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Auto elettriche: “l’Europa rischia di essere dominata da Usa e Cina”

A meno di non cambiare atteggiamento, l’Europa corre il serio pericolo venire soverchiata da Usa e Cina nelle auto elettriche.

Auto elettriche

Il capolavoro compiuto con il gruppo Renault riuscirà a ripeterlo anche nei panni di presidente dell’Acea? Se lo chiede l’intera industria dei motori, sperando in una risposta positiva, anche relativamente alle auto elettriche. Dopo aver raccolto le redini della Losanga, a seguito dello scandalo che ha travolto Carlos Ghosn, l’amministratore delegato Luca De Meo apre una nuova era. Il periodo attualmente attraversato non si prospetta facile per l’esperto manager, capace di conseguire degli ottimi risultati pure in passato, nelle scommesse imprenditoriali accettate, quando qualcun altro probabilmente si sarebbe chiamato fuori.

Auto elettrico: scenario buio per l’Europa

Luca de Meo ACEA

La competenza, la passione e l’esperienza parlano in suo favore e inducono a sperare in un progresso tangibile della filiera delle quattro ruote, attesa a sfide alquanto ostiche. Ovviamente, il principale terreno di battaglia sarà il comparto delle auto elettriche. L’Ue ha sancito il bando dei veicoli termici per il 2035, ma già adesso i principali operatori stanno attuando i piani di transizione verso i mezzi a batteria. Più di qualcuno ha da ridire circa la politica applicata dalle autorità comunitarie: ad esempio, sui social il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha ribadito nuovamente la sua contrarietà alla decisione. Che piaccia o meno il corso avviato, l’impressione è che tornare indietro sarà impossibile.

Di conseguenza, l’unica via è quella di provare a sopravvivere nell’affollata giungla. In una lettera aperta ai Governi dei Paesi del Vecchio Continente, Luca De Meo manda degli accorati messaggi, nella speranza di trovare ascolto. Forte della reputazione guadagnata, il leader da poco nominato di Acea ha le credenziali per segnare la svolta. I maggiori rivali nella corsa alle auto elettriche sono gli Stati Uniti e la Cina. Soprattutto lo Stato asiatico ha accumulato un vantaggio competitivo di grossa entità sulle controparti e il timore di molti è di assistere a un suo dominio in futuro. Complici i bassi costi della manodopera, sembra una missione improba tenergli testa. Tuttavia, è prematuro sventolare bandiera bianca.

A nome dell’Acea, De Meo sollecita i vertici continentali affinché definiscano un piano coerente, realistico e di comune intesa tra i sottoscriventi. In prossimità delle nuove direttive della Commissione Europea su Net-Zero, il nuovo piano industriale pensato per rispondere alle misure dell’amministrazione Biden, il ceo del conglomerato transalpino suona la sveglia: il settore automotive non ha abbastanza risorse per cavarsela in autonomia, raggiungendo l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni di anidride carbonica entro la metà del prossimo decennio.

Le elevate pretese avanzate dagli organi politici sulle auto elettriche rischiano di arrecare dei danni ingenti ai player della filiera. L’esigenza di investire grosse somme per non lasciarsi cogliere impreparata nel piano green potrebbe rivelarsi insostenibile. I rigidi paletti fissati non concedono un adeguato margine di manovra e manca un approccio uniforme. Si viaggia a differenti velocità e ciò va a gravare sull’intero business.

I dati relativi al 2022 costituiscono un preoccupante messaggio: nel corso degli ultimi dodici mesi le immatricolazioni nell’Unione Europea sono state di 9.255.926 esemplari, pari al 9,6 per cento in meno del 2021. Per la terza volta consecutiva è avvenuta una contrazione, che ha visto particolarmente annaspare l’Italia, con le targhe diminuite del 9,7 per cento. Con il 2023, stando alle stime fornite dai Costruttori dell’Ue, il mercato continentale avrà la capacità di invertire la rotta con un incremento delle vendite di auto del 5 per cento sul 2022, con circa 9,8 milioni di unità. Non si potrà comunque parlare di crisi superata, in quanto si tratta di un valore inferiore del 25 per cento rispetto al 2019, l’anno prima dello scoppio della pandemia da Coronavirus.

Nello scritto fatto recapitare da Luca De Meo a Ursula von der Leyen e Charles Michel, costui sottolinea la delicata fase attraversata. Il mercato automobilistico europeo è chiamato a evolversi per sopravvivere con l’avvento delle auto elettriche. Serve una risposta all’Inflation Reduction Act, mediante cui gli Usa e la Cina stimolano le aziende locali nel passaggio al green. Diversamente, nei palazzi di potere dell’Ue si ostinano ad applicare misure punitive, anziché degli incentivi. Si punta sulla regolamentazione del settore, ponendo una serie di paletti, quando il meccanismo alla base è sbagliato per De Meo.  

ACEA

L’atteggiamento potrebbe andare a pesare come un macigno sul futuro dell’industria automobilistica, in particolare nell’approvvigionamento delle materie prime. A lungo le imprese del Vecchio Continente hanno avuto un vantaggio competitivo da capitalizzare, nella realizzazione dei veicoli endotermici. Comunque, il tempo per rimettersi in piedi e contrastare l’Ira c’è, a patto di correggere le vedute. La concorrenza non dispone, infatti, di tante risorse degli Stati dell’Ue. Per scongiurarne loro vittoria, l’Europa ha il compito di giocare di squadra con la filiera dei motori.

È essenziale tenere dei dialoghi costruttivi sulle manovre del domani, sulla questione dell’approvvigionamento delle materie prime, che ha messo in ginocchio le società (se ne parlerà a marzo), sul ruolo occupato dall’ibrido di alta qualità e dalle auto elettriche per rendere il meno traumatico possibile l’addio alla benzina e al diesel, e sulla politica Euro 7. Ad avviso del leader di Acea e Renault imporre grosse spese negli Ice per adeguarsi alla legislazione ha un effetto deleterio.

Quelle stesse somme andrebbero re-investite nella campagna di transizione ecologica, per costruirsi un avvenire brillante, dove termini la dipendenza dai sistemi tradizionali. Accettare le direttive significa, infatti, stanziare miliardi di euro per guadagni in termini di impatto ambientale minimi, tanto da spingere la Losanga a chiudere ben quattro stabilimenti. Il momento di attuare il cambiamento è ora perché domani potrebbe essere troppo tardi.

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