Alfa Romeo lega la sua storia, in buona parte, alle esperienze vissute nell’emozionante universo del motorsport. I successi guadagnati in gara, specie negli anni in cui la Scuderia Ferrari costituiva il suo reparto corse, si sono scritti nella leggenda ed hanno contribuito in modo importante all’affermazione globale del marchio.
Rivivere il passato del “biscione” proietta in una dimensione romantica che merita di essere vissuta, anche nella semplice dimensione rievocativa, giovandosi magari di un articolo e di qualche video. Proprio quello che vogliamo concedervi oggi, con un post che passa in rassegna le auto da corsa Alfa Romeo utilizzate in ambito sportivo negli anni sessanta. Se il tema è di vostro interesse, non vi resta che seguirci nel viaggio esplorativo preparato per voi. Siete pronti? Girate la chiave d’accensione: si parte!
Alfa Romeo Giulietta SZ
Prodotta dal 1960 al 1963, questa coupé porta la firma di Ercole Spada per Zagato. I suoi tratti sono tondeggianti e morbidi, ma il carattere è grintoso. Del resto, la S della sigla sta per Sport. Nella prima versione, che prese forma fino al 1961, aveva la coda tonda. Questa è la variante esteticamente più gradevole e coerente. Poi fu il turno di quella a coda tronca, imposta da esigenze di ordine aerodinamico, che prevalsero sulle ragioni stilistiche.
La spinta era affidata a un motore a 4 cilindri in linea, da 1290 centimetri cubi di cilindrata, disposto anteriormente, in senso longitudinale, con doppio albero a camme in testa. Alimentato da 2 carburatori doppio corpo, sviluppava una potenza massima di 98 cavalli a 6500 giri al minuto, su un peso a secco di 840 chilogrammi. Il suo impiego fu trasversale nell’universo agonistico, spaziando dalle gare su pista ai rally. In questa specialità del motorsport giunse il primo successo, a breve distanza dalla presentazione.
L’Alfa Romeo Giulietta SZ, infatti, si impose alla Coupe des Alpes del 1960, piegando la resistenza dei rivali. Nella stessa sfida si ripeté qualche anno dopo, nel 1963. Furono due successi di grande prestigio, che impreziosirono il suo palmares. Numerosi i successi raccolti nelle corse GT, che le fecero guadagnare la Coppa Internazionale Gran Turismo del 1961. Nel Campionato del Mondo Granturismo, la Giulietta SZ consentì all’Alfa Romeo di guadagnare il terzo posto nella classifica finale, dietro Ferrari e Porsche.
Alfa Romeo Giulia TZ
Le ultime due lettere della sigla stanno per Tubolare Zagato ed illustrano due caratteristiche del modello. Questa vettura del “biscione” fece il suo debutto i società nel 1963. Il progetto tecnico dell’Alfa Romeo Giulia TZ porta la firma di Orazio Satta Puliga e Giuseppe Busso. La firma stilistica, invece, è quella di Ercole Spada per Zagato. A lui fu affidato il compito di vestire il telaio tubolare al nickel-cromo dell’auto. Notevole il risultato finale, non tanto sul piano della bellezza, comunque presente, quanto su quello del carattere.
Nei volumi della carrozzeria si legge la provenienza del suo design. La riconoscibilità è uno dei suoi punti di forza. Anche in questo caso c’è la coda tronca, come sulla seconda versione della Giulietta SZ. Un’evoluzione concettuale della scelta fatta per la sorella, che affinava ulteriormente l’efficienza aerodinamica. Qui l’energia dinamica giunge da un bialbero a quattro cilindri, da 1570 centimetri cubi.
Un cuore mutuato dalla Giulia TI, che nelle versioni da gara raggiungeva i 160 cavalli di potenza massima, partendo dai 112 delle vetture stradali. Il tutto su un peso di soli 660 chilogrammi. Facile intuire il tenore prestazionale, solo in parte illustrato dalla velocità massima di 240 km/h, raggiungibile nello step finale. A contrastarne la foga provvedevano quattro freni a disco. Notevole l’affidabilità del modello. Diversi i successi raccolti in gara, a partire dal poker di classe messo a segno in una gara monzese della FISA del 1963. Sul piano stilistico, da segnalare la presenza, sull’Alfa Romeo TZ, di un lunotto diviso in tre parti.
Alfa Romeo Giulia GTA e GTA 1300 Junior
Lanciata nel 1965, questa coupé gode ancora oggi dell’ammirazione degli appassionati. Nella sigla dell’auto ci sono tre lettere che illustrano la sua identità. Sono l’acronimo di Gran Turismo Alleggerita. Il modello prese le mosse dalla Giulia Sprint GT, affinata da Autodelta. Dal lavoro di affinamento nacque una vettura più leggera di oltre 200 chilogrammi.
