La Lamborghini Diablo spegne 35 candeline, ma il suo fascino resta immutato, come se il tempo avesse deciso di fermarsi davanti al suo ruggito. Il V12 che abbiamo amato e continuiamo ad amare è tra i modelli del marchio che restano e resistono nell’Olimpo delle supercar prodotte a Sant’Agata Bolognese e nel resto del mondo.
Presentata nel 1990 e rimasta in produzione fino al 2001, la supercar conosciuta inizialmente come “Progetto 132” ha accompagnato la Casa di Sant’Agata attraverso anni di grandi cambiamenti. In questi anni, infatti, si è assistito al controllo americano di Chrysler arrivando al passaggio ad Audi, prima dell’esordio della Murciélago.
In undici anni diabolici sono usciti dai reparti produttivi 2.903 esemplari, oggi sempre più ricercati dai collezionisti, con quotazioni, chiaramente e meritatamente, in continua ascesa, sempre con il supporto ufficiale del Polo Storico Lamborghini per certificazioni e restauri.

La Diablo nacque con il compito pesantissimo di sostituire la mitica Countach, l’auto che aveva inventato l’idea stessa di supercar da poster in cameretta. Il primo disegno portava la firma di Marcello Gandini, che riuscì a fondere l’aggressività estrema della Countach con linee più aerodinamiche, perfette per gli anni Novanta.
Nel corso della sua carriera, però, la Diablo cambiò pelle più volte, basti pensare alla dipartita dei fari a scomparsa (vittime delle normative) e agli affinamenti estetici di Luc Donckerwolke, designer che contribuì a dare alla vettura una veste più attuale senza tradirne lo spirito.

Il nome “Diablo” non era certo casuale. Questa Lamborghini era capace di intimorire persino i piloti esperti. La prima versione del 1990 montava un motore V12 da 5.7 litri e 492 CV, capace di lanciarsi a 325 km/h, una velocità folle per l’epoca. Nel 1993 arrivò la VT, prima Lamborghini con trazione integrale, seguita dalla Roadster con tetto rimovibile nel 1995.

La famiglia si arricchì di varianti memorabili: la SE30 in serie limitata con 525 CV, la SV da 530 CV e la feroce SV-R pensata per le corse. Il culmine arrivò con la GT del 1999, dotata di un mostruoso V12 da 6.0 litri e 575 CV, da cui derivò la GT-R da pista con 590 CV. L’epilogo della carriera fu affidato alle Diablo 6.0 e 6.0 SE, entrambe con 550 CV e rifiniture più moderne.

Tutte le versioni sono dotate di cambio manuale a cinque marce con griglia a vista, un feticcio meccanico che ancora oggi fa battere il cuore agli appassionati. Solo con la Murciélago si sarebbe passati a un cambio automatico con paddle, decretando la fine di un’epoca.