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3 Ferrari sconosciute al grande pubblico 

Il nome o l’aspetto di tante Ferrari sono noti alle masse, alcuni modelli però non hanno fatto presa.

Ferrari SP1

Le Ferrari, in genere, sono auto molto conosciute, per il loro fascino contagioso, che entra nel cuore della gente. Ci sono, però, dei modelli che sfuggono anche agli appassionati. Tutti sanno riconoscere una F40, una Testarossa, una 250 GTO. Molti sanno cos’è la P4/5 di James Glickenhaus, ma davvero pochi hanno idea di cosa sia, per esempio, la Ferrari FX.

Oggi abbiamo raccolto alcune delle Ferrari più sconosciute al grande pubblico. Sono modelli che, o per ragioni di riservatezza o per il look fuori dai canoni abituali, non hanno guadagnato sufficiente spazio nei media e, soprattutto, nell’apparato emotivo degli appassionati. In alcuni casi, queste vetture hanno portato in dote delle soluzioni molto interessanti sul piano tecnico. Restano però confinate nell’ombra, perché incapaci di toccare le giuste corde emotive.

Fra i modelli scelti ve ne sono due nati per soddisfare le richieste di facoltosi collezionisti della casa di Maranello. L’altro, invece, è il frutto di un lavoro sperimentale destinato alla cornice salonistica. Un po’ come gli abiti di alta moda portati in passerella per mostrare uno slancio creativo, senza nessuna ambizione commerciale diretta. Se volete seguirci in questo insolito viaggio, non vi resta che allacciare le cinture di sicurezza ed accendere il motore.

La FX del Sultano del Brunei

La Ferrari FX è un’auto sportiva che ha tradotto una concept car in una serie speciale di pochi esemplari, finiti nella collezione da sogno del Sultano del Brunei. Quell’uomo, per anni, ha occupato la posizione al vertice nella classifica dei Paperoni del mondo. A lui si deve l’origine della vettura, nata per arricchire una raccolta unica e preziosa, con centinaia di “rosse” al suo interno. Il debutto in società avvenne senza troppi clamori nel 1995. Forse fu lo stesso committente a pretendere un po’ di riservatezza per questa creatura, misteriosa anche nella sigla.

Dicevamo che il Sultano del Brunei, al secolo Hassanal Bolkiah, se la fece costruire secondo le sue specifiche e in tiratura ridotta di pezzi. Uno fu poi acquistato dal collezionista americano Dick Marconi per il suo museo californiano. Donatrice di organi per la Ferrari FX fu inizialmente la splendida Ferrari Testarossa, da cui ereditava il telaio e il motore a dodici cilindri contrapposti da 5 litri di cilindrata. Poi il ruolo fu preso dalla F512 M, con il suo cuore portato ad oltre 440 cavalli di potenza.

Purtroppo per lei, sul piano stilistico, il paragone risulta impietoso con le supercar del “cavallino rampante” prima menzionate. La FX non è nemmeno lontanamente paragonabile, in termini di fascino e bellezza, alla Testarossa. Anche rispetto alla F512 M è molto indietro, esteticamente parlando. Il progetto prese forma nel reparto prototipi di Pininfarina, ma il look pagò dazio ai gusti del ricco acquirente che, nel caso in esame, non furono al top. Questo spiega perché il modello non è mai entrato nelle corde emotive degli appassionati, anche se pochi hanno avuto la possibilità di vederlo dal vivo.

L’impressione è quella di trovarsi al cospetto di un’auto goffa e poco armonica nella sua tela espressiva. Pensando alle sublimi alchimie dialettiche della Testarossa, si rimane inevitabilmente delusi di fronte a questa interpretazione. Sul piano tecnico, però, il discorso è diverso. Il cambio è infatti più evoluto: qui c’è un sequenziale a 7 rapporti derivato da quelli delle monoposto di Formula 1. A dare un aiuto ci pensò un team inglese.

La carrozzeria era in fibra di carbonio, per inseguire il tema della leggerezza e della raffinatezza. Il radiatore fu spostato davanti, revisionando le architetture tecniche. Inevitabile un nuovo aspetto. Dalle voci di corridoio, sembra che la Ferrari FX sia molto piacevole da condurre. Le emozioni regalate al pilota pare siano superiori a quelle delle “rosse” a lei contemporanee.

