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Alfa Romeo Zagato: focus su 3 modelli stradali e da gara

Ecco alcune auto che celebrano, in modo diverso, il prezioso legame fra due marchi storici del Made in Italy.

Alfa Romeo Zagato
Foto di Lienhard-Racing-Photo da Pixabay

Quello tra Alfa Romeo e Zagato è stato un matrimonio importante sul piano culturale e ha dato vita a modelli di un certo rilievo per il marchio milanese. Oggi ne abbiamo scelti 3, capaci di rendere più preziosa ed assortita una collezione di modelli del “biscione”. Seguiteci nel viaggio alla loro scoperta. Allacciate le cinture: si parte!

Alfa Romeo Giulia TZ

Le due lettere finali della sigla illustrano una caratteristica tecnica e la paternità stilistica, essendo l’acronimo di Tubolare Zagato. Le Alfa Romeo TZ hanno scritto pagine importanti nella storia della casa del “biscione“. Queste vetture, pensate per le corse, hanno preso forma dal 1963, in tre diversi step evoluti. Ad aprire la famiglia ci pensò la Giulia TZ, nota più semplicemente come TZ, il cui ciclo produttivo è andato avanti fino al 1965. Alla sua progettazione concorsero 2 tecnici di grandissimo spessore: Giuseppe Busso e Carlo Chiti. Notevole anche l’apporto di Orazio Satta Puliga.

La definizione estetica della carrozzeria fu curata da Ercole Spada, per Zagato. Il frutto del suo impegno creativo è un’auto dal look aggressivo e corsaiolo, che mette subito in chiaro la sua vocazione. Qui gli aspetti funzionali, come quelli aerodinamici, hanno preso il sopravvento su quelli artistici, senza inficiare questi ultimi.

L’energia dinamica giunge da un motore bialbero da 1570 centimetri cubi di cilindrata, che sviluppa una potenza massima di 112 cavalli a 6500 giri al minuto, per 215 km/h di punta velocistica. La cifra energetica cresce a 160 cavalli sulla versione da gara, che può spingersi fino ai 240 km/h. Sul piano telaistico, la scelta è caduta su una struttura tubolare in acciaio al nickel-cromo, a sezioni variabili. Il peso registrato alla bilancia è nell’ordine dei 660 chilogrammi. Luminoso il suo palmares sportivo.

Dopo di lei giunse l’Alfa Romeo Giulia TZ2, sua evoluzione. Il look, nella nuova veste, guadagna una presenza scenica più snella e meno ingessata. Anche in questo caso la firma stilistica è quella di Ercole Spada. Non sarebbe stato necessario puntualizzarlo, perché emerge chiaramente nei tratti, ma farlo non costa fatica. Qui il motore bialbero Twin Spark a quattro cilindri in linea da 1570 centimetri cubi eroga 170 cavalli a 7600 giri al minuto, per una velocità massima nell’ordine dei 245 km/h.

Come riferito in un’altra circostanza, in questo caso, a differenza che sulla TZ, la vettura fu pensata esclusivamente per l’uso agonistico. Il peso scese ancora di più, fissandosi a quota 620 chilogrammi, nonostante l’incremento dimensionale. Un risultato reso possibile anche dall’uso di una carrozzeria in fibra di vetro, su un telaio tubolare. Migliorata l’efficienza aerodinamica, che ebbe un peso specifico ancora maggiore nella definizione del progetto. Solo 9 esemplari del modello presero forma. Notevole la sua grazia agonistica, con buoni risultati sui campi di gara.

Le Alfa Romeo TZ3 Corsa e Stradale sono le declinazioni moderne di questa famiglia, per scrivere in chiave contemporanea le note dello storico sodalizio fra Zagato e la casa del “biscione”. Il primo è un esemplare unico; l’altro ha preso forma in tiratura limitata di 9 pezzi, destinati a grandi cultori del marchio milanese.

Alfa Romeo Junior Zagato

Non è un’auto dal fascino stellare, ma si distingue dalle altre ed ha offerto degli spunti creativi interessanti. La sua costruzione avvenne a partire dal 1969. Il progetto stilistico, anche in questo caso, porta la firma di Ercole Spada per Zagato. Fra le righe della sua carrozzeria se ne legge la paternità. Il vernissage in pubblico del modello avvenne al Salone di Torino, dove suscitò un certo livello di curiosità.