Una cura dimagrante davvero sostanziosa, che cambiò in meglio il profilo dinamico e prestazionale del veicolo. Il risultato fu reso possibile, in buona parte, dall’ampio uso, sui pannelli della carrozzeria, di una lega d’alluminio speciale, nota come Peraluman 25. A muovere i 745 chilogrammi del mezzo ci pensavano i 115 cavalli erogati dal motore bialbero a 4 cilindri in linea da 1.6 litri di cilindrata, alimentato da due carburatori doppio corpo Weber.
Questa energia, scaricata a terra con un cambio manuale a 5 marce, si traduceva in un livello di performance molto tonico rispetto alla cilindrata, almeno per i canoni di quei tempi. La velocità massima di oltre 185 km/h non illustra a sufficienza la sua tempra. Sulle versioni da gara il quadro dinamico diventava ancora più favorevole, con una potenza massima portata a 170 cavalli e un peso ridotto fino alla soglia dei 700 chilogrammi. In questa veste l’Alfa Romeo Giulia GTA seppe guadagnare un ottimo palmares. La striscia vincente fu proseguita dalla GTA 1300 Junior del 1968, con un motore da 1.3 litri, che in versione racing metteva sul piatto 160 cavalli ed anche oltre.
Alfa Romeo Tipo 33 e 33/2
Questo prototipo da gara fece il suo debutto nel 1967 ed era l’arma cui la casa milanese affidava le sue speranze in ambito sportivo. Il suo esordio in gara avvenne in Belgio, nella gara in salita di Fléron, dove guadagnò il successo. L’energia vitale giungeva da un motore V8, da 2 litri di cilindrata, capace di sviluppare una potenza massima di 273 cavalli, su un peso nell’ordine dei 600 chilogrammi. Questo dato alla bilancia fu reso possibile anche dalla scelta di una carrozzeria in resina sintetica e fibra di vetro, che andava a vestire il telaio a traliccio integrato da elementi scatolati.
Purtroppo, nel mondiale marche del 1967, le cose non andarono nel verso sperato. Il miglior risultato stagionale fu un quinto posto alla 1000 km del Nürburgring. I tecnici del “biscione” si misero al lavoro e l’anno dopo diedero forma alla sua evoluzione, nota come 33/2. L’auto raccolse una tripletta di classe alla 24 Ore di Daytona del 1968, ma il successo assoluto fu della Porsche 907.
Buono anche il risultato raccolto alla Targa Florio di quell’anno, dove il prototipo dell’Alfa Romeo mise a segno una doppietta di classe, oltre che i due gradini più bassi del podio, alle spalle della Porsche 907 di Elford e Maglioli. Altri successi di classe giunsero alla 1000 km del Nürburgring e alla 24 Ore di Le Mans 1968, dove fu tripletta nel proprio raggruppamento. Grazie a questa vettura, la casa milanese mise a segno il terzo posto assoluto in classifica costruttori, dietro la Ford e la Porsche.
Alfa Romeo 33/3
Siamo al cospetto di uno dei prototipi più carismatici della casa del “biscione”. L’Alfa Romeo 33/3 spinge in alto le pulsazioni cardiache degli appassionati, con la forza del suo carisma. Con questa vettura, il compianto Nino Vaccarella, in coppia con Toine Hezemans, vinse la Targa Florio del 1971, stretto nell’abbraccio del pubblico di casa.
All’inizio, l’avventura sportiva del modello non fu folgorante, ma nel 1970 alcuni buoni piazzamenti aprirono alla speranza di un futuro più luminoso. I tecnici si misero al lavoro, migliorando il pacchetto, così l’auto da gara del “biscione” si presentò più tonica che mai ai nastri di partenza della stagione sportiva 1971. Crebbe la potenza, ma il processo di affinamento prese forma su uno spettro più ampio, facendo crescere in modo significativo il profilo prestazionale del prototipo milanese.
I risultati in gara mostrarono l’efficacia degli interventi posti in essere. Su tutti, il già citato successo alla Targa Florio. Da mettere in evidenza anche la vittoria conseguita da Andrea de Adamich ed Henri Pescarolo alla 1000 km di Brands Hatch. La tabella di marcia della 33/3 consentì all’Alfa Romeo di guadagnare il secondo posto finale nel mondiale marche, con 51 punti all’attivo, contro i 72 della Porsche, leader della serie. Terzo posto per Ferrari, con 26 punti. Nella veste iniziale, la vettura pesava meno di 700 chilogrammi, spinti con vigorosa energia dai 425 cavalli messi sul piatto da un rombante motore V8 da 3 litri di cilindrata. Poi la potenza si fece ancora più alta ed anche il quadro dinamico guadagnò ulteriori galloni di efficienza.