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Alfa Romeo Giulietta: 3 auto del “biscione” con lo stesso nome

Una famiglia con vetture di generazioni diverse, per l’iconica stirpe delle Giulietta. Ecco quelle con 4 porte per l’accesso in abitacolo.

Alfa Romeo Giulietta

Alfa Romeo Giulietta è un nome ricorrente nella storia della casa automobilistica milanese. Con questa sigla sono stati identificati più modelli del “biscione”. Oggi mettiamo a fuoco tre generazioni della specie, nate in periodi temporali diversi, con quattro porte al servizio dei passeggeri. Ci si chiede da cosa sia nata una simile denominazione. Il riferimento più naturale è la tragedia “Romeo e Giulietta“, composta sul finire del 1500 da William Shakespeare. Proprio quella celebre storia d’amore ha ispirato la sigla della prima vettura della serie, poi ripresa dalle discendenti.

Su come sia nata la connessione, gli aneddoti si sprecano. Uno di questi parla di una cena con tanti dirigenti Alfa Romeo andata in scena nella capitale francese, in occasione del debutto in società, al Salone dell’Auto di Parigi del 1950, della nuova 1900. Qui, un principe russo decaduto, che prestava servizio nel locale scelto per consumare i pasti, rivolgendosi ai manager della casa milanese, disse: “Vedo otto Romeo, ma nessuna Giulietta”. Una battuta simpatica, che fece prese e che tornò nelle discussioni di alcuni dei suoi destinatari, quando si dovette scegliere la sigla della vettura conosciuta con la sigla di progetto “750”, che poi divenne, appunto, Alfa Romeo Giulietta.

Alfa Romeo Giulietta (1955)

Questa berlina è stata prodotta dal 1955 al 1966, in circa 132 mila esemplari. Fu, dunque, un’auto di successo, che incontrò il gradimento della clientela. Il modello prese forma nello stabilimento del Portello, dove si sono scritte pagine nobili di storia. L’Alfa Romeo Giulietta traghettò il marchio del “biscione” verso l’era industriale, segnando uno stacco con il passato. L’ingegnere austriaco Rudolf Hruska fu chiamato a gestire i processi legati alla linea di produzione. Giuseppe Busso ebbe invece il compito di guidare il lavoro dei motoristi.

La presentazione del modello avvenne al Salone dell’Auto di Torino del 1955. Questa creatura entrò subito nel cuore della gente, come testimoniano i grandi numeri commerciali messi a frutto. Le sue linee piacevano, ma anche il temperamento entrava nelle grazie del pubblico. Sulla prima versione, la spinta faceva capo a un motore bialbero a 4 cilindri, da 1290 centimetri cubi, che sviluppava una potenza massima di 50 cavalli.

La loro gestione avveniva col supporto di un cambio a 4 marce. Nel 1957 giunse la Giulietta TI (acronimo di Turismo Internazionale), leggermente modificata nello stile ma molto più energica sul fronte propulsivo, grazie ai 65 cavalli a disposizione. In questa veste, negli allestimenti da gara, si mise in luce nell’universo agonistico.

Stabile e vivace, l’Alfa Romeo Giulietta non garantiva però un buon comfort acustico. La cosa non disturbò più di tanto gli acquirenti, i quali apprezzarono pure le sue doti frenanti e i consumi ragionevoli. Nel 1959 fu il turno di un restyling, che diede avvio alla seconda serie del modello. Il suo debutto in società avvenne al Salone dell’Auto di Francoforte. Cambiarono alcuni elementi della carrozzeria, ma anche gli interni furono “rinfrescati”, guadagnando nuova linfa.

L’allestimento era più curato nei dettagli e nei materiali. Un passo in avanti rispetto a prima. Nel 1961, il motore dell’Alfa Romeo Giulietta TI ebbe in dono un’ulteriore iniezione di energia, guadagnando una potenza massima di 74 cavalli. In questa veste, la velocità di punta si spingeva nel territorio dei 155 km/h. Il “cuore sportivo” era appagato, almeno per i canoni di quell’epoca.