Anche se il ciclo produttivo andò avanti fino al 1975 (quindi per oltre un lustro), i suoi volumi commerciali furono bassi. Questa coupé, infatti, prese forma in soli 1510 esemplari. D’altronde l’obiettivo dei vertici aziendali non era quello di mettere a segno grandi numeri. Giuseppe Luraghi strinse l’accordo con la Carrozzeria Zagato per delle piccole serie derivate dalla Giulia.

All’inizio del suo percorso di vita, l’Alfa Romeo Giulia Zagato si è giovata della spinta di un motore a quattro cilindri in linea da 1290 centimetri cubi. Questo cuore, alimentato da una coppia di carburatori doppio corpo Weber, sviluppa una potenza massima di 89 cavalli a 6000 giri al minuto, per 175 km/h di punta velocistica. La potenza crebbe a 109 cavalli con la sorella maggiore da 1570 centimetri cubi, giunta dopo qualche tempo.

Qui il quadro prestazionale si faceva più vigoroso, non solo sul piano della velocità massima, che poteva spingersi fino ai 190 km/h. In questo caso la lunghezza crebbe di 10 centimetri rispetto a prima. A fare da donatrice di organi ci pensò l’Alfa Romeo GT Junior. Un cambio manuale a cinque rapporti aiutava il pilota a scaricare la potenza sulle ruote posteriori.

Sul fonte stilistico, un elemento fortemente caratterizzante era la copertura in plexiglas dei gruppi ottici anteriori e dell’intera mascherina, fatta eccezione per il logo Alfa Romeo, rimasto scoperto. L’azione frenante faceva capo ad un impianto a dischi. Il corpo vettura era a scocca metallica autoportante a struttura progressivamente differenziata. Le sospensioni anteriori a ruote indipendenti si coniugavano a un meno raffinato ponte rigido sull’asse posteriore.

Alfa Romeo SZ ed RZ

Non è una regina delle passerelle, perché non ha un look da top model. La sua presenza scenica, però, è molto forte. Lo stile non la mette sul trono dei concorsi d’eleganza: questa vettura si offre allo sguardo con l’aspetto da dura, senza leziosità stilistiche. L’Alfa Romeo SZ ha preso forma dal 1989 al 1991. Nella parte terminale della sigla sono riportate due lettere, acronimo di Sprint Zagato. Un modo per narrare, sin dal primo momento, la sua natura e la firma di cui si fregia.

Anche se è lontana anni luce dai canoni della bellezza, ha un certo fascino, connesso alla sua particolarità. Quest’auto sportiva, infatti, vanta un carattere forte e unico, sul piano del design. Ciò la rende inconfondibile. Impossibile scambiarla con qualsiasi altra vettura del passato e del presente. L’identità è a prova di bomba. Al cospetto di una creatura del genere non ci sono mezze misure: o la si ama o la si odia. L’indifferenza non è ammessa.

Crea sintonie più estese l’abitacolo che, per quanto specializzato, mette d’accordo un maggior numero di persone. Forse perché, tutto sommato, è più convenzionale. Cuore pulsante del modello è un V6 Busso da 2959 centimetri cubi di cilindrata, che mette sul piatto 210 cavalli di potenza massima, a 6200 giri al minuto. Quanto basta per spingere l’Alfa Romeo SZ a 100 km/h, con partenza da fermo, in 7 secondi netti. La velocità massima tocca quota 245 km/h: sono cifre di un certo interesse, ma rispetto al look risultano forse un po’ sottotono.

Ciò che non delude è il comportamento stradale, di alta gamma. Parte del merito va alle sospensioni, messe a punto da Giorgio Pianta. La presenza della trazione posteriore è un valore aggiunto nell’ottica del piacere di guida. Da questa vettura è stata ricavata anche una versione scoperta, la RZ, acronimo di Roadster Zagato.

La variante en plein air è stata prodotta dal 1992 al 1993, in un numero estremamente ridotto di esemplari, a causa della richiesta inferiore alle aspettative. Il look è più gradevole che sulla coupé, ma il peso più alto, a parità di scheda tecnica, si riflette in un profilo prestazionale meno incisivo, testimoniato dall’accelerazione da 0 a 100 km/h, qui coperta in 7.8 secondi.

La velocità massima cala a quota 230 km/h. Resta di ottimo livello, però, l’handling, paragonabile a quello della sorella chiusa. La scheda tecnica parla di scocca portante in acciaio con rivestimento in materiale composito (Modar e fibra di vetro), di motore anteriore, di cambio a 5 marce, di trazione posteriore.

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