A oltre quattro decenni dal suo debutto, il nome Arna continua a evocare reazioni contrastanti, soprattutto tra i puristi del marchio Alfa Romeo. Nonostante le definibili “buone intenzioni” alla base del progetto, l’Arna è spesso ricordata come uno degli esperimenti meno riusciti della Casa del Biscione.
Un sondaggio de Il Sole 24 Ore l’aveva addirittura incoronata come “l’automobile più brutta di sempre”. Perché tutto questo clamore (ma in negativo)? Prodotta dal 1983 al 1987 in poco più di 53.000 unità, l’Arna (acronimo di Alfa Romeo Nissan Automobili) nacque da un’alleanza strategica, appunto, tra Alfa Romeo e Nissan per contrastare la crescente popolarità delle compatte come la Volkswagen Golf e la nostrana Fiat Ritmo.
In quel periodo, Alfa Romeo era ancora sotto l’egida dell’IRI e cercava disperatamente una soluzione rapida per presidiare un segmento in espansione. L’accordo prevedeva l’impiego della scocca della Nissan Cherry, mentre il cuore meccanico, motore, cambio e sospensioni, proveniva dalla Alfasud. Una sinergia potenzialmente efficace, ma che si rivelò presto problematica: le modifiche strutturali richieste al telaio giapponese misero in crisi tempi e costi, rallentando la produzione e posticipando il lancio al Salone di Francoforte del 1983.
Esteticamente anonima, con linee troppo squadrate e un look più vicino a quello giapponese che italiano, l’Alfa Romeo Arna deluse gli appassionati. I dettagli del Biscione erano minimi: il classico scudetto frontale e qualche badge nell’abitacolo, tutto qui.
Sul piano tecnico, era offerta in versione tre o cinque porte, con motori 1.2 da 63/68 CV e 1.3 Ti da 86 CV. Robusta e meno soggetta alla ruggine rispetto alla Alfasud, grazie alla qualità della carrozzeria Nissan, l’Arna non fu però premiata dalle vendite. Ci furono appena 31.000 immatricolazioni nel 1984 e meno di 11.000 l’anno successivo.
Con l’arrivo di Fiat alla guida di Alfa Romeo nel 1986, e i costi crescenti legati al cambio con lo yen, il progetto fu ufficialmente chiuso nel 1987. Oggi la Arna resta un oggetto di culto per pochi appassionati, facilmente reperibile sul mercato dell’usato con valori piuttosto bassi.