base fosse vecchiotta. Un particolare che la dice lunga sullo studio condotto è quello legato all’impostazione dei fanali posteriori. Nei bozzetti di Cressoni si evince infatti un punto focale alto che conduce i lati obliqui dei fanali su di esso, formando un perfetto triangolo isoscele; scendendo lungo la retta perpendicolare che incontra il vertice si incontra proprio il logo del Biscione al centro del cofano. La personalità nel complesso quindi non manca. Sebbene l’Alfa Romeo 75 fosse derivata dal modello precedente appariva molto bene elaborata, con una linea semplice e privata di inutili orpelli a cominciare dalla mancanza di elementi cromati.

Meccanica collaudata

C’erano delle soluzioni raffinate sull’Alfa Romeo 75. Sebbene sfruttasse una meccanica di concezione precedente, rimane comunque al top sotto diversi aspetti. Davanti troviamo infatti quadrilateri con ammortizzatori corti e barre di torsione. Al posteriore trova posto invece il ponte semirigido De Dion. Al centro di questo viene installato il blocco che comprende, cambio differenziale e frizione secondo quell’iconico schema Transaxle il quale permetteva anche l’alloggiamento dell’impianto frenate entrobordo in modo da diminuire l’incidenza delle masse sospese. Il motore è chiaramente posizionato davanti con disposizione longitudinale.

Il ponte De Dion, che aveva debuttato con l’Alfetta (vent’anni prima!) permetteva un equilibrio dinamico sopraffino e un piacere di guida eccezionale. La distribuzione dei pesi, grazie agli accorgimenti citati, è pressoché perfetta. In ogni caso in Alfa Romeo volevano non ripetere alcuni errori commessi in passato, ad esempio su Alfasud o Alfa 90, puntando maggiormente su aspetti legati alla progettazione e alla produzione della vettura. si intensificano i controlli sulle materie prime, migliorano i metodi di fabbricazione e anche i cicli di collaudo. Proprio quest’ultimo aspetto risultava spesso molto lungo e scrupoloso. I primi prototipi venivano già testati a metà 1984 sfruttando scocche di Giulietta o Alfetta per poi essere via via sostituite dalla scocca definitiva. Nei primi mesi dell’85 si producono già 200 esemplari pre serie per i necessari collaudi, in modo da ridurre eventuali difetti di gioventù.

Motorizzazioni dall’animo sportivo

Quando l’Alfa Romeo 75 debutta sul mercato, nel 1985, le motorizzazioni disponibili sono: la 1.6 da 109 cavalli, la 1.8 da 120 cavalli, la 2.0 da 128 cavalli, tutti a quattro cilindri bialbero ad alimentazione singola, e il V6 Busso 2.5 a iniezione da 158 cavalli per la sportiva Quadrifoglio Verde. Tutte a benzina, tranne un 2.0 turbodiesel da 95 cavalli di potenza ottenuti grazie all’adozione dell’intercooler e all’aumento della pressione della sovralimentazione. La dotazione di serie è molto completa e non mancano il lunotto termico, il volante regolabile sia in altezza che profondità, la centralina con autodiagnosi a dieci funzioni differenti e l’orologio digitale. Proprio l’interno introduceva una interessante ricerca ergonomica che portava all’adozione di alcune soluzioni molto originali. C’erano per esempio alcuni comandi posti sopra lo specchietto retrovisore o la classica leva del cambio sostituita da un grosso maniglione.

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Il 1986 è invece l’anno dell’’introduzione della motorizzazione 1.8 Turbo che permetteva di ottenere ben 155 cavalli partendo sempre dal medesimo bialbero a quattro cilindri. Dal punto di vista estetico la Turbo possedeva dettagli simili alla Quadrifoglio Verde, soprattutto dentro. Si trattava della prima Alfa Romeo sovralimentata destinata alla produzione in grande serie: lo slogan del Biscione era chiaro “Finalmente il turbo si merita un’Alfa Romeo”.

