in

Le Ferrari più belle ed emozionanti degli anni ’60

Ecco le “rosse” da sogno di un periodo storico particolarmente vivace per la casa emiliana.

Ferrari Dino

Negli anni sessanta sono nate delle Ferrari spettacolari. Alcune di queste si sono elevate a simbolo del mito di Maranello. La mente corre, in particolare, alla 250 GTO e alla 330 P4, ma nello stesso decennio hanno preso forma anche altri capolavori assoluti del marchio. Scopri insieme a noi le “rosse” più belle di quel periodo storico e preparati a vivere delle emozioni uniche, nel segno del “cavallino rampante”.

Ferrari 400 Superamerica (1960)

Questa granturismo a due posti veniva costruita con grande attenzione per i bisogni specifici di ogni singolo cliente. Fu un’auto che piacque tanto ai Vip. Alcuni di loro misero un esemplare in garage. Già il nome trasmette le note della sua eccezionalità. Pininfarina firmò tutte le carrozzerie della serie, declinate in diverse varianti, unite dal culto della bellezza. Sin dal primo sguardo si capiva di avere a che fare con un prodotto di grande classe. Il compito della spinta era affidato a dei motori V12 da 4 litri di cilindrata, potenti ed elastici.

La Ferrari 400 Superamerica godeva di ben 340 cavalli, erogati a 7000 giri al minuto. Poteva raggiungere i 265 km/h di velocità massima. Le sue danze erano condite da ottime musicalità meccaniche e da un buon livello di comfort. Per lei anche un impegno cinematografico. Nel film “Il tigre” di Dino Risi, svolse il ruolo di auto personale di Vittorio Gassman, grande protagonista della pellicola. Una delle particolarità di questo modello erano le linee molto sinuose, che inebriavano con le note della loro sensualità. L’esemplare costruito su misura per l’avvocato Gianni Agnelli aveva però una fisionomia radicalmente diversa, con un predominio di tratti di taglio molto geometrico.

Ferrari 250 GTO (1962)

Qui ci si può solo inchinare, perché siamo al cospetto della vettura simbolo della casa di Maranello. Lei è il mito per antonomasia. Il suo debutto in società avvenne nel 1962. Sergio Scaglietti, nel plasmarne le lamiere, ebbe un’ispirazione divina. Impossibile non esaltarsi alla vista delle forme incantevoli della Ferrari 250 GTO. Cuore pulsante del modello è un motore V12 da 3 litri di cilindrata, che eroga una potenza massima nell’ordine dei 300 cavalli. Si tratta della stessa unità propulsiva della 250 Testa Rossa, opportunamente trattata.

Con questa scuderia, la regina delle “rosse” può spingersi fino ad una punta velocistica di circa 290 km/h. Eccezionali le doti dinamiche, testimoniate dall’inimitabile palmares: tre i titoli mondiali raccolti tra il 1962 e il 1964. Stiamo parlando di un bolide in giacca e cravatta, che incarna l’essenza Ferrari, elevandosi a sintesi del suo spirito. Progettata dal talentuoso e geniale Giotto Bizzarrini, la 250 GTO fu sviluppata dal giovane Mauro Forghieri. Il risultato? Un capolavoro assoluto. Questa “rossa” fu prodotta in 39 esemplari: 32 con carrozzeria prima serie e 7 con carrozzeria seconda serie (GTO ’64). Oggi, nelle rare occasioni in cui un gioiello della specie torna in vendita, spunta cifre spaventose. Una regina anche nelle aste.

Ferrari 250 GTL (1962)

È una Gran Turismo di alta classe. Le sue linee, firmate Pininfarina, ne fanno una regina dei concorsi d’eleganza. Un esemplare della specie finì nel garage di Herbert von Karajan. Il mitico direttore d’orchestra austriaco subiva il trasporto delle note musicali liberate dal suo motore V12 da 3 litri di cilindrata. Questo cuore, disposto in posizione anteriore arretrata, sviluppava una potenza massima di 250 cavalli a 7500 giri al minuto. La velocità massima toccava quota 240 km/h e veniva raggiunta abbastanza in fretta.

Aristocratica e passionale espressione della Dolce Vita, la Ferrari 250 GTL offriva un’eccellente interpretazione del lusso secondo la filosofia di Maranello. Qui la classe e la bellezza si miscelavano al meglio, nel segno dell’eleganza. Difficile trovare auto della concorrenza in grado di competere con questa in termini di fascino. A Scaglietti il compito di tradurre in materia le forme disegnate sul tavolo di lavoro. Impeccabile, come sempre, la sua esecuzione. L’armonia è la nota distintiva di questa vettura, che è coerente in tutti i suoi aspetti stilistici, meccanici e funzionali. Non è la “rossa” più performante, ma è una delle più raffinate di sempre. I collezionisti la amano. La sua presenza ingentilisce e impreziosisce ogni raccolta d’auto.

