Negli stabilimenti Stellantis in Italia, i contratti di solidarietà e la cassa integrazione sono in aumento, nonostante tra il 2024 e il 2025 siano stati annunciati oltre 6.000 esuberi. A Termoli, la gigafactory non è ancora partita, la produzione di motori continua a diminuire e la nuova linea di produzione dei cambi non sarà operativa prima del 2026. A lanciare l’allarme è Michele De Palma, segretario generale della Fiom Cgil, intervenuto ad Agorà Estate.
La Fiom chiede al governo di convocare Stellantis a Palazzo Chigi
Oggi a Pomigliano e domani a Mirafiori sono previsti incontri sugli ammortizzatori sociali. De Palma avverte che dai tavoli potrebbero emergere ulteriori ore di cassa integrazione, evidenziando una crisi che non è più temporanea ma strutturale. Il quadro si complica con il calo delle quotazioni di Stellantis in Italia e in Europa, i ritardi sugli investimenti promessi e un futuro industriale incerto, mettendo a rischio posti di lavoro e stabilità economica delle fabbriche italiane del gruppo.
La Fiom estende la sua critica oltre la gestione di Stellantis, mettendo in discussione l’intera strategia europea. Secondo Michele De Palma, la transizione dell’Unione Europea è fallimentare non solo per il settore automobilistico, ma anche per l’acciaio e le politiche sui dazi. Senza una direzione chiara, l’Europa rischia una crisi occupazionale senza precedenti, con impatti gravi soprattutto nei Paesi a forte tradizione industriale come l’Italia.
Negli ultimi anni, il settore ha resistito non grazie alle scelte industriali, ma alla dedizione delle lavoratrici e dei lavoratori. “La resilienza dei dipendenti di Stellantis e della componentistica è stata fondamentale, ma ora non basta più”, afferma De Palma, sottolineando la necessità di un intervento politico deciso.
La Fiom invita il governo a convocare urgentemente la proprietà e l’AD di Stellantis, per definire un piano industriale nazionale che valorizzi ricerca, sviluppo e produzione. In caso contrario, si rischia la perdita di una filiera strategica e gravi conseguenze occupazionali.