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Pratola Serra, Stellantis: si lavora al 60% nonostante le mascherine

La crisi del settore Automotive in Italia ha impatto anche sullo stabilimento di Stellantis a Pratola Serra, nonostante la riconversione alle mascherine.

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Nonostante ci si è dedicati alla produzione del dispositivo di sicurezza più diffuso ai tempi della pandemia, non si vivono bei periodi a Pratola Serra.

Le mascherine non bastano quindi. Nello stabilimento ex FCA di Pratola Serra, che una volta produceva a getto continuo e dal 1994, i motori endotermici per auto Fiat, Jeep, Lancia ed Alfa Romeo, la situazione non è differente da altri stabilimenti italiani di Stellantis.

Si lavora a regime ridotto. Si fa esageratamente ricorso alla Cig.

Tanta e forse troppa cassa integrazione. E si va avanti con tanti dubbi sul futuro della produzione.

Questo dal momento che la transizione elettrica porterà a ridurre sempre più la richiesta dei motori endotermici.

La produzione di Pratola Serra ormai riguarda propulsori di vecchia generazione.

Cosa accade al settore più importante della zona, cioè l’Automotive

Tutte le aziende del trainante settore dell’ Automotive restano in un periodo di profonda crisi. Anche con Stellantis, la Cassa integrazione nella fabbrica in Irpinia è rimasta una abitudine come lo era per FCA prima della fusione di gennaio e forse ancora peggio.

Tra crisi di mercato, emergenza pandemica e carenza dei semiconduttori, la crisi si sente eccome. In Irpinia la fabbrica dei motori era stata riconvertita temporaneamente alla produzione di mascherine. Ma questa commessa a fine anno, cioè il prossimo 31 dicembre cesserà. Ma anche con le mascherine, i 1.700 addeti della fabbrica ancora oggi lavorano al 60% del regime.

Tutti i dubbi sul futuro della fabbrica di Stellantis

I motori diesel di cui viveva la fabbrica irpina man mano che passano i mesi e man mano che prende piede la riconversione verso l’elettrificazione, fanno aumentare i dubbi sul futuro dello stabilimento.  Non ci sono notizie su investimenti, su eventuali commesse per auto prodotte in Polonia. E nessuna nuova nemmeno novità riguardo al cambio di attività verso i veicoli elettrici.

Nel frattempo, le incognite arrivano anche dalla carenza dei microchip, dall’aumento del costo delle materie prime e da tutto ciò che queste cose comportano. La paura di perdere posti di lavoro resta a Pratola Serra ad un livello elevato. Un livello pari alle altre fabbriche italiane del gruppo, da Mirafiori a Cassino, da Pomigliano a Melfi.

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