Ferrari 250 LM (1963)

Puntava a correre come Gran Turismo, ma fu costretta a misurarsi con le Sport, senza timori reverenziali. Contro queste, riuscì persino a vincere. Dotata di motore posteriore centrale, la Ferrari 250 Le Mans diede tante dimostrazioni di forza, in mano a scuderie private. Rispetto alla 250 GTO, di cui prendeva idealmente il posto, aveva un’architettura completamente diversa, ma anche qui la spinta faceva capo a un motore V12. Nel caso specifico si trattava di un cuore da 3.3 litri di cilindrata, capace di erogare 320 cavalli a 7500 giri al minuto. Un vero vulcano, che spingeva con forza inebriante, aiutato dalla leggerezza del corpo vettura, con carrozzeria in alluminio.

Efficace nei diversi contesti espressivi, questa “rossa” seppe accompagnare al meglio le imprese dei suoi interpreti. Sul fronte stilistico, a dominare la scena ci pensa la sinuosa aggressività. Bello e funzionale il piccolo spoiler posteriore, che garantisce adeguati livelli di deportanza. Il lunotto è incapsulato in una cornice che, nella vista laterale, dà continuità al tetto. Vi state chiedendo il perché della sigla 250? In effetti questa era la cilindrata unitaria del solo primo esemplare, perché quelli successivi ebbero dei cuori da 3.3 e 4.0 litri, ma la cifra rimase inalterata perché i cataloghi pubblicitari erano già andati in stampa.

Ferrari 275 GTB (1964)

La bellezza di questa “rossa”, firmata Pininfarina, è proverbiale. Nei suoi lineamenti ci compie un felice sodalizio fra classe e sportività. Solo i grandi maestri dello stile possono raggiungere vette così alte nella difficile miscela. Sin dalla presentazione, al Salone di Parigi del 1964, la Ferrari 275 GTB è entrata nel cuore della gente. Nella silhouette si intravedono le proporzioni ed alcune caratteristiche dialettiche della 250 GTO, ma in un quadro meno snello e corsaiolo. Impossibile non subire il richiamo ormonale delle sue forme.

Questa granturismo del “cavallino rampante” è spinta da un motore V12 da 3.3 litri di cilindrata, in grado di sviluppare una potenza massima di 280 cavalli a 7600 giri al minuto. Le prestazioni sono molto incisive. Il dato relativo alla punta velocistica, che raggiunge i 270 km/h, è esplicativo, ma non basta a dare un’idea piena dello spessore dinamico della vettura. Le cifre, poi, sono incapaci di trasmettere la magia del sound della sua unità propulsiva plurifrazionata, disposta in posizione anteriore. Si era ancora nel periodo storico in cui Enzo Ferrari amava i buoi davanti al carro. La 275 GTB ebbe anche una versione a quattro alberi a camme in testa, da 300 cavalli. Giunse in società nel 1966.

Ferrari 500 Superfast (1964)

Vettura principesca e di grande classe, prese forma in 36 esemplari. Una cifra che la rende particolarmente rara, anche nei raduni più esclusivi. Firmata da Aldo Brovarone per Pininfarina, si concede allo sguardo con lineamenti che evocano i concetti del lusso e della sportività. La sua presentazione al pubblico avvenne al Salone dell’Auto di Ginevra. Diversi Vip si misero in lista di attesa per avere un esemplare della specie. Notevole il suo sfarzo, ma anche le cifre messe sul piatto toccavano livelli di alta gamma.

Basti dire che la cilindrata del motore V12, disposto in posizione anteriore, raggiunge i 5 litri, per la precisione 4963 centimetri cubi. Spaventosa la potenza massima, specie per i canoni di quegli anni: 400 cavalli, a 6500 giri al minuto. Oltretutto al servizio di una granturismo di gran classe, non di un prototipo da corsa. La velocità si spinge nel territorio dei 280 km/h: un vero record per un’auto di lusso, derivata dalla 400 Superamerica. Due le serie in cui prese forma: la prima sbocciò in 25 esemplari con cambio a quattro marce. La seconda, del 1966, ebbe un cambio a cinque rapporti. Il telaio, come da tradizione, era tubolare in acciaio. L’azione frenante era affidata a un impianto a quattro dischi.

Dino 206 S (1966)

Questa bellissima scultura da gara rapisce gli sguardi con la forza delle sue linee, ispirate a quelle della 330 P3, di cui sembra un versione in scala. Le morbide curve della carrozzeria custodiscono un motore V6 con angolo di 65 gradi fra le bancate. Un cuore compatto e poco ingombrante, ma anche leggero. Il compagno giusto per una vettura il cui peso alla bilancia non supera i 580 chilogrammi a vuoto. Nella sigla del modello, la cifra finale mette in evidenza questo frazionamento, mentre i due numeri iniziali si riferiscono alla cilindrata di 2 litri.

