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Ferrari Meera S: in pole fra le più brutte di sempre

Le “rosse” sono le sportive da sogno per antonomasia, ma non è mancata qualche nota stonata.

Ferrari Meera S Michelotti

La Ferrari Meera S è un’auto sportiva in esemplare unico realizzata nel 1983 da Michelotti, per soddisfare una specifica richiesta della famiglia reale saudita. Questo modello nacque come omaggio per la moglie del principe Saoud, figlio dell’allora re dell’Arabia Saudita. Da lui giunse l’incarico al noto carrozziere italiano, che diede vita a un’interpretazione esclusiva. Oggi una vettura del genere sarebbe chiamata one-off.

Come base di lavoro fu scelta una Ferrari 400i. Per il resto, l’opera tenne conto, in modo minuzioso, delle indicazioni provenienti dal facoltoso committente. Questo compromise la qualità del design finale, lontano dagli standard del “cavallino rampante”. Non è la prima volta che è un’auto su commissione perde la classe delle creature di Maranello. Avere tanti soldi, infatti, non garantisce il buon gusto o, quantomeno, il rispetto dei dettami della tradizione.

Uno stile insolito

Qui si ripetono alcuni tratti spigolosi della 400i, ma l’impressione è di trovarsi al cospetto di un’auto orientale, per il taglio espressivo in qualche modo connesso agli stilemi giapponesi. La verniciatura in Bianco Fuji mette ancora più in risalto le marcate differenze con la fisionomia tipica delle Ferrari convenzionali. Anche l’abitacolo scrive uno stile nuovo ed originale, a tratti futuristico. Fra display e moduli frutto della destrutturazione del cruscotto, si ritagliava il suo spazio il monitor della telecamera che sostituiva lo specchietto retrovisore interno.

In anticipo sui tempi c’era un sistema di aria condizionata bizona per i passeggeri anteriori: una soluzione ante litteram per la gestione separata dei flussi. Per il resto, sfarzo a profusione, con pellami ed altri materiali molto raffinati in ogni dove.

Come dicevamo, questa Ferrari è in buona posizione per concorrere al rango di “rossa” più brutta di sempre. Poche persone la conoscono. Non è una grave perdita. Fra le innovazioni ingegneristiche troviamo i quattro tergicristalli laterali: una cosa davvero insolita. Ecco il suo numero di telaio: 41421. Un codice che identifica un passo falso creativo, almeno ad avviso dello scrivente.

Un dodici cilindri per anima

La spinta fa capo a un motore V12 da 4823 centimetri cubi di cilindrata, con due valvole per cilindro ed alimentazione al passo coi tempi. Si tratta di un cuore generoso e affidabile, che tocca una potenza massima di 315 cavalli a 6500 giri al minuto. Quanto basta per raggiungere una punta velocistica di 245 km/h.

L’energia che pulsa sotto il cofano è, come già avrete capito, quella del propulsore che spinge la 400i. Grazie all’iniezione Bosch K-Jetronic, le restrittive norme sulle emissioni di scarico in vigore in quegli anni negli Stati Uniti erano rispettate. Anche in questo caso, per l’architettura del telaio, si puntò su uno schema a traliccio di tubi d’acciaio a diversa sezione. La lubrificazione era a carter umido.

Sia davanti che dietro, le sospensioni erano indipendenti, con quadrilateri trasversali, molle elicoidali, ammortizzatori telescopici, barra stabilizzatrice. Non si hanno notizie ufficiali sulle prestazioni in accelerazione della Ferrari Meera S, ma le cifre non dovrebbero essere dissimili da quelle espresse dalla 400i, che scattava da 0 a 400 metri in 15.8 secondi e copriva il chilometro con partenza da fermo in 27.9 secondi. Oggi questo pezzo unico è in vendita.

Fonte | Tuningblog

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