Da ieri, Antonio Filosa ha preso ufficialmente le redini di Stellantis come nuovo amministratore delegato, succedendo a Carlos Tavares, il cui addio risale ormai a qualche mese fa. Con questo nuovo incarico, Filosa assume la guida globale del gruppo, mantenendo al contempo la supervisione diretta dei brand nordamericani, evidenziando la centralità del mercato statunitense nella strategia futura del colosso automobilistico.
Filosa ha già iniziato a plasmare il nuovo assetto dirigenziale, introducendo alcuni cambiamenti di rilievo ai vertici e formando un team ristretto di manager di fiducia. Tra le nomine più significative, spicca quella di Ralph Gilles, storico dirigente del gruppo, che farà riferimento direttamente al CEO. Rapporto, questo, insieme ad altri manager al vertice, che può essere definito in qualche modo privilegiato e determinante per molti aspetti nel gruppo Stellantis.
Gilles, attualmente responsabile globale del design, vanta un’esperienza pluridecennale iniziata nel 1992 in Chrysler, azienda in cui Filosa ha mosso i suoi primi passi nel settore. Gilles non è solo un designer di talento. Il manager, infatti, ha ricoperto posizioni strategiche come Presidente e CEO di Dodge nel 2009 e capo del marchio SRT dal 2011 al 2015.
Tra i suoi progetti più iconici figurano la Chrysler 300, la SRT Viper e modelli rivoluzionari degli anni Novanta come Viper, Neon e PT Cruiser. Il suo ruolo sarà ora ancora più centrale in un momento di possibile rilancio dei marchi americani.
Il cambio al vertice sembra segnare una discontinuità rispetto alla gestione Tavares. L’immediato ritorno di Tim Kuniskis, ora al comando di Ram, dopo aver lasciato l’azienda l’anno scorso, è un altro segnale di ristrutturazione interna in Stellantis.
La grande domanda è se la nuova leadership che affianca Filosa stimolerà maggiori investimenti sui brand americani, spesso messi in ombra rispetto a quelli europei. Mentre in Europa Stellantis ha lanciato nuovi modelli elettrici (comunque non gloriosi) per Fiat, Peugeot e Citroen, i marchi statunitensi hanno dovuto fare i conti con linee di prodotto datate e pochi nuovi arrivi.