Durante la recente Val di Sangro Expo si è discusso della crisi che sta vivendo il comparto dell’auto, compreso quanto accade presso lo stabilimento Stellantis di Atessa, in provincia di Chieti. Lì dove il Gruppo nato dalla fusione tra FCA e PSA produce furgoni, dal 2021 al 2024 si sono persi almeno 1.600 lavoratori accanto a un decremento produttivo che dai circa 310.000 furgoni l’anno prodotti nel 2021, si è passati a circa 192.000 unità prodotte a fine 2024.
Un insieme di numeri al ribasso decisamente drastici, che hanno caratterizzato commenti e dichiarazioni di sicura preoccupazione provenienti da più parti. Il sindaco di Atessa, Giulio Borrelli, così come riportato da diverse testate ha infatti ammesso già che nonostante “la tempesta dell’automotive” abbia investito in pieno lo stabilimento Stellantis di Atessa, il territorio su cui insiste rimane “il cuore pulsante dell’economia regionale”; Borrelli ne ha parlato proprio durante la recente Val di Sangro Expo già citata più sopra. In quella stessa occasione la comunità del luogo e i lavoratori di Atessa hanno espresso le loro preoccupazioni, mantenendo comunque salda la speranza rivolta verso un futuro più roseo.
Al centro delle difficoltà dello stabilimento Stellantis di Atessa insistono problematiche complesse
Sulla base di quanto emerso sempre durante la Val di Sangro Expo, al centro delle questioni poste al centro degli importanti decrementi subiti dallo stabilimento Stellantis di Atessa. Su tutti le scelte industriali derivanti dalle norme europee sul Green Deal, accanto a investimenti da parte di Stellantis focalizzati lungo altre direttrici che avrebbero potuto mettere in difficoltà proprio lo stabilimento di Atessa. Secondo quanto poi aggiunto da Marco Matteucci, che è responsabile automotive Confindustria Medio Adriatico, “le auto ibride sono passate dal 30% al 45% delle vendite in due anni. Il mercato ci chiede un occhio di riguardo verso l’ambiente, ma non possiamo pensare al solo elettrico senza infrastrutture adeguate”. Di conseguenza viene richiesta una maggiore necessità di investimenti per stare al passo con i cambiamenti proposti.
Diverso invece l’approccio delle sigle sindacali che hanno espresso critiche più marcate. Samuele Lodi, segretario nazionale della FIOM, ha ammesso che “parlare di automotive in Italia equivale a parlare di Stellantis” aggiungendo che “la transizione, come è stata voluta dall’Europa, è stata fatta contro i lavoratori; di Stellantis è invece la responsabilità del disinvestimento progressivo nel nostro Paese”. Secondo Rocco Palombella, segretario generale della UILM, quello della transizione verso l’elettrico rappresenta “un vero e proprio disastro con gli autosaloni pieni di elettriche cinesi dai bassi prezzi”; Palombella ha invitato poi il nuovo CEO di Stellantis, Antonio Filosa, a discutere delle problematiche negli stabilimenti e con i lavoratori. Infine Stefano Boschini, coordinatore nazionale FIM, ha aggiunto che “il piano Tavares di anticipare la transizione è fallito” e inoltre “il costo esorbitante dell’energia ha finito per mettere in stand-by il progetto della Gigafactory di Termoli”.
Non va meglio nemmeno a Cassino
La situazione non è positiva neanche presso lo stabilimento Stellantis di Cassino, dove il 2025 si sta rivelando un’annata peggiore rispetto a quella già precaria dello scorso anno. Su 144 giornate lavorative da inizio anno, solo 70 sono state quelle di lavoro pieno avendo fatto ricorso ai necessari ammortizzatori sociali destinati ai lavoratori impiegati nel sito in provincia di Frosinone. Una condizione denunciata dal segretario della FIOM CGIL di Frosinone Latina, Andrea Di Traglia, che ha puntato il dito sulla mancanza di un reale piano industriale.
Se due anni fa a Cassino Stellantis produceva circa 465mila veicoli, nel 2025 sono state 309.000 le unità prodotte. Il dato, in proiezione, potrebbe quindi significare circa 250.000 veicoli prodotti entro la fine del 2025. Secondo un dato in deciso calo rispetto alle annate precedenti. Per questi motivi le principali sigle sindacali coinvolte, ovvero FIM, FIOM e UILM, hanno chiesto un confronto col nuovo CEO del Gruppo, Antonio Filosa, chiedendo la necessità di un nuovo piano industriale anche in accordo col fatto che oggi lo stabilimento di Cassino “è l’unico che non ha modelli a breve termine nemmeno sulla carta”.