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Crisi dei chip: l’automotive chiede a Governo aiuti fiscali

Settore auto in grave difficoltà per la crisi dei chip: chiede al Governo Draghi aiuti fiscali. Intanto, i numeri sono preoccupanti

crisi dei chip

I tremendi morsi del Covid all’economia globale e quella dei singoli individui lasciano tuttora il segno. L’automotive è alle prese con la crisi dei chip, visto che i fornitori di Taiwan (legittimamente) che privilegiano i big dell’elettronica, settore per ora più profittevole. Senza microprocessori, niente auto moderne. E mercato dell’auto italiano ed europeo senza ossigeno. Così, adesso, l’automotive chiede a Governo aiuti fiscali.

La domanda arriva dall’intera filiera associativa dell’automotive, della logistica e dell’autotrasporto: Anfia, Anita, Federauto, Unatras, Unrae. Viste le consegne dei veicoli paralizzate o in fortissimo calo, la crisi coinvolge moltissimi beni strumentali. Oggetto della misura prevista dalla legge 178/20. Che supporta gli investimenti con un credito d’Imposta al 10% (ex-Superammortamento).

Morale: le associazioni chiedono all’Esecutivo Draghi e ai vari ministeri competenti un intervento immediato di proroga delle scadenze di almeno sei mesi. Obiettivo: non penalizzare le imprese di autotrasporto. Che, anche grazie a questi sgravi, hanno fatto investimenti sostenibili di rinnovo del parco mezzi.

Insomma, quelle aziende hanno comprato mezzi ecologici e adesso sono in grossa difficoltà causa carenza dei semicondutori.

Crisi dei chip: previsioni fosche

Occhio perché i numeri sono preoccupanti. Previsioni nere arrivano dall’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana. Oltre 14 milioni di veicoli prodotti in meno in 3 anni: 4,5 milioni nel 2021, poi 8,5 milioni nel 2022 e pure un milione nel 2023. Proprio mentre le Case auto effettuano investimenti enormi per guida assistita e auto elettrica, piene di componenti elettroniche. Si tratta di un’indagine realizzata dalla Camera di commercio di Torino, dall’Anfia, e dal Center for automotive and mobility innovation del Dipartimento di management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Non solo. Le imprese della componentistica hanno un grosso timore: l’aumento dei prezzi delle materie prime. E il rallentamento del quadro economico in Europa. Aggiungiamo che non va trascurato il peso delle linee di credito bancarie a fronte di questi cali pesanti post Covid. Situazione complicatissima.

Ma serve pensare con ottimismo: oltre i due terzi delle imprese prevedono una crescita del fatturato; la metà vede aumenti di ordinativi interni, esportazioni e occupazione. Orientandosi verso powertrain elettrici e ibridi.

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