Il 2025 è l’anno del quarantesimo anniversario dell’Autobianchi Y10, venduta all’estero con il marchio Lancia. Sono passati otto lustri dalla presentazione di questa city car, piccola e stilosa protagonista delle strade, negli effervescenti anni ottanta. Il suo ciclo commerciale andò avanti fino al 1995, in tre serie, ma qui ci occupiamo soltanto della prima, che è quella di cui si celebra il compleanno.
L’arrivo in società del modello prese forma al Salone dell’Auto di Ginevra, nel mese di marzo del 1985. Qui la vettura, destinata a prendere il posto della vecchia A112, si mise subito in evidenza per il suo stile innovativo, che rompeva gli schemi, specie nella parte posteriore, col portellone verticale in tinta nera (anche se alcune serie, come la Fila degli anni successivi, fecero ricorso a cromatismi diversi).
Il particolare taglio stilistico della terza porta fu l’elemento estetico più caratterizzante e discusso. Alcuni lo apprezzarono, altri non riuscirono mai a digerirlo, anche se il tempo fece metabolizzare meglio la particolare soluzione visiva, poi entrata nell’immaginario collettivo. Una cosa è certa: la personalità estetica non mancava certo alla city car torinese.
Buona l’efficienza aerodinamica della carrozzeria, testimoniata dal Cx di 0.31, frutto delle forme fluide e levigate, oltre che della coda tronca. Nel suo piccolo, l’Autobianchi Y10 puntava a guadagnare l’interesse del pubblico, per il suo taglio glamour. Inizialmente l’accoglienza fu fredda, sul piano commerciale. I suoi tratti innovativi avevano bisogno di un certo periodo di decantazione, prima di essere assimilati, ma non ci volle molto perché ciò accadesse.
A quel punto il successo fu sopra le aspettative, complice anche una campagna promozionale molto efficace, col claim “piace alla gente che piace“, reso credibile dal coinvolgimento di personaggi famosi negli spot pubblicitari. Il modello ebbe così lo sdoganamento cercato, nell’universo della “chiccheria”, pur se di matrice economica. A dispetto dell’indole utilitaria e popolare, la vettura di cui ci stiamo occupando guadagnò il rango di auto distintiva.
Molti professionisti la scelsero come piccola di famiglia, per i trasferimenti quotidiani nella tela urbana, senza mettere a rischio il loro status. In qualche modo l’Autobianchi Y10 era vista come una vettura di classe destinata all’uso cittadino, che non turbava l’ego personale, anzi con la capacità di assecondarlo.
Rispetto alla Fiat Panda, sulla cui piattaforma era basata, veniva collocata a un livello molto più alto nella percezione della gente. Anche i contenuti qualitativi, in termini di dotazioni e finiture, erano ben più gratificanti, specie in alcune versioni, il cui abitacolo era vestito con abbondati distese di Alcantara. La dotazione, specie attingendo alla lista degli optional, si poneva ben oltre la media del segmento. Qui alcune note del “lusso” facevano l’ingresso in un segmento poco nobile per definizione.
Il motore e la trazione dell’Autobianchi Y10 erano anteriori, come sulla donor car. Con questo modello fu portato al debutto il motore FIRE (Fully Integrated Robotized Engine), che molte gioie regalò al gruppo Fiat. Il cuore a 4 cilindri da 999 centimetri cubi di cilindrata, chiamato a lanciare la famiglia, diede il nome all’allestimento base del modello. Erogava 45 cavalli di potenza massima a 5000 giri al minuto, con una erogazione pronta anche ai regimi più bassi. Buone le performance, con un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 16 secondi e una punta velocistica di oltre 145 km/h.
Insieme a questa versione, composero la gamma iniziale dell’Autobianchi Y10 le varianti Touring e Turbo. La prima delle due puntava sul lusso. Ad animarne le danze ci pensava un cuore da 1049 centimetri cubi, con 56 cavalli di potenza erogati a 5850 giri al minuto, che regalavano uno scatto da 0 a 100 km/h in 14.5 secondi e velocità massima di 155 km/h.
La versione sovralimentata usava lo stesso motore, ma con l’aggiunta di un turbocompressore IHI con intercooler, per una potenza di 85 cavalli a 5750 giri al minuto. Un bel supplemento energetico, dai riflessi sensibili sul quadro prestazionale, che divenne molto più incisivo.
L’Autobianchi Y10 Turbo, con questo vigoroso cuore, poteva bruciare in 9.5 secondi il passaggio da 0 a 100 km/h, per spingersi in fretta fino alla punta velocistica di 180 km/h. Diverse le modifiche estetiche, specie a livello di paraurti, per dare una maggiore presenza scenica al modello, in questa veste pepata. Anche l’abitacolo guadagnò un tono più “racing”.
Negli anni a seguire, in gamma giunse anche la versione LX, a metà strada tra la Fire e la Touring. Poi fu il turno della 4WD, a trazione integrale, portata al suo debutto quando il contatore del tempo segnava il mese di ottobre del 1986. Qui il motore FIRE da 999 centimetri cubi erogava 50 cavalli a 5500 giri al minuto, per un passaggio da 0 a 100 km/h in 17.4 secondi e una velocità massima di 145 km/h. Il modello portava una ventata di moda nelle strade montane.
Fra le serie speciali dell’Autobianchi Y10, meritano di essere citate, oltre alla già menzionata Fila, la Martini e la Missoni, dai toni chic e da Dolce Vita, in linea con lo spirito spumeggiante dei meravigliosi anni ottanta. Al 1989 risale il concedo, per lasciare posto alla seconda serie del modello, con modifiche allo stile esterno ed interno e alle motorizzazioni. Nel 1992 arrivò la terza serie, dal look rimaneggiato in modo importante. Ma quella è un’altra storia, di cui ci occuperemo in circostanze diverse.








