L’Alfa Romeo 33 TT12 è una delle auto che hanno concorso al mito del “biscione”, rafforzandolo in un’epoca più vicina alla nostra, rispetto ad altre creature brillanti della sua galassia. Questa “belva” difese i colori aziendali nel Mondiale Marche, scatenando pulsioni emotive negli appassionati. Il debutto in gara prese forma alla 1000 km di Spa-Francorchamps, in Belgio, quando le lancette del tempo segnavano la data del 5 maggio 1973.
Discendente di una stirpe nobile, fu un’evoluzione della famiglia 33, entrata in scena nel 1967. Il codice numerico presente nella parte iniziale della sigla mette in risalto questa liaison. Le lettere TT sono l’acronimo di Telaio Tubolare e sottolineano la natura della struttura portante, derivata dall’omonima auto con motore V8 di cui prese il posto.
Qui a segnare lo scarto maggiore, oltre la dimensione visiva, ci pensa il diverso frazionamento dell’unità propulsiva. Per questa nuova Alfa Romeo da corsa fu scelto infatti un inedito motore a 12 cilindri da 3.0 litri di cilindrata, con angolo di 180 gradi fra le bancate. Un cuore “piatto” che era in grado di spingersi oltre i 500 cavalli di potenza massima a 11.500 giri al minuto: un risultato di livello maggiore rispetto agli step precedenti. Il tutto su un peso di soli 670 chilogrammi a vuoto.
Inconfondibile la veste estetica, che creava distinzione rispetto alle altre espressioni della stessa gamma, nate negli anni precedenti. L’Alfa Romeo 33 TT12 presenta vistose pinne laterali ed esibisce il famoso periscopio, per una spiccata identità estetica, frutto della ricerca funzionale, non certo di quella stilistica, onorata comunque nel migliore dei modi, seppure in forma “incidentale”.
Dopo un anno di sviluppo e i primi successi messi a segno nel 1974, la “belva” della casa automobilistica milanese affermò in pieno la sua forza, nell’ormai lontano 1975, quando si rese protagonista di un dominio assoluto, vincendo sette gare su otto partecipazioni e su nove appuntamenti del cartellone iridato. Per il “biscione” furono grandi soddisfazioni, sigillate dal trionfo nel Mondiale Marche, in quegli anni molto importante. Fu il quarto alloro assoluto nella storia del marchio, fra i prototipi a ruote coperte.

Al volante del modello in esame si espressero con grazia piloti leggendari come Arturo Merzario, Mario Andretti, Jacky Ickx, Nino Vaccarella, Derek Bell, Henri Pescarolo, Vittorio Brambilla, Jacques Laffitte, Rolf Stommelen e Jochen Mass. Come riferito in un’altra circostanza, l’Alfa Romeo 33 TT12 nacque con la sapiente regia creativa dell’ingegnere Carlo Chiti. Un nome conosciuto a tutte le latitudini, che pertanto non ha bisogno di presentazioni.
Il grande progettista toscano seppe conferire al modello un DNA vincente, confortato empiricamente dai riscontri sportivi, davvero luminosi. Poi la parabola discendente, dovuta al disimpegno dei vertici aziendali, che preferirono orientare gli sforzi in altre direzioni. Prodotta in appena 6 esemplari, tra il 1973 e il 1976, l’Alfa Romeo 33 TT12 era un’arma davvero molto graffiante. Il suo profilo prestazionale la poneva al vertice della specie.
Per avere un’idea di cosa era capace, basti dire che la punta velocistica si spingeva oltre la soglia dei 330 km/h. Ancora più incisivi gli aspetti dinamici, con un handling di eccellente livello, che si elevava a suo punto di forza. Da segnalare alcuni impegni maturati nel tempo fuori dal circuito rituale del Mondiale Marche. Queste digressioni toccarono la serie CanAm e il mondo delle cronoscalate. Anche qui seppe sedurre il pubblico, con le note sonore del suo motore boxer e con il fascino racing della sua carrozzeria in vetroresina.
Fra le tante vittorie dell’Alfa Romeo 33 TT12, quella abbracciata forse con maggiore entusiasmo dagli appassionati fu messa a segno alla Targa Florio del 1975, dopo 8 giri del Piccolo Circuito Madonie (lunghezza giro 72 km), con Nino Vaccarella e Arturo Merzario ad alternarsi al posto guida. La vettura milanese fu figlia di un progetto sano, che seppe guadagnare momenti di gloria in gara, sempre con grande merito. Chapeau!

