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I problemi dello stop a benzina e diesel voluto dall’Europa

Varato ieri in Commissione Europea, lo stop per quanto riguarda la vendita di vetture elettriche o a benzina a partire al 2035

Stop Benzina

Quanto varato ieri in Commissione Europea, ovvero in relazione allo stop per quanto riguarda la vendita di vetture diesel o a benzina a partire al 2035, ha sicuramente scosso il mondo dell’auto e anche gli automobilisti più affezionati ad una concezione più tradizionale dell’auto intesa come mezzo di trasporto e di divertimento. Secondo quanto ragionato dalla Commessione Europea, dovrebbero abbandonare il mercato tutte quelle vetture che producono una qualche aliquota di CO2 allo scarico: comprese quindi le vetture con propulsore ibrido e le ibride plug-in, veicoli commerciali leggeri inclusi.

Ad oggi si può dire però che pare sia prevista la possibilità di utilizzare carburanti di ultima generazione, meno inquinanti, ma pare che si possa anche ragionare su qualche aggiustamento in corso d’opera. Tuttavia c’è da dire che il pacchetto di riforme Fit for 55 prevede un inasprimento di tutti i target legati alle emissioni di CO2 e quindi legati ai trasporti, all’energia, al consumo del suolo e ad ogni elemento ritenuto in qualche modo “colpevole”. Viene fissato quindi un ribasso del -55% in termini di emissioni per le vetture, contro il -37,5% attuale, ovvero -50% per i veicoli commerciali leggeri, in questo caso contro il 31% attuale, a partire dal 2030. Dal 2035 la riduzione deve essere completa: una condizione che dovrebbe portare alla vendita di sole vetture elettriche o ad idrogeno, praticamente difficile da realizzare ammettiamolo.

La proposta ha provocato non pochi malumori all’indirizzo dei costruttori, ma anche delle attività legate agli indotti. Le principali critiche sono rivolte al fatto di aver messo in pratica un obiettivo fortemente complicato per via dei tempi particolarmente ristretti proposti. La ACEA, che è l’Associazione europea dei costruttori automobilistici, ha ammesso che “vietare una singola tecnologia non è una soluzione razionale in questa fase, soprattutto quando l’Europa sta ancora lottando per creare le giuste condizioni abilitanti per i veicoli a propulsione alternativa. Obiettivi climatici ambiziosi richiedono un impegno vincolante da parte di tutte le parti coinvolte”.

Sempre ACEA fa notare che “l’obiettivo di riduzione della CO2 per le auto del 55% entro il 2030 sarà molto impegnativo e richiederà certamente un corrispondente obiettivo vincolante per gli Stati membri per costruire le necessarie infrastrutture di ricarica e rifornimento. Inoltre, accelererà la trasformazione strutturale della catena del valore automobilistica, richiedendo un’attenta gestione per ridurre al minimo l’impatto sulla nostra economia”. Insomma, ulteriori punti di domanda vanno posti in essere guardando al comparto occupazionale.

Preoccupazione diffusa

Sono quindi lecite le preoccupazioni di ACEA anche in relazione al fatto che il piano Fit for 55 proposto dalla Commissione Europea include anche degli obiettivi per riuscire ad implementare infrastrutture di ricarica per ogni tipologia di veicolo stradale. Tuttavia, sempre secondo ACEA, gli obiettivi sembrano sottodimensionati visto che il piano prevede di realizzare 3,5 milioni di punti di ricarica entro il 2030. Secondo i calcoli realizzati dalla stessa Commissione Europea, la diminuzione delle emissioni di CO2 a -50% entro il 2030 avrebbe bisogno di circa 6 milioni di punti di ricarica ad accesso pubblico.

“Tutte le opzioni, inclusi i motori a combustione interna altamente efficienti, devono svolgere il loro ruolo nella transizione verso la neutralità climatica. Perché non è il motore termico ad essere dannoso per l’ambiente, ma semmai i combustibili fossili. E senza la disponibilità di combustibili rinnovabili, un obiettivo di riduzione del 100% nel 2035 è effettivamente un divieto del motore a combustione interna. Esortiamo le istituzioni a concentrarsi sull’innovazione piuttosto che imporre o vietare una tecnologia specifica”, ha ammesso senza troppi giri di parole Oliver Zipse, presidente di ACEA ma anche CEO di BMW.

Sempre secondo quanto dichiarato da Oliver Zipse: “senza un significativo aumento degli sforzi da parte di tutte le parti interessate, inclusi gli Stati membri e tutti i settori coinvolti, l’obiettivo proposto è semplicemente non praticabile”. In ogni caso il fatto di voler bandire le vetture con propulsore tradizionale, quindi generanti emissioni di CO2, non dovrebbe intaccarne la circolazione stradale perché al momento questo aspetto viene rimandato ai singoli Stati membri. Ora è il momento di cominciare con le trattative, ma la proposta dovrebbe passare all’esame finale tranquillamente.

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