Il marchio Lancia oggi vive di stenti e di un’immagine quasi spenta, rispetto alla nobile storia di cui si ammanta. In attesa che i vertici aziendali lo facciano uscire dalle grinfie dell’anonimato, per dargli uno smalto migliore, ci concediamo un benefico tuffo nel passato aziendale, senza spingerci in quello remoto o del trapassato remoto.
Lo facciamo attraverso alcuni modelli a sua firma che rappresentano vere e proprie pietre miliari nell’ambito della produzione sportiva. In questo ambito abbiamo scelto 5 auto, capaci di interpretare al meglio lo spirito atletico di Lancia, declinato in modi diversi. Ogni collezionista sarebbe orgoglioso della loro presenza nella raccolta personale. Se lo gradite, seguiteci nel nostro viaggio esplorativo alla scoperta di questi tesori d’annata.
Lancia Stratos
Questa è una vettura leggendaria, entrata nell’universo dorato dei sogni degli appassionati. Proiettarsi nella dimensione onirica è un fatto naturale con lei. Verrebbe da dire: noblesse oblige. L’avveniristica linea a cuneo ne ha fatto una pietra miliare nella storia del design automobilistico. Il merito è di Marcello Gandini, che ne ha firmato i tratti per la Carrozzeria Bertone, con un taglio espressivo unico e coinvolgente. Incredibile il suo carisma.
La Lancia Stratos è diversa da tutte le altre. Non è possibile confonderla con opere diverse del comparto automobilistico. Troppo forte la sua identità. Il carattere dialettico, unico e potente, coltiva molto bene anche il tema dell’armonia e del bilanciamento fra gli elementi. Ne deriva un look speciale, che si è fissato per sempre nell’immaginario collettivo, facendone una delle coupé più iconiche di sempre.
La versione stradale, di cui ci stiamo occupando, servì da base per l’arma definitiva pensata dalla casa torinese per i rally. Un traguardo raggiunto a suon di vittorie, che hanno scritto alcune delle pagine sportive più belle degli anni Settanta. Il prototipo a motore posteriore centrale, presentato dalla Bertone al Salone di Torino del 1970, era basato su un telaio della Fulvia HF, da cui mutuava anche il propulsore. Nella versione definitiva, prodotta a partire dal 1973, fu invece usato il motore V6 da 2.4 litri di cilindrata della Dino 246 GT. Anche la trasmissione giungeva da casa Ferrari.
Il telaio assunse una matrice completamente diversa, guadagnando la natura di monoscocca centrale in acciaio. Questa miscela rese la Lancia Stratos una vettura particolarmente competitiva in gara, grazie anche alle dimensioni compatte e al peso inferiore alla tonnellata. Innumerevoli le vittorie conquistate, tra cui spiccano i tre Campionati del Mondo rally consecutivi (dal 1974 al 1976) ma anche i successi in gare di velocità come la Targa Florio e il Tour de France.
Nell’allestimento stradale l’auto in esame metteva sul piatto 190 cavalli di potenza a 7000 giri al minuto e una coppia massima di 23 kgm a 4000 giri al minuto. Le prestazioni erano di adeguato livello: accelerazione da 0 a 100 km/h in meno di 7 secondi, passaggio da 0 a 160 km/h in circa 18 secondi, velocità massima di 225 km/h.
Lancia Rally 037
Meno coinvolgente della Stratos, sia sul piano estetico che su quello sonoro, aveva comunque carisma da vendere. Molto gradevoli i tratti stilistici di questa coupé sportiva, concepita all’inizio degli anni Ottanta per sostituire, nelle sfide internazionali del motorsport, la gloriosa ma ormai datata Fiat 131 Abarth.
La Lancia Rally 037, che riprendeva nella sigla il codice di progetto, nacque sulla cellula centrale della Lancia Beta Montecarlo convertibile, cui vennero uniti un traliccio anteriore ed uno posteriore. L’estetica portava la firma di Pininfarina, che seppe interpretare al meglio il compito ricevuto. Il mitico carrozziere torinese si occupò anche della costruzione della versione stradale, che fece da base per l’omonima vettura destinata ad affrontare le insidie delle prove speciali.
Per la spinta del modello fu scelto un cuore bialbero Fiat da 2 litri a 16 valvole, sovralimentato con un compressore volumetrico. Ad occuparsi della sua progettazione furono gli uomini Abarth, sulla cui professionalità nessuno aveva dubbi. Il motore fu disposto in posizione posteriore centrale, in senso longitudinale. Così la motricità raggiunse vette molto alte, anche se l’avvento delle più efficaci concorrenti a trazione integrale complicò enormemente il compito della riuscitissima “belva” torinese in ambito agonistico.
