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Stellantis Atessa: oltre 600 dipendenti accettano l’uscita incentivata dal lavoro

Oltre 600 dipendenti – circa il 12% della forza lavoro – hanno fatto richiesta di separation

Stellantis Atessa

Per le tute blu di Stellantis, l’estate appena trascorsa è stata particolarmente difficile, ma il momento critico riguarda l’intero comparto industriale italiano. Al ministero delle Imprese risultano aperti 67 tavoli di crisi (37 attivi e 30 in monitoraggio), a conferma di un settore che da 26 mesi registra un calo costante della produzione.

Ad Atessa sono oltre 600 gli operai di Stellantis che vogliono andare via con l’uscita incentivata

Tra le situazioni più delicate spicca quella di Stellantis, in particolare nello stabilimento di Atessa, cuore della produzione di veicoli commerciali del gruppo guidato da Antonio Filosa. Qui oltre 600 dipendenti – circa il 12% della forza lavoro – hanno fatto richiesta di separation, la procedura di uscita incentivata per chi si avvicina alla pensione, un numero che supera di gran lunga le 402 posizioni concordate a giugno tra azienda e sindacati.

Secondo Nicola Manzi, coordinatore Uilm Abruzzo, questo dato riflette “l’effetto incertezza che si sta vivendo in questo momento”, un segnale del clima di instabilità che grava sul settore automotive italiano.

Stellantis Atessa

In parallelo all’incertezza interna, Stellantis annuncia un investimento strategico di 1,2 miliardi di euro nel sito di Kenitra, Marocco, con l’obiettivo di aumentare la produzione da 200 mila a 535 mila unità entro il 2030. Una mossa che rafforza la presenza internazionale del gruppo ma accentua le preoccupazioni per il mercato italiano, dove la produzione ha raggiunto un minimo storico.

Secondo Fiom-Cgil, il 62,3% dei dipendenti Stellantis – oltre 20 mila su 32 mila – fa ricorso agli ammortizzatori sociali. La situazione si aggrava ulteriormente nello stabilimento di Termoli, legato al progetto Gigafactory mai realizzato, dove tutti i 1.823 addetti rimarranno in cassa integrazione fino al 31 agosto 2026, insieme ai lavoratori di Mirafiori e Pomigliano. Un blocco di oltre un anno che, di fatto, segna una chiusura temporanea delle attività, confermando il clima di instabilità e difficoltà che pesa sul settore automotive italiano.