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Quella volta che una Ferrari Dino venne sepolta

La storia che coinvolge una bellissima Ferrari Dino 246 GTS, due banditi e un fosso utile a seppellirla è forse una delle più incredibili mai sentite

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Di storie incredibili se ne contano tante, quelle che legano gli uomini alle automobili spesso sono costituite da eventi memorabili o da fatti straordinarie. Poche volte si riuscirà a riscontrare che a volte si può anche pensare di seppellire una (bellissima) Ferrari Dino 246 GTS sotto una coltre di terreno quasi come un cadavere qualsiasi. Le foto in bianco e nero, parecchio note, che ritraggono il ritrovamento della Dino 246 GTS vennero scattate nel febbraio del 1978 a West Athens, Los Angeles, all’interno di un giardino appartenente ad una abitazione privata.

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La scoperta della Ferrari sepolta, ma non morta, venne realizzata da alcuni giovani che giocavano proprio in quell’area di giardino scavando tra quella stessa terra che ricopriva un cadavere di metallo. La scoperta era di quelle che lasciano ovviamente a bocca aperta e a pupille spalancate alla massima apertura: la Ferrari del ritrovamento era verde metallizzato, scuro come il buio che l’aveva imprigionata sotto qualche metro di terra. Meglio quindi avvertire la polizia e pianificare un corretto recupero.

Buono stato di conservazione

La Dino 246 GTS ritrovata possedeva dotazioni di tutto rispetto, a cominciare dai cerchi Campagnolo e dai sedili Daytona. Il numero di telaio era il #07962. Chiunque aveva deciso che la berlinetta avrebbe dovuto trascorrere il resto dei suoi giorni sottoterra aveva comunque pensato a qualche azione utile a preservare il gioiello e la sua conseguente integrità. C’erano infatti dei fogli di plastica a preservare i finestrini, col compito di provare a preservare gli interni da eventuali infiltrazioni di acqua e umidità residua. Anche la carrozzeria possedeva un trattamento protettivo realizzato mediante asciugamani di ogni genere e grossi tappeti.

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Il metodo più basilare per provare a risalire all’effettivo proprietario era quello di utilizzare i dati provenienti dalla targa 832LJQ; gli investigatori Joe Sabas e Dennis Carroll deducono che la splendida Dino in verde scuro apparteneva ad un tale Rosendo Cruz, idraulico di professione, che aveva acquistato la Ferrari nell’ottobre del 1974 al costo di 22mila dollari presso la Hollywood Sports Cars.

Un regalo per la moglie

Le indagini non si fermano. Si scopre che la Dino 246 GTS era stata acquistata con la volontà di diventare il regalo perfetto per la moglie di Rosendo Cruz, in due mesi di utilizzo la Dino aveva percorso soltanto 806 chilometri. Quando il 7 dicembre del 1974 la romantica coppia usciva da una cena presso il Derby Brown di Wilshire Boulevard si accorge che la Dino non c’era più. Ad attenderli un posto vuoto. La denuncia di Cruz non tardò ad arrivare, tanto che dopo qualche tempo riuscì anche ad incassare i soldi dell’assicurazione.

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La Ferrari Dino 246 GTS dopo il restauro

Ma quando quattro anni dopo la vettura venne ritrovata, decideva che non era più interessato a quella verde Dino a marchio Ferrari tanto che la compagnia assicuratrice decide di ritirarla per poi cederla alla Bank of America che in qualità di nuova proprietaria legale della vettura decide di venderla all’asta. Se l’aggiudica Brad Howard, che la possiede ancora oggi.

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Brad Howard posa accanto alla sua Dino

L’allora giovane meccanico, con la collaborazione di Giuseppe Cappalonga conoscitore ed esperto di Ferrari classiche della West Coast, decide di praticare un corretto restauro riportandola ai fasti di un tempo.

Ma la storia non era ancora finita

Si sa, la verità viene sempre a galla. La storia, già di per sé abbastanza insolita, non era ancora finita. Alcune ricerche condotte dallo stesso Brad Howard coadiuvato da un giornalista americano, portarono ad un retroscena presto immaginabile. Lo stesso Rosendo Cruz, proprietario della Dino, aveva deciso di assoldare due ladri specializzati in furti di auto per fare sparire la splendida Dino in modo da guadagnare il giusto rimborso dall’assicurazione.

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La pietà di Cruz era nulla, tanto che aveva imposto un dogma preciso: distruggere la Dino e disfarsene in ogni modo, in maniera definitiva. Se la prima parte andò secondo i piani, il resto delle indicazioni venne disatteso dai banditi i quali con molta probabilità si fecero ammaliare dalle linee seducenti di una vettura bella come poche. Meglio provare a preservarne la carrozzeria come si poteva, scavare un fosso e incastrarla dentro. I due ladri riuscirono quindi a scavare quella buca che avrebbe ospitato la Dino per quattro anni con la volontà di tornare lì un giorno e godersela col piede destro a fondo corsa. Peccato che quei ragazzi riuscirono a scorgere la Dino sotto alcuni strati di terra, portando a galla una storia incredibile come poche.

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