Nell’allestimento “commerciale”, la Lancia Rally 037 nacque per garantire gli almeno 200 esemplari richiesti dalla federazione internazionale per l’omologazione in Gruppo B. Il suo 4 cilindri sviluppava 205 cavalli di potenza massima, per una punta velocistica di oltre 220 km/h e uno scatto da 0 a 100 km/h in meno di sette secondi.
La versione da competizione (elaborata fino a raggiungere i 310 cavalli) fece il suo esordio al Rally Costa Smeralda nell’aprile del 1982. L’anno dopo disputò l’intera stagione, dominando la serie iridata sin dalla prima gara, il Rally di Montecarlo, vinto da Walter Röhrl. In quell’anno, nonostante l’agguerrita concorrenza delle nuove Audi Quattro a trazione integrale, la Lancia conquistò il Campionato del Mondo, quello Europeo e quello Italiano. Poi la casa torinese fu costretta a seguire altre strade, perché le vetture a 2 ruote motrici cominciarono ad arrancare rispetto a quelle a trazione integrale, più efficaci nella maggior parte dei contesti agonistici.
Lancia Delta S4
Meno bella ed entusiasmante, sul piano estetico, rispetto alla Stratos e alla Rally 037, questa “mostruosa” creatura da gara suscitava paura, sin dal primo sguardo. Bastava osservarla per un solo secondo e si capiva già il suo spaventoso vigore energetico. Prima 4×4 italiana impiegata nelle competizioni, la Lancia Delta S4 era una purosangue di razza. La parte finale della sigla stava ad indicare la sovralimentazione e la presenza della trazione integrale.
Concepita dai tecnici dell’Abarth a partire dal 1983, per dare un’erede alla vittoriosa 037, fu costruita come l’altra in una limited edition stradale, così da raggiungere i 200 esemplari richiesti dalla federazione internazionale per l’omologazione in gruppo B. Nella versione di “listino” era già completamente diversa dall’antesignana, per la sua progettazione ex novo di tutti gli elementi fondamentali.
Il telaio era a traliccio e con tubolari d’acciaio, mentre la carrozzeria impiegava pannelli a nido d’ape in kevlar e fibre di carbonio. Per animare le danze di questa creatura fu scelto un motore a quattro cilindri da 1.8 litri di cilindrata, con 4 valvole per cilindro e due assi a camme in testa, reso molto tonico da un’inedita doppia sovralimentazione. Questa si giovava di un compressore volumetrico, che esercitava il suo apporto ai bassi regimi, e di un turbocompressore, che forniva la sua grinta agli alti regimi, per un tiro e una risposta sempre pieni ed efficaci.
La potenza massima, che raggiunse picchi di quasi 500 cavalli nel bolide da corsa, si fissava alla ragguardevole cifra di 250 cavalli nella versione stradale. In questa veste “civile”, La Lancia Delta S4 sfoggia un interno a tratti lussuoso. Molti elementi (su tutti i sedili) sono avvolti da elegante Alcantara. Discreto anche il comfort. Qui, prudenzialmente, i tecnici hanno puntato su un comportamento leggermente sottosterzante, per garantire una guidabilità meno problematica ai driver comuni, poco avvezzi con il nervosismo dinamico della sorella da gara.
Lancia Thema 8.32 “Ferrari”
Auto di grande carisma, è stata per anni un oggetto di culto. Ancora oggi continua a trovare spazio nel cuore di tutti, nonostante sia passato molto tempo dalla sua presentazione, avvenuta al Salone di Torino del 1986. Nota come “Thema Ferrari”, per il suo motore proveniente da Maranello, questa ammiraglia ha conquistato il pubblico con stile e gusto. Magica la sua aura, che profuma di nobiltà. Era la versione più esclusiva dell’ammiraglia della casa torinese degli anni ottanta.
La Lancia Thema 8.32 fu per un certo periodo l’auto a trazione anteriore più potente offerta sul mercato. Doveroso un primato del genere per un modello con l’energia del “cavallino rampante” in corpo. La spinta giunge infatti da un motore V8 Ferrari. Si tratta della stessa unità propulsiva della mitica 308, opportunamente ammorbidita per la nuova missione, di natura più quotidiana e meno sportiva. Qui la potenza massima fu “limitata” a 215 cavalli. Il picco di coppia si scriveva a quota 29 kgm.