Un anno molto importante per la 75 è sicuramente il 1987. Volendo celebrare il debutto negli Stati Uniti, dell’anno prima, della 75 che diventava Milano viene introdotta l’Alfa 75 America. Si poteva avere col 1.8 Turbo già citato oppure con una variante maggiorata del V6 Busso, ora in versione 3.0 litri da 188 cavalli. Le America si differenziavano anche per la scocca caratterizzata da paraurti ad assorbimento di energia e dal nuovo posizionamento del serbatoio alle spalle del divano posteriore. In questo modo la Quadrifoglio Verde poteva adoperare l’ultima variante del propulsore e anche la 1.8 Turbo veniva rimpiazzata da questa nuova versione.

Il 2.0 Twin Spark

Ma proprio il 1987 divenne noto per l’introduzione della motorizzazione 2.0i Twin Spark, un prodotto che in breve tempo divenne quello più equilibrato e apprezzato della gamma. Il 2 litri a quattro cilindri bialbero vedeva ora l’introduzione dell’iniezione Bosch Motronic 4.1 dotata dell’accensione integrata. C’è anche una nuova testata stretta con angolo tra le valvole di 46° (prima era di 80°); ma ciò che caratterizza il motore è la doppia accensione con variatore di fase già sperimentato sulle VCT per gli Stati Uniti. La potenza aumentava di 20 cavalli (da 128 a 148) e l’erogazione risultava migliorata ad ogni regime. I consumi erano sensibilmente inferiori rispetto alla variante a carburatori.

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La 2.0i Twin Spark possedeva prestazioni ai vertici della sua categoria. Si raggiungevano i 100 km/h da fermo in appena 8 secondi e una velocità massima di oltre 200 km/h. La Twin Spark, ma anche le 1.8 Turbo e 3.0, possedevano la classica quinta di potenza oltre al differenziale autobloccante ZF al 25%.

Il restyling del 1988

Nel 1988 debutta l’unico restyling della 75, quella che rimane a listino fino al 1993. I listelli orizzontali della calandra fanno posto a due grandi prese d’aria a nido d’ape, i fanali posteriori sono ora completamente rossi mentre il cofano motore possiede ora una bombatura centrale. Dentro si hanno nuovi rivestimenti e una grafica migliorata per il quadro strumenti, ma le novità più interessanti vengono riposte sotto al cofano. Arriva infatti la 1.8 IE, una vera e propria nuova variante del 1.8 sovralimentato. La potenza rimane la medesima ma l’introduzione dell’iniezione elettronica Bosch Motronic e del variatore di fase permette una regolarità di funzionamento eccezionale, oltre a consumi più ridotti. C’è poi anche un nuovo 2.4 litri turbodiesel da 112 cavalli che, vista la coppia che riesce a sviluppare, adotta una frizione bidisco.

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Nel frattempo anche il 1.6 viene dotato dell’iniezione elettronica Bosch Motronic con variatore di fase. Nel 1990 vengono introdotte la Turbo Quadrifoglio Verde (1.8i) da 165 cavalli e la 3.0 V6 Quadrifoglio Verde da 192 cavalli. Nel 1991 debuttano gli allestimenti numerati A.S.N. (3.500 della 2.0i Twin Spark e 1.000 della 1.8 Turbo) dotati di sedili sportivi Recaro, volante in pelle, pomello del cambio in pelle, calotte dei retrovisori in titna, cerchi speciali e quattro declinazioni di colori per la vernice. Ulteriori 650 esemplari erano quelli dell’Alfa Romeo 75 Potenziata 3.0 V6 con interni in velluto verde.