L’Alfa Romeo Giulietta è stata un’auto di svolta, non tanto per le soluzioni tecniche, ma sotto il profilo concettuale. A lei toccò il compito di traghettare la casa milanese verso la modernità. La clientela apprezzò le sue doti, dando ragione all’indirizzo strategico preso dai manager. Nonostante l’aspetto da grande, questa berlina del “biscione” non aveva dimensioni impegnative: 3990 millimetri di lunghezza, 1550 millimetri di larghezza, 1400 millimetri di altezza.

Il passo era di 2380 millimetri; il peso medio, a vuoto, di circa 870 chilogrammi. Oggi la sua presenza non è rara nei raduni di auto d’epoca, dove suscita sempre una certa curiosità. L’Alfa Romeo Giulietta ha scritto una bella pagina nell’antologia del marchio. Il fatto che dopo di lei siano giunti sul mercato due nuovi modelli che ne hanno onorato la memoria, riprendendone il nome, è emblematico del suo carisma.

Alfa Romeo Giulietta (1977)

Si avvicinò a quota 380 mila esemplari la produzione di questa berlina, che rendeva un tributo di affetto e di memoria all’antesignana del 1955. L’Alfa Romeo Giulietta del 1977 fu prodotta fino al 1985, in tre serie diverse, nello stabilimento di Arese. Come le altre vetture con lo stesso nome, ha una caratterizzazione sportiva. La linea a cuneo sta a sottolinearla. Guardandola di profilo, si nota il contrasto tra il frontale basso e la coda alta, che segna l’imponente volume di coda. L’Alfetta fece da donatrice di organi, per ridurre i costi produttivi, in ossequio ai dettami giunti dai vertici aziendali.

Rispetto alla sorella maggiore si collocava su un livello più basso, ma aveva dalla sua un’immagine più moderna. Inizialmente l’Alfa Romeo Giulietta fu proposta in due versioni, entrambe dotate di un motore a 4 cilindri bialbero. La variante base godeva della spinta di un cuore da 1357 centimetri cubi di cilindrata, in grado di sviluppare una potenza massima di 95 cavalli.

Più in alto si poneva la versione da 1570 centimetri cubi, con 109 cavalli all’attivo. Qui anche l’allestimento era più raffinato. Nel 1979 giunse in listino la 1.8, spinta da un motore da 1779 centimetri cubi, capace di erogare ben 122 cavalli. Ancora meglio fece la 2.0 Super del 1980, col suo cuore da 1962 centimetri cubi, che sprigionava 130 cavalli di potenza massima. Ovviamente, in questa veste, era riconoscibile per uno specifico trattamento esterno ed interno.

Nel 1981 giunse sul mercato la seconda serie dell’Alfa Romeo Giulietta. L’auto fu sottoposta a un restyling, che la rimetteva al passo coi gusti del tempo. Immutate le motorizzazioni, capaci di dare molte gioie ai guidatori anche più smaliziati. Nel 1983 una versione a gasolio arricchì la gamma: stiamo parlando della “Giulietta 2.0 Turbodiesel”, spinta da un cuore diesel sovralimentato da 1995 centimetri cubi, con 82 cavalli in cassa.

Lo stesso anno segnò il debutto della terza ed ultima serie dell’Alfa Romeo Giulietta. con vistosi cambiamenti estetici e nel trattamento dell’abitacolo. Dalla gamma venne estromessa la versione di minore cubatura, ovvero la 1.3. Rimasero quelle da 1.6 litri, da 1.8 litri e da 2.0 litri a benzina, più la 2.0 TD a gasolio.

