Correva l’anno 1989 quando Citroen svelò al pubblico internazionale quella che sarebbe diventata la sua nuova punta di diamante nel segmento delle berline di lusso. Stiamo parlando della XM. Presentata al prestigioso Salone di Ginevra, questa vettura rappresentava non solo l’erede spirituale della Citroen CX, ma anche l’ambizioso tentativo della casa francese di riaffermarsi ai vertici del mercato automobilistico europeo.
L’XM fu la prima vera ammiraglia sviluppata da Citroen sotto la supervisione di Peugeot, dopo l’acquisizione del marchio avvenuta nei primi anni Settanta. Il progetto nacque in un contesto di razionalizzazione industriale, che portò alla condivisione di componenti meccanici e piattaforme con altri modelli del gruppo PSA, in particolare con la contemporanea Peugeot 605. Ma a differenza della “cugina” del Leone, l’XM vantava un’identità fortemente distinta, affidata alla matita del celebre studio di design Bertone.
La carrozzeria due volumi, dalle linee spigolose e slanciate, rompeva con gli schemi stilistici dell’epoca, dominati da forme morbide e arrotondate. Il design futuristico e l’attenzione aerodinamica (con un Cx di soli 0,28) la rendevano immediatamente riconoscibile e le valsero soprannomi come “l’astronave francese”. Il richiamo ai leggendari modelli Citroen del passato, come DS, SM, GS e appunto CX, era evidente, ma al tempo stesso l’XM segnava un netto passo avanti in termini di tecnologia e comfort di bordo.
Uno dei fiori all’occhiello dell’XM era l’innovativo sistema di sospensioni Hydractive, evoluzione elettronica delle classiche sospensioni idropneumatiche, capaci di adattarsi dinamicamente alle condizioni di guida grazie a una rete di sensori che monitorava accelerazione, frenata, sterzata e carico. Una vera rivoluzione per l’epoca, anche se non priva di problemi: nei primi anni, infatti, il sistema soffriva di malfunzionamenti elettronici legati alla qualità dei cablaggi, causando segnalazioni errate e irrigidimenti anomali, che danneggiarono l’immagine del modello.
L’offerta meccanica era altrettanto ampia e variegata. Dai motori benzina 2.0 aspirati, fino al più prestigioso V6 PRV da 3.0 litri, nato dalla collaborazione fra Peugeot, Renault e Volvo. Quest’ultimo, nella versione a 24 valvole, erogava 200 cavalli, consentendo all’XM di raggiungere una velocità massima di 235 km/h, mantenendo però un’impostazione più orientata al comfort che alle prestazioni estreme. Non mancavano nemmeno le varianti diesel, tanto apprezzate in Italia e in altri mercati europei, sia aspirate che turbocompresse. Le trasmissioni disponibili includevano cambi manuali a cinque rapporti e automatici a quattro, con l’obiettivo di offrire il massimo relax anche nei lunghi viaggi autostradali.
Nonostante l’importante titolo di “Auto dell’Anno 1990”, l’XM non riuscì mai a imporsi veramente nel suo segmento. Il prezzo elevato, prossimo a quello delle più blasonate berline tedesche, e i problemi legati all’affidabilità tecnologica ne limitarono la diffusione.
Nel 1994 arrivò un restyling leggero, con modifiche estetiche al frontale e aggiornamenti meccanici, seguiti nel 1997 dal nuovo motore ES9J4 da 190 CV, più fluido e meno assetato. La produzione terminò nel 2001, lasciando un vuoto nel listino Citroen che sarà colmato solo nel 2005 dalla C6, altro esempio di coraggio stilistico e ingegneria francese. Oggi la Citroen XM è una youngtimer rara e affascinante, e alcuni modelli in buone condizioni, specialmente quelli con motorizzazioni V6, si trovano a cifre contenute e rappresentando una vera chicca per gli appassionati.