L’Alfa Romeo 75 Turbo Evoluzione

Fra le Alfa Romeo 75 ce n’è una che fa quasi paura solo a guardarla. Rossa, impressionante, esasperata. È la 75 Turbo Evoluzione del 1986, un prodotto utile a ragionare in termini di omologazione per una vettura da corsa del Gruppo A. Si parte da una normale 75 1.8 Turbo, da questa la Turbo Evoluzione eredita interni e potenza. Cambia infatti il motore che per essere omologato in Gruppo A inferiore a 3 litri bisogna moltiplicarne la cilindrata per il fattore 1,7. Quindi il quattro cilindri bialbero turbo viene ridotto a 1.762 cc (erano 1.779 cc in partenza). I cavalli però rimangono sempre 155 grazie alla pressione di sovralimentazione rivista e a lavori di fino sui condotti di aspirazione.

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L’Alfa Romeo 75 Turbo Evoluzione

Se i cavalli potrebbero comunque sembrare pochi bisogna ricordare che la 75 Turbo Evoluzione possedeva era la perfetta erogazione della potenza, ad ogni apertura della farfalla. Si interviene nel frattempo anche sul telaio e si installano pneumatici più larghi che introducono passaruota di maggiori dimensioni: i freni sono potenziati e le sospensioni più rigide. I suoi 155 sembrano molti di più grazie anche ai suoi poco più di 1.000 chilogrammi alla bilancia e grazie a quella erogazione magistrale che accennavamo. La coppia è impressionante e la melodia allo scarico è un prodotto d’altri tempi. A gestire la sovralimentazione ci pensa un turbocompressore Garrett T3 con intercooler: la 75 Turbo Evoluzione è un mostro, la amano per questi motivi. Si guida e basta, senza l’ausilio di marchingegni elettronici.

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L’Alfa Romeo 75 Turbo Evoluzione di Gruppo A

Se all’esterno il rosso impera (unica colorazione disponibile) in accordo con accentuate minigonne, spoiler anteriore e adesivi, dentro la strumentazione ha elementi arancio e poi tutto è pressoché identico alle 75 del resto della gamma. I sedili però hanno un’impostazione specifica e sono di certo molto più avvolgenti. Vince al Giro d’Italia Automobilistico del 1988 con piloti del calibro di Patrese, Biasion e Siviero. Si ripete l’anno dopo con Francia, Cerrato e Cerri. Paradossalmente vince poco, anche se qualche soddisfazione se la toglie nel Campionato Superturismo. Lì gareggia nel 1987 con Larini, Nannini e Francia. Ma ciò che resta è la sua produzione limitatissima che la rende ricercatissima oggi a prezzi impressionanti. Ne vengono prodotte soltanto 500 unità, quelle appena necessarie per l’omologazione.

Molto apprezzata

In definitiva l’Afa Romeo 75 è una vettura molto apprezzata dal pubblico e dagli appassionati che la adoravano. Nonostante i compromessi costruttivi e le linee non proprio appetibili, fa incetta di cuori perché ha carattere e soluzioni tecniche degne della migliore tradizione di Alfa Romeo. Elementi che la rendono sopraffina e con un comportamento su strada quasi da sportiva. Gli appassionati l’hanno osannata ancora di più quando hanno compreso che di Alfa a trazione posteriore non se ne sarebbero fatte più, l’attesa della Giulia è stata sicuramente snervante.

In ogni caso la sua estetica quasi fuori dal tempo l’ha resa fortemente caratteristica. A trentacinque anni dal debutto potrebbe persino risultare ancora moderna ed attuale. Dopo più di 375mila esemplari prodotti e venduti non si vedrà mai una variante station wagon, o meglio, una piccola serie di sette esemplari esisteva già. Era apparsa nel 1986 al Salone di Ginevra grazie alla Reyton Fissore di Cherasco ma la fase di prototipo non verrà mai superata e quindi non se ne farà nulla. Ma considerato l’ottimo successo di alcune tedesche, ma anche della 33 Giardinetta, non può che essere stato un errore.

La commercializzazione dell’Alfa Romeo 75 rimase attiva fino al 1994. Questo perché nonostante la nuova 155 fosse arrivata già due anni prima, i clienti continuavano ad apprezzare la vecchia 75. Che è tutto un dire.