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Mobilità pulita in Italia, Greenpeace protesta

Il Piano di ripresa riserva al ministero delle Infrastrutture 62 miliardi di euro

Mobilità pulita in Italia

Girano somme da capogiro legate al Recovery Fund dell’Unione europea per l’Italia: siamo sui 248 miliardi di euro di prestiti. Tutte le lobby, com’è giusto che sia, chiedono denaro per il proprio settore. Di certo, Il Piano di ripresa presentato dal Governo Draghi a Bruxelles riserva al ministero delle Infrastrutture 62 miliardi di euro. Per mobilità, infrastrutture e logistica sostenibili. Fra cui l’auto elettrica. Si attende il sì, su tutto il Piano, da parte della Commissione europea, che valuterà se le idee dell’Esecutivo siano valide, vadano bene per un reale rilancio del nostro Paese. Tuttavia, Greenpeace protesta. Facciamo luce sul caso un passo per volta.

Di quei 62 miliardi, ben il 56% al Sud. Perché di più al Meridione? Perché è più arretrato sotto il profilo delle infrastrutture: denaro al Mezzogiorno affinché per davvero vada in pari. Anche per le colonnine di ricarica delle auto elettriche.

Si segnalano, fra i numerosi interventi, quelli di digitalizzazione per la sicurezza di strade e autostrade. Più la transizione ecologica della logistica. Nonché lo sviluppo della mobilità ciclistica e delle strade provinciali per migliorare la viabilità delle aree interne.

Mobilità pulita in Italia

Mobilità pulita in Italia: fine della differenza Nord-Sud

Stando al ministro Enrico Giovannini, si tratta di un piano di proporzioni storiche per il nostro Paese, ma anche fortemente innovativo dal punto di vista qualitativo. Che mette il benessere delle persone, la competitività delle imprese e il rispetto dell’ambiente al centro di un nuovo modo di concepire le infrastrutture e i sistemi di mobilità. Fra gli obiettivi: fine delle disuguaglianze tra Nord e Sud.

Ma Greenpeace Italia attacca con forza: Il Piano del Governo Draghi è una finzione ecologica. Definisce il ministero delle Infrastrutture come il ministero dei Treni Persi e dell’Immobilità elettrica.

Non c’è nessuna vera priorità per le rinnovabili, briciole alla mobilità urbana sostenibile e per la cura della biodiversità, lancia l’allarme Greenpeace. In compenso una porta spalancata per l’idrogeno blu di Eni: “Prodotto da gas e usando tecniche rischiose e neppure convenienti”.

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