Al vertice del listino trovò spazio la “2.0 Turbo Autodelta“, plasmata in sole 361 unità e spinta da un 4 cilindri a benzina turbocompresso da 1962 centimetri cubi, con ben 170 cavalli al servizio del fortunato guidatore. Anche la veste estetica comunicava efficacemente il suo vigore sportivo e prestazionale. Dopo di lei nessuna vettura del marchio si fregiò più del marchio Autodelta. Fu una sorta di canto del cigno. Il testimone passò alla 75. Da segnalare il fatto che molte Giulietta finirono nelle flotte delle forze dell’ordine italiane: Polizia di Stato e Guardia di Finanza. I Carabinieri, invece, preferirono puntare su altri modelli, anche se in borghese ne ebbero diverse.

Alfa Romeo Giulietta (2010)

Questa, al momento, è l’auto più recente del marchio milanese a fregiarsi dello storico nome messo a fuoco nel post odierno, passato in rassegna attraverso i suoi modelli. Si tratta di una berlina a due volumi, prodotta in 480 mila esemplari, nel decennio 2010-2020. Buono, quindi, l’apprezzamento da parte del mercato. Parte del merito è ascrivibile all’ottimo design di Lorenzo Ramaciotti, che ne ha firmato le linee per il centro stile interno della casa del “biscione”. L’Alfa Romeo Giulietta ha preso forma nello stabilimento di Cassino. Questa vettura compatta, di segmento C, è il secondo omaggio all’omonimo modello del 1955.

Sin dalla presentazione al Salone dell’Auto di Ginevra, fece presa sulla gente. Uno dei suoi punti di forza è lo specchio di coda, largo e muscolare, che trasmette le note di una grande presenza scenica. Molto bello e scorrevole il profilo laterale, di taglio sportivo. Il frontale, in stile Mito anabolizzata, paga a mio avviso lo scotto dei fari a sviluppo verticale, che mal si raccordano con il trattamento del posteriore, ma resta comunque piacevole e grintoso da vedere.

Nel complesso è una gran bella macchina, di ottima presenza scenica. I suoi canoni stilistici non hanno faticato a guadagnare il consenso degli occhi e del cuore, non solo fra gli alfisti. L’abitacolo miscela in modo armonioso le note della modernità alle reminiscenze di motivi e forme delle progenitrici degli anni cinquanta e sessanta. Il risultato è coinvolgente.

Sul fronte propulsivo, si segnala un buon assortimento di motorizzazioni: 1.4 Turbo 16V, 1.4 MultiAir Turbo 16V, 1750 TBi 16V, 1.6 JTDm 16V, 2.0 JTDm 16V, con potenze da 105 a 285 cavalli. Cifra, quest’ultima, messa sul piatto dalla versione limitata Squadra Corse, destinata al Sud Africa. Fra gli allestimenti europei, il più potente è il 1750 TBi 16V da 240 cavalli a 5.750 giri al minuto della QV. Questa energia, come quella delle altre sorelle, viene scaricata sulle ruote anteriori. L’Alfa Romeo Giulietta si giova del sistema di controllo VDC, che riduce il sottosterzo. Notevole la sua sicurezza attiva e passiva.

Su quest’ultimo fronte si segnalano le 5 stelle ottenute nelle prove d’impatto Euro NCAP del 2010, che ne fecero la media più sicura al mondo, in quella fase storica. Diversi i restyling del modello, ottenuti con piccoli ritocchi nel 2013, nel 2014, nel 2016 e nel 2019. Piacevole da guidare e molto efficace nelle sue dinamiche, l’Alfa Romeo Giulietta fu scelta anche dagli uomini in divisa. Diversi esemplari della serie andarono a rimpinguare le flotte delle forze dell’ordine italiane.

La prima a prenderla fu la Guardia di Finanza, con la motorizzazione 2.0 JTDm da 150 cavalli di potenza. Poi fu il turno della Polizia di Stato e dei Carabinieri, che inizialmente puntarono sulla 1.6 JTDm da 120 cavalli, per poi allargare la gamma con la 2.0 JTDm da 150 cavalli, destinata rispettivamente alle Volanti e alla Gazzelle del nucleo radiomobile. Un altro atto di un matrimonio di lunga data, entrato per sempre nella storia e nell’immaginario collettivo.

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