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Petrol mafia: attenzione al Recovery Fund

I sindacati dei gestori di benzina si chiedono: come destinare i fondi europei a un settore infestato dalla criminalità?

petrol mafia

Si accende il dibattito sui soldi che l’Ue presterà all’Italia: dove investirli? Qualcuno pensa al mercato dei carburanti. Ma qui intervengono Faib, Fegica, Figisc, rispettivamente di Confesercenti, Cisl, Confcommercio: sono i sindacati dei gestori di benzina. Ecco la premessa: il 30% del mercato dei carburanti è di origine clandestina, in mano alla criminalità organizzata. Pertanto, come destinare i fondi europei a un settore infestato dall’illegalità? L’allarme petrol mafia mette in guardia chi vuole destinare parte del Recovery Fund a quel comparto.

Petrol mafia: da estirpare

Adesso, il fenomeno è esploso anche mediaticamente: evasione fiscale, riciclaggio, giro di società false per business da miliardi di euro. Ma tutto era noto da tempo. Sentite Sandro Raimondi, Procuratore Repubblica di Trento, nel corso dell’audizione del 5 novembre 2019 alla Camera: “Nella distribuzione carburanti, c’è un ingresso incontrollato di soggetti. Il traffico illecito di prodotti petroliferi ha assunto una rilevanza estremamente pesante e pericolosa. Anche per il controllo da parte della criminalità organizzata. Il 30% del venduto sfugge all’imposizione fiscale per un valore di circa 10-12 miliardi di euro”.

Ora il traffico illecito profittevole è quello dei carburanti sottratti a ogni tipo di controllo, resi attraenti dall’alta incidenza di accise e IVA (circa 1 euro su ognuno degli oltre 30 miliardi di litri movimentati in Italia ogni anno).

La petrol mafia si fa strada nell’importazione di prodotti finiti, nello stoccaggio primario e secondario, nella la logistica. La stessa Agenzia delle Dogane, sempre in audizione in Parlamento, ha avuto modo di evidenziare il ruolo dei numerosi soggetti che continuano a fare ingresso nel mercato in modo del tutto incontrollato.

  • In Italia sono registrati oltre 23.800 punti vendita, contro i 14.400 della Germania, 11.600 della Spagna, 11.000 della Francia, 8.400 della Gran Bretagna. L’erogato medio per impianto in Italia è di 1.367mila litri, invece dei 2.517mila in Spagna, dei 3.740mila in Germania, dei 3.894mila in Francia, dei 4.170mila in Gran Bretagna.
  • Oltre 1.000 le società che risultano proprietarie dei punti vendita e titolari di autorizzazione.
  • 240 i marchi esposti sulle strade.
  • Di queste solo 4 sono di compagnie petrolifere integrate dopo che tutte le multinazionali (Royal Shell, Total ed Exxon Mobil) sono in pochi anni fuggite dall’Italia con i loro investimenti insieme al naturale “presidio” del territorio che solo aziende strutturate possono offrire.
  • Solo 9.000 punti vendita sono di proprietà di Eni, IP/Api, Q8 e Tamoil: una ulteriore consistente parte espone solo i “colori in convenzione” su impianti di altri soggetti, senza che di questo il consumatore sia minimamente consapevole.

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