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Lancia LC2: all’asta uno dei prototipi di gruppo C

Una collezione di auto sportive può essere impreziosita con un’auto da gara come la Lancia LC2. Ghiotta opportunità all’orizzonte.

Lancia LC2
Foto RM Sotheby's

Mettere in garage una vettura da corsa come la Lancia LC2 del 1984 e portarla in pista quando se ne presenta l’opportunità dev’essere un grande piacere. Qualcuno potrà realizzare il sogno nell’asta di Le Mans del 9 giugno, proposta da RM Sotheby’s. In quella sessione di vendita saranno offerte alla tentazione dei potenziali acquirenti diverse auto da gara legate alla sfida della Sarthe. Fra queste, anche la Sport della casa torinese, con telaio numero 0005. Al momento non si hanno notizie specifiche sull’esemplare: sarà nostra cura aggiornarvi quando la scheda di vendita sarà arricchita di dettagli sull’esemplare. Nessun dubbio sul fatto che si tratti di una ghiotta opportunità.

Questo prototipo di Gruppo C prese il posto della LC1 e scese in pista coi colori Martini Racing. Cuore pulsante del modello era un motore V8 sovralimentato, di origine Ferrari, ma preparato da Abarth e Lancia, che negli anni crebbe da 2.6 a 3.0 litri di cilindrata, per assecondare al meglio le esigenze agonistiche del momento. Base strutturale della Lancia LC2 era una telaio monoscocca in alluminio, progettato da Dallara. In kevlar la carrozzeria. Sue avversarie del tempo furono, soprattutto, le Porsche 956 e 962. A portarla in pista ci pensarono piloti del calibro di Michele Alboreto, Alessandro Nannini, Teo Fabi, Pierluigi Martini, Mauro Baldi e Bob Wollek.

Il debutto in gara avvenne alla 1000 km di Monza del 1983, vinta dalla Porsche 956 di Bob Wollek e Thierry Boutsen. Nelle 51 corse disputate, la Lancia LC2 mise a segno 3 successi, 13 pole position e 11 giri veloci. Poteva andare meglio. Il suo V8, con angolo di 90 gradi fra le bancate, aveva 32 valvole. Nella versione iniziale la sua cilindrata era di 2.599 centimetri cubi. In questa veste disputò i suoi primi impegni sportivi. Dalla 1000 km di Monza del 1984, il motore crebbe a 3.014 centimetri cubi.

Grazie alla coppia di turbocompressori KKK, la potenza in prova poteva spingersi fino a 1.000 cavalli, ma in gara era limitata a poco meno di 700 cavalli, per garantire l’affidabilità necessaria ad affrontare le sfide endurance. In fase di sorpasso, comunque, il pilota poteva giovarsi di un overboost regolabile per avere la spinta necessaria ad effettuare meglio la manovra. La vigorosa energia del sistema propulsivo era chiamata a spingere un corpo vettura il cui peso non superava gli 850 chilogrammi.

Per agevolarne la scorrevolezza aerodinamica, la sezione frontale fu inizialmente ridotta, con una larghezza notevolmente inferiore ai limiti regolamentarsi, ma poi le carreggiate furono allargate, per migliorare il comportamento dinamico. Il destino agonistico di questa vettura non fu brillante. La Lancia LC2 patì il confronto con le Porsche. A pesare sul suo palmares sportivo anche i problemi di surriscaldamento che si palesarono in corsa. Nel 1986 l’uscita di scena dal campionato, dopo appena due gare affrontate in quella stagione. La casa torinese decise di puntare su altre formula sportive.

Foto | RM Sotheby’s

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