Il video odierno rende omaggio alla Targa Florio, mostrando alcuni eccitanti fotogrammi dell’edizione 1972 di questa leggendaria sfida ideata da Vincenzo Florio. Nel cortometraggio viene mostrata l’azione della Ferrari 312 PB e dell’Alfa Romeo 33 TT3, che giunsero nell’ordine sui gradini più alti del podio. C’è pure spazio per le atmosfere uniche regalate dalla gara siciliana, anche sul piano umano.
Quell’edizione della corsa, valida per il campionato del Mondo Marche, consegnò il successo alla Ferrari 312 PB di Arturo Merzario e Sandro Munari. La loro era l’unica “rossa” in gara. Una partecipazione a ranghi ridotti del “cavallino rampante”, nata come conseguenza del successo iridato già messo a segno dalla casa di Maranello prima della sua disputa.
Più corposa la rappresentanza dell’Alfa Romeo, con quattro 33 TT3 ai nastri di partenza. Una di queste, condotta da Nanni Galli ed Helmut Marko, giunse seconda al traguardo di Floriopoli, con un ritardo di soli 16.9 secondi dall’auto vincente. Teatro del confronto fu il Piccolo Circuito delle Madonie, lungo 72 chilometri. Era la giornata di domenica 21 maggio. Undici i giri disputati, per un totale di 792 km. Questa la classifica finale:
1 – Arturo Merzario / Sandro Munari – Ferrari 312 PB (2995 cm³) – 6h 27’48″0 – media km/h 115,464
2 – Nanni Galli / Helmut Marko – Alfa Romeo 33 TT3 – a 16″90
3 – Andrea De Adamich / Toyne Hezemans – Alfa Romeo 33 TT3 – a 18’24″20
Giro veloce: Helmuth Marko 33’41” (11°) – alla media di km/h 128,253
Scopriamo più da vicino le due auto protagoniste delle riprese, che si ergono ad espressioni nobili dell’ingegno creativo umano, applicato ai mezzi a quattro ruote. Partiamo da quella del “cavallino rampante”, seguita dall’altra, firmata dal “biscione”, proprio come nella classifica finale della Targa Florio del 1972.
Ferrari 312 PB: l’auto che vinse tutto
Questa Sport brilla nella galassia del “cavallino rampante”, di cui è una delle stelle più luminose. Sotto i tratti belli e affilati pulsa un motore di Formula 1, ovviamente adattato ai bisogni di un mezzo nato per gare di durata maggiore rispetto ai classici Gran Premi. Qui la risposta, ma anche l’affidabilità, devono viaggiare su binari diversi. I tecnici di Maranello, come al solito, fecero un eccellente lavoro.
Eclettica e versatile, la Ferrari 312 PB sapeva miscelare al meglio la grinta del cuore, un handling di riferimento, un’alta efficienza aerodinamica e una tenuta sulla distanza a prova di bomba. La lettera finale della sigla non ha connotati ufficiali, ma divenne identificativa del modello nell’uso corrente, per distinguerlo da quello del 1969, caratterizzato dalla restante parte del nome.
Uno dei meriti dei progettisti fu quello di essere riusciti ad ottenere la sua finezza ingegneristica in una tela ad alto indice di “semplicità” funzionale. Ad alimentare la vigorosa forza dinamica del mezzo ci pensava un motore V12 da 3 litri di cilindrata, con angolo di 180° fra le bancate, in gradi di sviluppare una potenza massima di 450 cavalli, a ben 11.200 giri al minuto.
Fra i suoi plus, il baricentro basso, che concorreva alle felici dinamiche del veicolo. Ottima la coppia motrice, specie nei regimi di utilizzo agonistico. Mauro Forghieri fece, come sempre, un lavoro straordinario. Se i piloti gioivano dell’energia vitale di questo cuore, al pubblico restava l’incanto delle sue sublimi note sonore. Straordinarie le musicalità meccaniche della Ferrari 312 PB, frutto della deliziosa orchestra a 12 cilindri contrapposti che ne animava l’azione.
Grazie alle dimensioni compatte del corpo, la “rossa” in esame riusciva ad esprimersi al meglio anche nei contesti agonistici più animati, come lo stretto e sinuoso circuito della Targa Florio, dove le curve si susseguivano ad un ritmo asfissiante. Qui l’unico momento di “relax” era offerto dal rettifilo di Buonfornello, percorso ad oltre 300 km/h.
La sfida siciliana fu la dodicesima gara vinta dalla 312 PB nel 1972, su altrettante gare disputate, dieci delle quali valide per il Campionato del Mondo Marche. Spesso furono delle doppiette. Alla 1000 km di Zeltweg andò ancora meglio, con un incredibile poker finale. Un ruolino di marcia a dir poco pazzesco. Grazie a lei, per la Ferrari giunse il tredicesimo Trofeo Costruttori.
Alfa Romeo 33 TT3: seconda alla Targa Florio
Appartiene a una famiglia nobile ed ha scritto pagine di grande spessore agonistico nella storia della casa automobilistica milanese. L’Alfa Romeo 33 TT3 è una Sport che oggi fa molta presa nei sogni dei collezionisti, anche se la rivale di Maranello si colloca più in alto in termini di attrattiva e di valore.
Le due lettere presenti nella sigla mettono in risalto una caratteristica del modello, che creava distinzione rispetto alla precedente 33/3: la presenza di un telaio tubolare. Sotto la carrozzeria c’era un nuovo space frame in acciaio, al posto della monoscocca in lamiera di alluminio dell’altra.
Come sulla sorella, anche qui la spinta faceva capo a un motore V8 da 3.0 litri di cilindrata, ma alcuni affinamenti ne elevarono ulteriormente la grinta, conferendo un maggiore vigore dinamico al mezzo. Quattro le valvole per cilindro. Notevole la potenza massima, che si spingeva fino a 440 cavalli, espressi a 9.800 giri al minuto.
Pure in questo caso, il sound era inebriante. Gli appassionati della Targa Florio e gli abitanti dei paesi attraversati dalla corsa riuscivano a distinguere la provenienza delle sue note sonore, come accadeva per le auto di punta degli altri marchi.
Una sensibilità maturata in modo naturale, che portava a identificare al volo i timbri di voce dei diversi modelli ed anche i piloti al volante, in base all’azione sul pedale del gas e sulla leva del cambio. Storie apparentemente incredibili, ma vere, che ricorrono nella narrazione di chi ha vissuto quell’era romantica del motorsport.
Fra i punti di forza dell’Alfa Romeo 33 TT3 va citato il peso contenuto. Parliamo di soli 650 chilogrammi. Questo agevolava le danze nelle animate alchimie planimetriche del Piccolo Circuito della Targa Florio, dove il modello si seppe esprimere in modo graffiante, anche grazie all’efficiente cambio a 5 marce, che aiutava a scaricare a terra l’energia, regalando uno sfruttamento ottimale del suo vigore.
Questa vettura fu una delle espressioni della nobile stirpe delle Tipo 33 da gara, prodotte fra il 1967 e il 1977. Auto incredibili, che hanno scritto pagine memorabili nella storia dell’Alfa Romeo, come confermano i successi iridati naturati dal marchio nei Campionati del Mondo Sport Prototipi del 1975 e 1977. In quella coppia di anni le 33 salirono nell’Olimpo della specialità.


