Italdesign agli americani, ma con capitale indiano: il destino dell’eccellenza italiana

Italdesign al centro di una possibile cessione a UST, mentre Cassa Depositi e Prestiti valuta l’uso del Golden Power per tutelare il design italiano.
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La chiusura ufficiale sull’operazione di cessione di Italdesign alla società di consulenza tecnologica americana UST sembra un esito quasi scontato. Dopo una due diligence durata mesi, una “società terza” ha formalmente presentato un’offerta per rilevare la quota di maggioranza di questo storico asset italiano di design e engineering dell’auto, ceduto da Giorgetto Giugiaro ai tedeschi del Gruppo Volkswagen, per Audi, nel lontano 2010.

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Nonostante l’esito sembri predefinito, le certezze sono poche e le preoccupazioni molteplici. I sindacati Fiom e Fim, di ritorno da un incontro con il board di Audi a Wolfsburg, hanno dovuto confermare che, al momento, non sono stati comunicati piani industriali né una visione chiara sul futuro di Italdesign dopo l’eventuale ingresso del nuovo grande azionista. Una mancanza di informazioni che rende “sempre più concreta la possibilità di uscire dal Gruppo Volkswagen e Audi”, lasciando nell’incertezza i 1.300 addetti, di cui ben 1.100 a Moncalieri.

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I sindacati hanno chiesto almeno il mantenimento di una quota in capo ad Audi e garanzie contro licenziamenti collettivi e chiusure di stabilimenti per alcuni anni.

Proprio quando la bandiera americana (ma con capitali indiani) sembrava pronta ad essere issata su Italdesign, spunta una sorprendente iniziativa tutta italiana. Secondo indiscrezioni citate da La Stampa, una cordata guidata da Cassa Depositi e Prestiti starebbe preparando una contromossa. Questa strategia “nazionale” coinvolgerebbe anche Adler, un gruppo industriale di spicco nella componentistica avanzata.

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L’elemento centrale di questa manovra sarebbe anche l’attivazione del (leggendario potremmo dire) Golden Power, lo strumento governativo che permette al governo italiano di intervenire per proteggere gli asset strategici nazionali. Questa mossa dovrebbe porre almeno un’obiezione atta a contrastare la vendita che sembrava ormai definita. O almeno, in caso di successo, potrebbe garantire che il Gruppo Volkswagen rimanga azionista di minoranza, permettendo alla cordata italiana di reimpostare la governance e garantire la continuità dei rapporti industriali.