La Ferrari F80 è la “rossa” stradale più potente e veloce di tutti i tempi. È anche la più evoluta sul piano tecnologico, ma nella dimensione romantica perde qualche nota di fascino per il frazionamento ridotto e per lo stile un po’ troppo votato alla ricerca aerodinamica, che priva il modello della sensualità delle progenitrici. Forse per tale ragione le specifiche di diversi esemplari immortalati in video dal solito Varryx, nei pressi del sito di produttivo di Maranello, virano verso il grigio, l’argento e il nero.
Queste tinte attenuano la trama stilistica, rendendo meno evidenti alcuni discussi aspetti estetici del modello, non ancora metabolizzati dalla gente. Ciò non significa che la Ferrari F80 sia poco sexy: tutt’altro, ma il paragone con le precedenti GTO, F40, F50, Enzo e LaFerrari è difficile da sostenere.
Punta di diamante della ricerca tecnologica della casa di Maranello, applicata alle auto stradali, la “belva” di cui ci stiamo occupando è nata per dare continuità alla stirpe di supercar top di gamma del “cavallino rampante”. Il suo ciclo produttivo abbraccia l’ottantesimo compleanno del costruttore emiliano, atteso per il 2027, quando prenderanno forma gli ultimi esemplari della serie, in onore alla ricorrenza anagrafica.
Questa “rossa” spinge la categoria verso livelli di performance mai visti in precedenza. Come già scritto, lo stile della carrozzeria della Ferrari F80 si è purtroppo dovuto piegare, quasi completamente, alle esigenze aerodinamiche. In pratica alcuni elementi riducono la sensualità dell’opera, incidendo sull’impeccabile armonia ottenibile con qualche margine di libertà in più sul piano “artistico”, vista la bontà della silhouette di base.
Il design è comunque molto bello, rispetto alla categoria di appartenenza e alle specifiche necessità funzionali, ma l’impatto scenico, davvero travolgente, prevale sulla purezza estetica e sulla matrice sexy dei tratti, inferiore rispetto a quella delle progenitrici.
La parte endotermica dell’unità propulsiva della Ferrari F80 fa perno su un motore V6: un frazionamento piccolo, mai visto prima a Maranello su una supercar di questo lignaggio. Inevitabili alcuni mal di pancia tra gli appassionati, che avrebbero preferito un V12 (o al limite un V8), ma anche qui le ragioni dell’efficienza hanno preso il sopravvento.
Il sei cilindri si connette a quello dei bolidi da corsa, come le monoposto di F1 e, soprattutto, le hypercar 499P, dominatrici delle edizioni più recenti della 24 Ore di Le Mans. Ad aggiungere energia a questo cuore provvedono le due turbine e le unità elettriche, per una potenza di sistema nell’ordine dei 1.200 cavalli, 900 dei quali messi sul piatto dal motore a scoppio.
Le prestazioni sono pazzesche, specie in pista, ma anche le metriche rettilinee convenzionali, per quanto incapaci di esprimere in pieno il potenziale del mezzo, si fissano a livelli spaziali. Volete delle cifre? Eccole: accelerazione da 0 a 100 km/h in 2.1 secondi e da 0 a 200 km/h in 5.75 secondi. La punta velocistica è di oltre 350 km/h. Molto più esplicativo sulla travolgente forza dinamica della Ferrari F80 è il tempo sul giro messo a segno sulla pista di Fiorano: 1’15″30. Si tratta di un riscontro cronometrico addirittura migliore di quello della FXX. La FKK K è vicina. Persino la 333 SP è a un tiro di schioppo, nonostante l’uso di pneumatici slick fatto da quest’ultima. Siamo quasi 10 secondi sotto la Enzo e quasi 4.5 secondi sotto LaFerrari. Credo non occorra aggiungere altro.