La riduzione dei costi è diventata una priorità assoluta per l’industria automobilistica globale. Oggi più che mai contenere le spese è indispensabile per riuscire a proporre auto con prezzi accessibili e un buon rapporto qualità-prezzo. I costruttori occidentali fanno sempre più fatica a tenere sotto controllo i bilanci, mentre le aziende cinesi affrontano il tema con un approccio radicalmente diverso. Tesla ha osservato attentamente questo modello e ne ha tratto importanti insegnamenti, riuscendo a trasformarlo in un vantaggio competitivo. Smontando e studiando da vicino le auto elettriche cinesi, il marchio americano ha affinato le proprie strategie industriali.
Smontare i veicoli della concorrenza è una pratica diffusa e perfettamente normale nel settore. Per affrontare un rivale bisogna prima conoscerlo a fondo. Lo stesso Jim Farley, amministratore delegato di Ford, ha ammesso apertamente di aver guidato per diversi mesi una Xiaomi SU7 per comprenderne pregi e soluzioni tecniche. Acquistare i modelli dei concorrenti e smembrarli fino all’ultimo componente è un’abitudine consolidata per tutti i grandi gruppi. Oggi però c’è una variabile in più: sempre più spesso sotto la lente finiscono auto prodotte in Cina.

La Cina si è rapidamente trasformata nel centro nevralgico mondiale della mobilità elettrica. I suoi veicoli stanno invadendo i mercati internazionali e mettono in difficoltà marchi storici come Toyota, Volkswagen e perfino Tesla. Per oltre dieci anni gli Stati Uniti hanno dominato il settore delle auto elettriche, ma l’ascesa di colossi come BYD ha cambiato gli equilibri. Per comprendere davvero le logiche dei nuovi rivali, Tesla ha iniziato a studiarli in maniera sistematica, come ha raccontato John McNeill in un’intervista a Business Insider. McNeill è stato presidente di Tesla tra il 2015 e il 2018 e ha partecipato direttamente a questo lavoro di analisi.
Nel corso dell’intervista, l’ex dirigente ha spiegato che i tecnici Tesla hanno smontato numerosi modelli cinesi, rimanendo colpiti dall’efficienza delle soluzioni adottate. Secondo McNeill, gli ingegneri cinesi sono estremamente rigorosi nel riutilizzo dei componenti che restano nascosti sotto il cofano e che non influenzano l’esperienza diretta del cliente. Questo permette un risparmio enorme sui costi di produzione. La condivisione dei componenti tra più modelli è una pratica nota anche in Occidente, ma in Cina viene spinta a un livello superiore, proprio per abbattere i costi industriali.
Analizzando i veicoli BYD, ad esempio, emerge come l’azienda riutilizzi in modo sistematico elementi come i motorini dei tergicristalli. McNeill ha definito questa scelta estremamente intelligente, poiché si tratta di componenti che non incidono minimamente sulla percezione del prodotto finale. Tesla era già molto aggressiva su questo fronte, ma dopo aver studiato in profondità le auto cinesi ha ulteriormente irrigidito la propria politica di standardizzazione.

Il legame tra Model 3 e Model Y è l’esempio più evidente di questa strategia. Tesla non ha mai nascosto che i due modelli condividono piattaforma, motorizzazioni, numerosi componenti dell’abitacolo e molte parti strutturali. Elon Musk ha dichiarato in passato che i due veicoli sono simili per oltre il 70 per cento. Sedili, pulsanti, maniglie e molti altri elementi sono identici. Una scelta che consente a Tesla di produrre in modo più efficiente, ridurre le spese e mantenere margini elevati anche in un mercato sempre più competitivo. Ma il fatto che Tesla stia per perdere, per la prima volta dopo tanti anni, il primato nelle vendite di auto elettriche, la dice lunga su come il mercato stia cambiando.
