Oggi ci occupiamo di una Ferrari 166 MM molto speciale, che racconta anche una storia d’amore lunga 50 anni. Questa “rossa” ha accompagnato per mezzo secolo il sodalizio sentimentale fra Dudley e Sally Mason-Styrron, grandi appassionati inglesi del “cavallino rampante“. I due erano profondamente legati a questa straordinaria vettura. Si tratta di quella con telaio numero 40, prodotta nel 1950. Purtroppo nel primo anno di gare patì un grave incidente. Poi fu restaurata accuratamente, recuperando lo splendore delle origini.
I coniugi Mason-Styrron la acquistarono nel 1975, rendendola parte della loro famiglia. Tantissime le avventure vissute in giro per il mondo su quel gioiello, entrato con grande intensità nel loro cuore. A due anni dalla morte della moglie, Dudley ha donato l’auto al Museo Enzo Ferrari, dove è attualmente in mostra. Così ha onorato il comune desiderio di ridarla alla casa madre che la coppia aveva maturato in precedenza. Nel suo palmares spicca il quinto posto di classe messo a segno alla Targa Florio del 1950, con Luigi “Gigi” Villoresi al volante.
Dudley e Sally eseguirono con le loro mani alcune fasi del processo di restauro, affidandosi ad altri specialisti per tutto il resto. Il risultato fu impeccabile, su tutti i fronti. Con loro l’auto rinacque dalle condizioni pietose in cui si era ridotta dopo il drammatico incidente. L’atteso ritorno in gara avvenne alla rievocazione storica della Mille Miglia del 1989, ma già per il cinquantesimo anniversario della casa di Maranello si era vista in tutto il suo splendore in Sicilia, sulle strade della Targa Florio e nel circuito di Pergusa.
La Ferrari 166 MM è stata una delle opere inaugurali della casa di Maranello. Fu lanciata nel 1948, a pochi mesi dal debutto in società della 125 S, prima “rossa” della storia. Nacque pensando alle gare di durata. Il suo nome lo mette subito in risalto, nelle lettere finali, che sono l’acronimo di Mille Miglia. In questa sfida, le auto di Maranello si sono messe sempre in grande evidenza, con una lunga scia di successi a costellare felicemente il rapporto.
Vestita da Touring, col metodo di costruzione denominato “Superleggera”, la barchetta emiliana riusciva a miscelare il peso contenuto alla notevole rigidezza strutturale. Notevoli le doti dinamiche e prestazionali del modello, che hanno regalato (e continuano a regalare) emozioni speciali nel suo abitacolo. Oggi con la Ferrari 166 MM ci si può immergere nelle atmosfere romantiche del passato, con stimoli sensoriali fortemente benefici per lo spirito degli appassionati. Ai suoi tempi era una “belva” da gara in grado di tarpare le ali ai sogni di gloria della concorrenza.
Il suo splendore estetico, ottenuto con lineamenti di estrema semplicità, la fece apprezzare anche fuori dall’ambito agonistico. Fra i suoi ammiratori ci fu l’avvocato Gianni Agnelli, che se ne regalò un esemplare, con delle specifiche uniche: carrozzeria bicolore e interni in pelle a contrasto, per un risultato davvero glamour e di gran classe.
All’industriale torinese va il merito dell’appellativo “barchetta”, da lui coniato per evidenziare le parentele stilistiche del modello con le piccole imbarcazioni, di cui sembrava una versione rovesciata. Oggi quel nomignolo continua a identificare le scoperte più estreme. Plasmata anche in versione chiusa, la Ferrari 166 MM raggiunge il suo massimo splendore nell’allestimento scoperto. In questa veste seppe entrare nel cuore di tutti sin dal momento del lancio, avvenuto il 15 settembre 1948, al Salone dell’Auto di Torino.
Ancora più forte il legame che si creò con gli appassionati dopo le tante prove di forza espresse sui campi di gara, che contribuirono in modo importante a creare l’impalcatura iniziale del mito di Maranello. Fra i successi messi a segno da questa “rossa”, meritano un particolare rilievo quelli raccolti da Biondetti e Salani alla Mille Miglia e da Luigi Chinetti e Lord Seldsdon alla 24 Ore di Le Mans. Un bel biglietto da visita per Enzo Ferrari e per la sua giovane casa automobilistica, che conobbe così una notorietà mondiale.
Sotto il cofano anteriore della Ferrari 166 MM pulsa un motore V12 da 2 litri di cilindrata, in grado di esprimere una potenza massima di 140 cavalli a 6.600 giri al minuto. Una dotazione energetica generosa rispetto alla cubatura, resa ancora più vigorosa dal peso contenuto del mezzo, che non portava l’indice della bilancia oltre i 650 chilogrammi. La spinta era rabbiosa per i canoni del suo tempo, fino alla punta velocistica di oltre 200 km/h. Al vigore energetico, il dodici cilindri del “cavallino rampante” abbinava una grande affidabilità. Fra i suoi plus emotivi le sonorità meccaniche da antologia regalate all’apparato uditivo, gestite col comando del gas e con il cambio manuale a 5 rapporti.
Questo cuore, disegnato dall‘ingegnere Colombo e perfezionato da Musso e Lampredi, è un piccolo grande capolavoro. Suo il merito principale delle doti del modello di cui ci stiamo occupando. La Ferrari 166 MM gode di un primato in rosa, essendo stata fino al 2019 l’unica “rossa” guidata da un equipaggio al femminile alla 24 Ore di Le Mans. Nella classica sfida francese, quando le lancette del tempo segnavano l’anno 1951, la creatura emiliana fu portata in pista da Betty Haig e Yvonne Simon, che giunsero al traguardo in quindicesima posizione, su una versione coupé.
Sul piano stilistico, i favori degli occhi e del cuore si orientano verso la “barchetta”. In questa configurazione, la Ferrari 166 MM tocca il suo diapason estetico. Nella carrozzeria si nota una prominente nervatura che scorre lungo la fiancata, alleggerendo visivamente il profilo, cui aggiunge slancio. Altri elementi di rilievo della tela espressiva sono gli sbalzi ridotti e la grande griglia frontale, che rielabora con lo schema a griglia della 125 S. La vettura vantava un’invidiabile agilità, grazie al passo di appena 2.20 metri. Oggi è un oggetto di alto collezionismo.
Fonte | Ferrari