Vigoroso il quadro prestazionale, ben rappresentato dalla punta velocistica di 240 km/h, raggiunta con grande rapidità. Nessuna vettura di caratteristiche comparabili era in grado di fare meglio nel suo periodo storico. Oggi fa ancora impressione il suo tono energetico, applicato su un’auto a trazione anteriore, gestita con un’elettronica ancora allo stato “elementare”, rispetto ai canoni odierni.
Anche se la carrozzeria era, sostanzialmente, quella della normale Thema, alcuni elementi distintivi creavano un vistoso stacco estetico, che rendeva immediatamente riconoscibile la proposta. Nella sezione anteriore spiccava la calandra con griglia cromata, in omaggio alle “rosse”. Anche i cerchi a stella a cinque razze traevano ispirazione da quelli delle Gran Turismo del “cavallino rampante”. Diverso il trattamento dei paraurti.
Nella parte posteriore spiccava l’alettone a scomparsa, regolabile elettricamente con un semplice comando, che conferiva una forte identità visiva al modello, evocando le alte performance di cui era capace. Raffinate le sospensioni, a controllo elettronico, che assecondavano al meglio le dinamiche del mezzo nelle diverse condizioni operative. Auto iconica e di grande impatto culturale, la Lancia Thema 8.32 godeva di un allestimento interno sfarzoso, con pelle Poltrona Frau e radica di rosa a profusione.
Lancia Delta HF Integrale
Questa vettura si è fissata nell’immaginario collettivo con la forza travolgente dei successi raccolti in gara dalle sue declinazioni agonistiche. Il modello prese forma in cinque serie. Qui ci occupiamo dell’ultima della stirpe, definita nel gergo EVO 2. A lei il compito di rappresentare la specie nella forma più alta. In questa veste, la Lancia Delta HF Integrale sigilla il fascino di un modello entrato nella leggenda dei rally, con sei vittorie consecutive del Campionato del Mondo, dal 1987 al 1992 (anche se il primo, ad onore del vero, prese forma con la HF 4WD).
Rispetto alle sorelle degli step precedenti, si offre allo sguardo con carreggiate ulteriormente allargate, sospensioni e freni potenziati ed un incremento di potenza del quattro cilindri turbo da due litri. Qui l’energia al servizio del piacere tocca quota 215 cavalli, che si traducono in una punta velocistica di 220 km/h. Molto vigorosa la spinta, come si intuisce dal tempo richiesto per passare da 0 a 100 km/h: soli 5.7 secondi. Ancora più forti le sensazioni che si ricavano a bordo, anche se la parentela col bolide da gara è più blanda di quanto si creda. In ogni caso, il legame esiste ed è concreto, pure nell’intensità dell’azione.
Ai suoi tempi la Lancia Delta HF Integrale EVO 2 era in grado di misurarsi ad armi pari con alcune supercar, almeno nei contesti più guidati. Un fatto che la rendeva ancora più incredibile, per il suo abito da berlina a due volumi, connessa visivamente ad una compatta con velleità di ben altra natura rispetto a quelle prestazionali. Qui, però, i muscoli non mancavano, per dare un accento completamente diverso alla formula visiva della proposta. Gli elementi dopanti sono gli stessi che, in forma ancora più marcata, hanno consegnato la versione da gara all’immaginario collettivo, come auto vincente.
Quest’ultima, in configurazione di Gruppo A, dominò per anni la scena dei rally e fu la regina incontrastata delle prove speciali, dove lasciava solo le briciole alle avversarie. I successi a raffica maturati nel motorsport l’hanno consegnata alla leggenda e al cuore degli appassionati. Un fatto naturale, non solo per l’appeal estetico del modello, ma soprattutto per la sua natura di vettura da rally più gloriosa di tutti i tempi.
Nella versione a 16 valvole, come quella di cui ci stiamo occupando, si nota la marcata gobba sul cofano anteriore, imposta dai volumi maggiori della nuova testata, più ingombrante di quella delle serie a due valvole per cilindro. La forza vulcanica della Lancia Delta HF Integrale EVO 2 emerge ad ogni colpo sul pedale dell’acceleratore, che si traduce in una spinta molto vigorosa, specie quanto il turbo entra nel suo range d’esercizio. A quel punto le scariche di coppia sono davvero intense. L’abitacolo è di matrice racing, ma ci pensa la presenza di ampia rivestimenti in Alcantara ad impreziosire la tela, ingentilendo il colpo d’occhio.
Fonte | Lancia Official