L’industria cinese dell’auto elettrica è diventata, nel giro di pochi anni, una potenza inarrestabile. Grazie a una combinazione di incentivi pubblici e investimenti massicci, il Paese ha sviluppato una capacità produttiva senza precedenti. Ma questa crescita vertiginosa sta iniziando a mostrare le prime crepe, sia all’interno che all’esterno dei confini cinesi.
BYD: migliaia di auto invendute pronte a sbarcare in Europa

A guidare questa rivoluzione c’è BYD, azienda nata come produttrice di batterie che nel 2003 ha fatto il salto nel mondo dell’automotive. In appena vent’anni, è passata da outsider a protagonista assoluta, fino a superare Volkswagen nel 2023 e diventare il primo produttore del mercato cinese. Tra il 2020 e il 2024, la sua produzione è decuplicata, arrivando a oltre 4,27 milioni di veicoli, tra elettrici e ibridi plug-in.
Il segreto sta dietro una strategia che unisce la produzione interna di batterie, basate sulla chimica LFP, e l’uso della Blade Battery, più sicura ed economica rispetto alle tradizionali NCM. Una soluzione che ha fatto scuola nel settore e che ha consacrato BYD come leader tecnologico.
Tuttavia, il successo ha portato anche nuove sfide da affrontare. Secondo il quotidiano tedesco Handelsblatt, a fine maggio 2025 BYD contava oltre 340.000 veicoli invenduti. E mentre il mercato cinese continua a crescere a ritmi sostenuti (+45% nel primo trimestre), le vendite di BYD hanno registrato un aumento solo del 5,5%, a vantaggio di nuovi concorrenti come Xiaomi e Leapmotor, in forte ascesa.

Di fronte alla saturazione del mercato interno, BYD ha deciso di guardare all’estero, varando un piano di esportazione ambizioso, dotandosi di sei navi capaci di trasportare tra 7.000 e 9.000 auto ciascuna con l’obiettivo di “invadere” i mercati globali con veicoli elettrici a prezzi accessibili, con un focus particolare su Europa e America Latina.
Tuttavia, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno inasprito le barriere doganali, proprio per evitare questa “invasione”. BYD però sta già lavorando al suo secondo impianto europeo in Ungheria per aggirare il problema. Intanto resta aperta la questione delle migliaia di auto già pronte e stoccate in Cina: dove finiranno?
Una delle strade possibili per l’Europa sarebbe adottare la stessa strategia che la Cina ha usato per decenni, ovvero quella di imporre alle aziende straniere la creazione di joint venture locali. È così che SAIC ha finito per produrre modelli Volkswagen sul suolo cinese, mentre in Europa commercializza le proprie vetture con il marchio MG.
Questa strategia ha permesso alla Cina di assorbire competenze industriali e tecnologiche, fino a conquistare la leadership mondiale. L’Europa potrebbe fare lo stesso, soprattutto in settori chiave come le batterie. In caso contrario, rischia seriamente di essere travolta dall’ondata cinese che, prima o poi, troverà il modo di superare ogni barriera.