Ferrari Rainbow

La Ferrari Rainbow è una delle auto più stravaganti di sempre fra quelle col “cavallino rampante” sul cofano. Difficile cogliere un fil rouge con altre proposte del marchio emiliano. La grande originalità non è bastata a renderla nota alle grandi masse. Solo pochi appassionati sanno di cosa si tratta. La concept car di cui ci stiamo occupando, chiamata anche Ferrari 308 GT Bertone Rainbow, risale all’ormai lontano 1976.

Fra le sue peculiarità, la presenza di un tetto retrattile che, una volta aperto, trovava spazio dietro i due sedili. Una soluzione che, in qualche modo, ha fatto scuola, per il suo meccanismo. Presentata al Salone dell’Auto di Torino, la Ferrari Rainbow non puntava alla produzione di serie. Voleva soltanto essere un’auto da salone, da cui magari trarre spunti per realizzazioni future. Questa vettura usava lo stesso telaio della 308 GT4, ma con passo accorciato di 10 centimetri. Il look era radicalmente diverso, anche se geometrico come quello dell’altra.

Le sinuosità tipiche delle opere del “cavallino rampante” qui era impossibile ritrovarle. Neanche al microscopio si sarebbero viste. Come abbiamo riferito in un post precedente, questa proposta della carrozzeria italiana Bertone nacque per proporre una ricerca stilistica alternativa rispetto ai canoni rituali. Anche la parentela con la donatrice non emerge, pur portando la stessa firma creativa.

Del resto l’obiettivo era quello di dar luce a qualcosa di radicalmente nuovo e diverso. Se l’originalità non manca, è anche vero che i canoni espressivi non sono quelli abitualmente connessi al tema della bellezza. Rimette in sintonia con la storia di casa Ferrari il motore, che resta il V8 da 3.0 litri dell’auto che le ha prestato il telaio. Del resto, non avrebbe avuto senso mettere mano a un cuore del genere, dotato delle caratteristiche giuste per quel tempo.

I 255 cavalli di potenza messi sul piatto erano una cifra adeguata a soddisfare i gusti anche più estremi, perché si trattava di purosangue di razza, ancora oggi capaci di emozionare. Solo pochi soggetti hanno potuto vivere la loro spinta en plein air, sulla Ferrari Rainbow. A questa vettura, non seducente, va comunque il merito di una grande pulizia stilistica. Il cuore e gli occhi, però, cercano altro.

Ferrari SP1

La Ferrari SP1 è stata il primo frutto del nuovo programma di personalizzazione voluto dalla casa di Maranello, che consente ai clienti speciali di cucirsi un’auto su misura, proprio come ai vecchi tempi. Punto di partenza fu la piattaforma della F430, da cui eredita anche le prestazioni e il carattere. Ma dal punto di vista stilistico è un prodotto completamente nuovo, nato su espressa richiesta di uno dei più grandi collezionisti del “cavallino rampante”, il giapponese Junichiro Hiramatsu.

Per dare forma al suo sogno, il fortunato acquirente si rivolse a Leonardo Fioravanti, autore di alcune delle più belle “rosse” della storia. Il modello esprime una grande determinazione, ma l’impianto stilistico è condizionato dal gusto orientale del committente. Questo spiega la presenza di alcuni schemi insoliti per il marchio emiliano. Con altri riferimenti Fioravanti avrebbe saputo svolgere meglio il tema, come dimostra la sua collana di capolavori, entrati a pieno titolo nell’antologia del design. Ma in questo caso il maestro italiano si è dovuto confrontare con i parametri vincolanti della piattaforma e con il gusto del proprietario.

Difficile, anche per un campione della specialità come lui, conciliare perfettamente dei fattori così restrittivi. È come se si volesse cambiare la fisionomia di una casa, mantenendo l’area della facciata, il taglio dei balconi e il disegno delle finestre. Il risultato finale, per quanto valido, mancherà comunque di quella coerenza dialettica che si sarebbe avuta partendo dal classico foglio bianco. Il fatto è che la SP1 appare meno armonica della macchina di partenza. Ma in fondo, anche la F430 lo è meno della 360 Modena.

Concludiamo con la sigla, che significa Special Project 1, per evidenziare l’esclusività delle origini. Un concetto ribadito nell’abitacolo, attraverso una preziosa placca firmata dall’autore. La Ferrari SP1 è, come dicevamo, una one-off, un esemplare unico. Il suo arrivo in società avvenne nel 2008. A lei va il merito di aver portato al debutto lo speciale programma ideato dalla casa di Maranello per soddisfare i gusti di quei clienti ricchi e affezionati, desiderosi di confezionarsi una “rossa” su misura.

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