Lo sviluppo dell’unità propulsiva fece tesoro delle esperienze accumulate dalla casa di Maranello nel mondo delle corse. Notevole la potenza sviluppata, pari a 220 cavalli a 9000 giri al minuto. La cifra, in assoluto, non è impressionante, ma basta metterla in relazione alla cilindrata per rendersi conto del lavoro straordinario compiuto dagli uomini del “cavallino rampante”. Un cambio a 5 rapporti accompagna il pilota nella gestione della sua energia. Il quadro prestazionale è degno del rango, non solo per la velocità massima di circa 270 km/h. A frenare le danze della Dino 206 S ci pensano dei dischi autoventilanti della Dunlop, che agiscono vigorosamente sulle quattro ruote. Sublime il sound.

Ferrari 330 P4 (1967)

Qui ci si può solo inchinare, perché stiamo parlando dell’auto da corsa più bella di tutti i tempi, ma anche di una delle “rosse” più iconiche di sempre, insieme alla 250 GTO. Prima e dopo di lei non si è vista un’altra creatura racing così sensuale e scultorea. Definirla una capolavoro sembra quasi riduttivo. Ciò che rende ancora più incredibile la Ferrari 330 P4 è il fatto che oltre ad essere straordinariamente suggestiva sul piano stilistico, è stata anche una regina delle gare del suo tempo, a riprova di un’efficacia fuori dal comune.

Grazie a lei la casa del “cavallino rampante” mise a segno il successo nel Mondiale Marche del 1967, contro le rivali americane. Il suo telaio in tubi di acciaio, con elementi scatolati, è vestito da una carrozzeria in alluminio. Sotto il cofano posteriore, in tutta la sua solennità, trova accoglienza un motore V12 da 4 litri di cilindrata, che eroga una potenza massima di 450 cavalli, a 8000 giri al minuto. Memorabile la tripletta in parata alla 24 Ore di Daytona del 1967, con due 330 P4 davanti e una 412 P in terza posizione. La foto di quel successo ha fatto il giro del mondo ed è diventata una delle più iconiche di sempre del mondo delle corse. Grazie a questa creatura, per la tredicesima volta il Trofeo Costruttori finì nelle mani della Casa di Maranello.

Dino 206 GT (1967)

Questa berlinetta, poi sostituita dalla più potente Dino 246 GT, fu il meraviglioso frutto dell’estro creativo di Pininfarina, espresso in modo sublime. Prodotta dal 1968, aveva nella sigla una rappresentazione di alcune sue caratteristiche. Le prime due cifre illustrano la cilindrata di 2 litri, mentre la terza si riferisce al frazionamento. GT sta per Gran Turismo. Il motore è disposto in posizione posteriore centrale, in contrasto col credo precedente di Enzo Ferrari, che voleva i buoi davanti al carro. Si tratta, nello specifico, di un 6 cilindri a V di 65 gradi, alimentato da tre carburatori Weber.

Al suo attivo ci sono 180 cavalli di razza, per una velocità massima di 230 km/h. La Dino 206 GT nacque con l’obiettivo di aprire la casa di Maranello verso nuovi segmenti di mercato e verso clientele più estese. Il prezzo di listino, meno impegnativo del solito, confermava la sua missione. Uno dei punti di forza era la linea, assolutamente bella, da top model. La carrozzeria miscelava i tratti morbidi e ondulati ad alcune linee tese, per un risultato impeccabile, sotto ogni punto di vista. Agile e maneggevole, questa sportiva regalava grandi dosi di piacere di guida. La velocità massima toccava quota 230 km/h.

Ferrari 365 GTB/4 Daytona (1968)

È una delle auto sportive più carismatiche ed amate di sempre. Il suo soprannome vuole essere un omaggio alla vittoria conseguita dalla 330 P4 alla 24 Ore di Daytona del 1967. La sua produzione prese avvio nel 1968, quando la clientela del marchio cominciò a ricevere questa splendida creatura disegnata da Leonardo Fioravanti per Pininfarina. Una delle sue caratteristiche estetiche è il muso lungo e filante, che però non rende sproporzionato l’insieme, grazie all’eccellenza del lavoro creativo. Altre “rosse” nate dopo di lei si sono ispirate al suo look.

La Ferrari 365 GTB/4 Daytona gode della spinta di un motore V12 di 4.4 litri, che mette sul piatto la bellezza di 352 cavalli, di nobile razza. Il tutto condito da musicalità meccaniche a dir poco straordinarie. La vettura nacque per prendere il posto della 275 GTB/4, ma con un trattamento stilistico completamente diverso: qui prevalgono le linee tese, anche se morbidamente raccordate. Questa creatura di Maranello segue lo schema Transaxle, con motore anteriore e cambio manuale al retrotreno, in blocco col differenziale. Il suo tono era davvero muscolare: basti dire che la velocità massima si spingeva nel territorio dei 280 km/h. A frenare le danze provvedevano dei freni erano a disco autoventilati, con servofreno.

Lascia un commento