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Auto elettriche: Motus-E risponde a Cingolani

Auto elettriche: il ministro della Transizione ha espresso dubbi sul fatto che la transizione debba essere rapida. L’associazione replica

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Continua il dibattito sulle auto elettriche. Roberto Cingolani. Il ministro della Transizione ecologica nel Governo Draghi (nonché fisico e accademico) ha espresso dubbi sul fatto che la transizione elettrica debba essere rapida. Cingolani parte da alcuni numeri: l’Italia ha circa 35 milioni di auto, di cui 13 milioni sono Euro 0, Euro 1 ed Euro 2. Da solo questo pacchetto, un terzo di tutte le vetture,  fa più inquinamento di tutte le altre. Serve la macchina elettrica accessibile a tutti.

Quindi? Serve cautela e gradualità. Per Cingolani, meglio sviluppare motori a basso costo, caso mai mild hybrid. Così fra cinque, sei, sette anni, s permette a quelli che non possono oggi permettersi una macchina elettrica di comprarne una. In parallelo, a provocazione del ministro, intervenuto in un seminario, in riferimento alla recente proposta della Commissione di stoppare la vendita di auto termiche entro il 2035: se anche le supercar di nicchia dovessero essere completamente elettriche, incluse le Ferrari, chiuderemmo la Motor Valley.

L’opinione di Motus-E sulle auto elettriche

Ma sentiamo, su Quattroruote.it, cosa dice Motus-E:  prima associazione in Italia costituita da operatori industriali, filiera automotive, mondo accademico e movimenti di opinione per fare sistema e accelerare il cambiamento verso la mobilità elettrica. 

A parlare è Francesco Naso, segretario generale di Motus-E. Sintetizziamo il suo pensiero. La base di partenza sono gli studi scientifici che hanno dimostrato una cosa: la mobilità elettrica è un percorso efficace di decarbonizzazione dei trasporti. Ovunque. Anche in quei Paesi in cui il mix di generazione di energia elettrica è dipendente dal carbone (come Polonia, Cina e India). Così, si ha un miglioramento della qualità dell’aria nei centri urbani che i veicoli elettrici garantiscono, al contrario di quelli che sfruttano altre tipologie di alimentazione. 

Quale studio su tutti? Quello dell’ICCT (International Council on Clean Transportation), che ha analizzato l’intero ciclo di vita (Lca) di tutti i tipi di propulsori rilevanti. 

I numeri sulle elettriche

Poi un paio di numeri snocciolati da Naso: il 40% del fabbisogno di energia elettrica è prodotto da fonti rinnovabili (report Gme 2020) e meno del 3% proviene da centrali a carbone, che dovrebbero essere dismesse entro il 2025. Dalle dichiarazioni del ministro Cingolani, sembra evincersi un maggiore peso della produzione da carbone che, invece, è quasi del tutto irrilevante. Risultato: la percentuale di fonti rinnovabili previste nel mix per la produzione di energia elettrica è destinata a crescere.

Inoltre, gli incentivi auto hanno l’obiettivo di raggiungere quote di mercato minime relative ai veicoli con emissioni comprese nella fascia 0-60 g/km di CO2, in modo da abbassare il prezzo di acquisto per tutti i segmenti, specialmente quelli A e B, che in Italia registrano il maggior numero di vendite. Target in Italia: 4 milioni di veicoli elettrici puri e 2 milioni di ibridi plug-in nel 2030. Un contributo fondamentale per ridurre del 40% le emissioni del settore trasporti.

Ci sarà la riduzione del circolante totale nei prossimi 10-15 anni, che può diminuire di almeno 4 milioni di unità, con la rottamazione delle vetture Euro 0-4.

Dopodiché, esiste il problema posti di lavoro a rischio in Italia, con lo sviluppo dell’auto elettrica. La soluzione? Aiutare le nostre imprese, favorendo fusioni e acquisizioni. Serve anche rafforzare il credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo di prodotto.

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