in

3 Ferrari V6 stradali che continueranno a dare molte gioie ai collezionisti

Queste vetture sono destinate a un futuro roseo anche nella prospettiva economica, anche se la passione vera non è mai venale.

Ferrari F80 a Le Mans
Foto da profilo Facebook Ferrari

Ferrari ha una storia costellata da auto fantastiche, entrate nel cuore della gente. Impossibile fare un elenco dei capolavori a quattro ruote firmati dalla casa di Maranello. Qui ci occupiamo di 3 sportive stradali a 6 cilindri destinate a un futuro radioso nell’universo collezionistico, dove la richiesta nei loro confronti non sarà mai debole. A favore di questi gioielli ruotati giocano l’appeal, i bassi volumi produttivi, il valore storico e culturale, le emozioni di guida e il fascino senza tempo. Se lo gradite, seguiteci nel nostro viaggio alla loro scoperta. Per la prima della lista abbiamo scelto la versione con tettuccio rigido asportabile, più esotica della coupé. L’ultima dell’elenco è la più prestazionale ed esclusiva.

Dino 246 GTS

Ferrari Dino

La Dino 246 GTS non porta il cavallino rampante”, ma è una delle auto più iconiche della casa di Maranello. Inconfondibile il suo DNA. Oggi, ad oltre 50 anni dalla nascita, continua ad affascinare, per lo splendore delle sue forme, da capolavoro d’arte. Questa è una scultura, non un banale mezzo di trasporto. La scelta di un marchio diverso – che rende onore nel nome al figlio di Enzo Ferrari, prematuramente scomparso per una brutta malattia – servì a scongiurare i rischi connessi al frazionamento più basso, alla disposizione posteriore del motore e al posizionamento di mercato inferiore.

L’obiettivo? Misurare l’accoglienza del pubblico per la soluzione dei “buoi dietro al carro” e allargare il bacino di vendita verso altri lidi. Il successo fu superiore alle più rosee aspettative. La Dino 246 GTS (come la sorella chiusa GT) seppe entrare subito nel cuore della gente, elevandosi al rango di sogno diffuso, non solo per l’origine Ferrari. A rapire il cuore ci pensavano soprattutto i fascinosi lineamenti della sinuosa carrozzeria, partoriti da un Pininfarina divinamente ispirato. Possiamo dire, senza timore di smentita, che questa è una delle auto più belle a affascinanti di tutti i tempi.

Nella sigla sono illustrate alcune sue caratteristiche: le prime due cifre indicano la cilindrata di 2.4 litri, la terza il frazionamento a 6 cilindri del motore. GTS è l’acronimo di Gran Turismo Spider. Il cuore del modello, come già scritto, trovava accoglienza alle spalle dell’abitacolo. Alimentato da tre carburatori doppio corpo, questo gioiello meccanico metteva sul piatto 195 cavalli di potenza massima, a 7.600 giri al minuto, su un peso a secco di 1.100 chilogrammi. Buona la tempra prestazionale, solo in parte illustrata dai numeri: accelerazione da 0 a 100 km/h in 7.2 secondi, punta velocistica di oltre 235 km/h. Niente male, vero?

A rendere ancora più gradevole la Dino 246 GTS ci pensavano le doti del telaio e dell’assetto, per una guidabilità precisa e molto appagante. Mettersi al volante della sportiva emiliana era (ed è) sempre un piacere, della migliore specie. Questa Ferrari senza “cavallino rampante” è un’auto sportiva che ha scritto una pagina nobile nella storia dei mezzi a quattro ruote. L’amore nei suoi confronti è universale. Sbocciò sin dal debutto in pubblico, che prese forma al Salone dell’Auto di Ginevra del 1972. Possiamo parlare di un colpo di fulmine, la cui intensità si è mantenuta e rafforzata nel tempo. Con lei la scienza delle bellezza ha tradotto in materia i suoi migliori insegnamenti. Sicuramente siamo al cospetto di un’opera d’arte da manuale. Anche le Ferrari dell’era contemporanea devono qualcosa alle sue alchimie espressive.

Ferrari 296 Speciale e Speciale A

Ferrari 296 Speciale

Queste due “rosse” ad alto indice prestazionale interpretano in modo ancora più racing lo spirito delle 296 GTB e GTS, portandolo a un nuovo livello. In esse si coglie il know-how agonistico della casa di Maranello, traslato su un prodotto di serie, come solo in Emilia Romagna sanno fare. Le Ferrari 296 Speciale e Speciale A sono 2 prove di forza del “cavallino rampante” e fissano i nuovi riferimenti in termini di piacere di guida e coinvolgimento sensoriale.

