Correva il 1986 quando i numeri raccontavano un successo chiamato con un numero, semplcissimo, il primo, l’unità. In quell’anno un italiano su quattro decise di portarsi a casa una Fiat Uno, l’auto simbolo di un’epoca in cui la city car torinese non era solo un mezzo di trasporto, ma quasi un fenomeno sociale.
In quello stesso anno, però, Mirafiori mise in produzione un altro successo industriale, una versione allora inedita, la Uno TurboD, che affiancava la variante turbo a iniezione elettronica alimentata a benzina. Se quest’ultima era il sogno proibito di tanti ragazzi degli anni Ottanta, la sorella a gasolio attirò l’attenzione di chi preferiva macinare chilometri con un occhio attento al portafogli.
La Fiat Uno diesel, disponibile anche in configurazione a cinque porte, era infatti un compromesso perfetto tra praticità familiare e prestazioni di tutto rispetto. Sotto il cofano batteva un motore da 1.367 cc capace di erogare 70 cavalli: non un numero da capogiro, certo, ma più che sufficiente considerando che la vettura pesava meno di una tonnellata. Questo le permetteva di offrire un rapporto peso/potenza sorprendente e una guida agile anche fuori dal contesto urbano.
Sul piano delle prestazioni, la piccola torinese non sfigurava: toccava i 170 km/h e copriva lo 0-100 in circa 11 secondi e 95. Ma il vero asso nella manica erano i consumi, praticamente rivoluzionari per l’epoca. Con un pieno si percorrevano ben oltre 650 km. La media della Fiat Uno era di 16 km con un litro, che diventavano addirittura 19,3 km/litro nei tratti extraurbani: numeri che oggi farebbero arrossire più di un’auto moderna, nonostante la retorica del “green”.
Il prezzo, circa 14,5 milioni di lire, non era certo popolare, ma in rapporto all’affidabilità, alla versatilità e alla capacità di contenere i costi di gestione, rappresentava un investimento sensato. Oggi la Uno TurboD è una rarità sul mercato collezionistico: non ha il fascino ricercato della sorella Turbo benzina, ma un esemplare ben conservato si può portare a casa con non più di 4.000 euro. Un prezzo accessibile per chi vuole parcheggiare in garage un pezzo di storia automobilistica italiana.