Qui l’anima delle corse c’è tutta, ma in un quadro di grande fruibilità quotidiana. Possono sembrare delle frasi di circostanza, ma non sono affatto un mero esercizio retorico, perché fotografano perfettamente la realtà. Figlie più recenti di quella speciale famiglia di modelli aperta dalla Challenge Stradale e poi proseguita con le 430 Scuderia, 458 Speciale e 488 Pista, queste nuove opere del leggendario marchio italiano ne elevano ulteriormente il profilo prestazionale, spingendolo verso standard mai visti prima dalla specie. Il tutto nonostante la rinuncia a 2 cilindri.

La spinta, infatti, fa a meno del classico V8 delle progenitrici, ma si impernia su un V6 biturbo ed ibrido plug-in, che scrive un cambio di passo nell’architettura meccanica della famiglia. La scelta, oltre che da elementi di ordine funzionale, è stata dettata dalla necessità di connettere questo cuore a quello delle F1 dei nostri giorni e, soprattutto, alle 499 P, vincitrici delle ultime edizioni della 24 Ore di Le Mans. Il minore frazionamento paga uno scotto di nobiltà, ma in termini ingegneristici e sonori siamo sui livelli più alti.

La potenza massima è di 880 cavalli, esercitati su un corpo più leggero di circa 70 chilogrammi rispetto alle auto di partenza, per un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 2.8 secondi e da 0 a 200 km/h in 7.0 secondi. La punta velocistica supera la soglia dei 330 km/h. Numeri impressionanti, ma non quanto il tempo sul giro messo a segno sulla pista di Fiorano (1’19″00 per la coupé) e, soprattutto, quanto le emozioni di guida che si vivono a bordo.

I cambiamenti eseguiti da Flavio Manzoni nella tela stilistica dei modelli di partenza hanno conferito un tocco aggiuntivo di aggressività, sporcando in modo solo marginale la purezza del design. Le Ferrari 296 Speciale e Speciale A guadagnano una matrice più corsaiola, frutto soprattutto della ricerca di una superiore deportanza. Si apprezza il diverso trattamento del frontale, ora più ricco di carattere, specie nella parte bassa, con lo splitter in stile LaFerrari e la bocca a trimarano, che pone così rimedio all’aspetto più lacunoso delle 296 GTB e GTS, sul fronte espressivo.

Ferrari F80

Ferrari F80
Foto da profilo Facebook Motor Valley

Discendente più recente della nobile stirpe delle supercar al vertice ingegneristico della casa di Maranello, la Ferrari F80 prosegue il cammino intrapreso dalla GTO nel 1984 e poi andato avanti con le varie F40, F50, Enzo, LaFerrari. Rispetto alle antesignane ha un frazionamento meno nobile, ma sul piano tecnologico e prestazionale il salto in avanti è di portata quantica. La stessa cosa non può dirsi per lo stile. Quest’ultimo, firmato da Flavio Manzoni, è affascinante, ma si discosta troppo dalla intrigante sensualità delle auto che l’hanno preceduta. La “colpa” è di una ricerca aerodinamica estrema, fatta propria dagli uomini di Maranello, per fissare i nuovi riferimenti della specie in termini di deportanza.

Qui i flussi si muovono con straordinaria efficienza e concorrono allo straordinario comportamento dinamico di questa “rossa”, che vola in qualsiasi contesto ambientale. Sia su strada che in pista, la Ferrari F80 esprime qualità dinamiche mai viste prima. Le sue performance sembrano marziane. A Maranello, con questo prodotto, si sono spinti ben oltre i limiti dell’immaginazione, anche a costo di perdere qualche piccola nota di favore per quanto concerne il design, che resta comunque di altissimo livello.

Questa “rossa”, nata per celebrare l’80° compleanno del costruttore emiliano (con un paio di anni d’anticipo sulla tabella di marcia), è un missile ruotato. La spinta, come dicevamo, è affidata a un motore a 6 cilindri: frazionamento mai visto su una supercar di tale lignaggio, nell’ambito della produzione di Maranello. La scelta è stata dettata dalla ricerca di un’efficienza estrema e dalla stretta connessione con i bolidi da corsa, come le monoposto da Gran Premio e soprattutto le 499P, autentiche dominatrici delle ultime edizioni della 24 Ore di Le Mans.

Il motore endotermico da 3.0 litri è dotato di doppio compressore e di una componente elettrica, che gli conferisce una natura ibrida. Ne deriva una potenza di sistema di 1.200 cavalli, che si traducono in un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 2.1 secondi e da 0 a 200 km/h in soli 5.75 secondi. La punta velocistica supera quota 350 km/h. Il salto prestazionale è di portata quantica rispetto alle progenitrici, come conferma il tempo sul giro messo a segno sulla pista di Fiorano (1’15″30), dove la Ferrari F80 polverizza i rilievi cronometrici delle progenitrici.

Il potere energetico del modello, praticamente sconfinato, giunge al suolo con il supporto della trazione integrale e di un cambio F1 a doppia frizione a 8 rapporti, che passa di marcia alla velocità del pensiero. Incredibile la forza frenante dell’impianto carboceramico della Brembo, che assicura rallentamenti perentori e una efficienza mai vista prima su un’auto stradale.