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Incidenti mortali: aumentano al crollare della Borsa

Lo evidenzia uno studio condotto del docente universitario Mirco Tonin

Incidenti mortali

Il mercato azionario influenza alcune delle decisioni economiche più fondamentali degli investitori, come il consumo, il risparmio e l’offerta di lavoro, attraverso il canale della ricchezza finanziaria. Ma oltre a questo, gli effetti possono essere ravvisati pure nel traffico. Sembra infatti che se la Borsa scende i rischi in auto aumentano, secondo lo studio condotto da Mirco Tonin, docente di Politica economica dell’Università di Bolzano. Da dieci anni costui dedica le proprie ricerche nell’ambito dell’economia comportamentale. Assieme ai colleghi Corrado Giulietti e Michael Vlassopoulos, dell’Università di Southampton, Tonin ha pubblicato uno studio sul Journal of Health Economics, intitolato “When the market drives you crazy: Stock market returns and fatal car accidents”.

L’impatto dei crolli in Borsa sugli incidenti mortali negli Stati Uniti

Questo documento fornisce la prova che le fluttuazioni giornaliere degli indici hanno importanti – e finora trascurati – ricadute. Utilizzando l’universo degli incidenti stradali mortali negli Stati Uniti dal 1990 al 2015, troviamo che una riduzione di una deviazione standard dei rendimenti giornalieri è associata a un aumento dello 0,5% del numero di incidenti mortali.

Un prodotto dei test di falsificazione rappresenta un’interpretazione causale di questa constatazione. I risultati sono coerenti con le emozioni immediate suscitate da performance negative che incidono sul numero di sinistri fatali, in particolare tra gli investitori inesperti, evidenziando così le più ampie conseguenze economiche e sociali delle operazioni. L’effetto è più forte verso la fine degli anni ’90, periodo associato all’esuberanza dei mercati finanziari statunitensi.

La principale minaccia per individuare un nesso causale è la possibilità di omettere la distorsione variabile. La relazione potrebbe essere scaturita da una terza variabile. Tra gli esempi portati alla luce il tempo e i grandi eventi politici o sportivi. Infatti i fattori esogeni che agiscono sull’umore degli investitori (ad esempio, il tempo, l’esito di incontri sportivi, ecc.) possono avere ripercussioni sui prezzi delle azioni e – attraverso il canale delle emozioni dei conducenti – il verificarsi di incidenti mortali.

Per affrontare tale problema, definiscono innanzitutto le potenziali cause di confusione. Il fatto che la correlazione con i sinistri non sia influenzata quando includono nei controlli di regressione le condizioni ambientali come la pioggia o il vento o gli indici giornalieri e l’incertezza della politica economica è rassicurante, anche se ben lungi dal risolvere la questione.

Test di falsificazione

Ancora più importante l’applicazione dei ricercatori diversi test di falsificazione. Nella prima serie, sfruttano la tempistica degli eventi. Se il rapporto rilevato è dipeso da elementi incontrollati, che pesano sui due parametri, si aspetterebbero di constatarlo pure per i sinistri accaduti prima dell’apertura degli scambi.

Prendono atto delle informazioni sui tempi dei sinistri disponibili nei database per scindere la giornata in due parti: una iniziale, riguardante le ore antecedenti l’apertura del mercato azionario, e una parte successiva, fondata sulle ore seguenti all’apertura. Se il rapporto è unicamente presente nella seconda parte e non nella prima, si avvalorerebbe il presunto legame con gli incidenti mortali. Eppure, stando a una logica simile l’ipotesi andrebbe scartata.

Nella seconda serie di test di falsificazione adottano approcci multipli per confrontare il ruolo del mercato azionario su gruppi di automobilisti con varie probabilità di detenere azioni. Se il nesso deriva da situazioni fuori dal controllo, impattanti sull’umore sia dei guidatori che degli investitori, allora verrebbe da credere che ciò accade per l’intera prima categoria, inclusi coloro che non speculano in Borsa.

Se è causale, allora l’effetto è assente (o più debole) per chi non possiede azioni. Un approccio per isolare questi ultimi consiste nello zoomare sui sinistri che coinvolgono esclusivamente individui di età pari o inferiore ai 25 anni. Per quanto riguarda loro gli studiosi non notano una relazione statisticamente significativa tra i sinistri e l’andamento del mercato azionario, mentre lo fanno laddove almeno un conducente di età superiore abbia compiuto i 25 anni.

Distribuzione geografica del reddito

In un altro approccio, traggono spunto dalle differenze nella distribuzione geografica del reddito, con l’idea che le persone con un reddito più elevato siano maggiormente predisposte ad investire. Considerano il reddito medio sia nella contea dell’incidente mortale che nel codice postale dei guidatori. In entrambe le circostanze, non scorgono legami con gli incidenti mortali per il terzile inferiore del reddito, a differenza di quello superiore, di entità notevole.

Infine, utilizzano i dati del Panel Study of Income Dynamics (PSID) per costruire una misura dell’esposizione (valore delle azioni diviso per il patrimonio netto) che viene successivamente attribuita a ciascuna marca di veicolo coinvolta nell’incidente. Delineano un collegamento per i brand automobilistici nel terzile superiore, mentre non c’è per quello inferiore. Le rilevazioni sostengono una causalità di fondo.

Per comprendere appieno i potenziali canali comportamentali che spiegano la stima, classificano gli incidenti utilizzando i dati sui fattori che vi hanno contribuito. In primo luogo, notano la mancanza di effetti del mercato azionario sugli incidenti attribuiti a cause non umane, il che rafforza l’attendibilità della tesi. Inoltre, possono escludere che fattori quali la guida in stato di ebbrezza, la velocità e la distrazione siano alla radice dei problemi, mentre sembra siano provocati da uno stile spericolato.

Conclusioni

Traendo le somme, sfruttando la tempistica degli incidenti e le differenze nella propensione a possedere azioni in base all’età, la geografia o le dimensioni del veicolo, il documento presenta prove a sostegno del fenomeno. Mentre i boom lo collegava generalmente a tassi di mortalità più elevati per i veicoli a motore, dato che il consumo di alcol e la guida cresce nei periodi di congiuntura favorevole, la nuova constatazione evidenzia un’altra realtà, in quanto durante i boom ci sono più chance che le performance del mercato azionario siano positive.

L’impatto è sia particolarmente forte quando la partecipazione al mercato azionario è particolarmente aumentata nella seconda metà degli anni Novanta. Infatti, i dati dell’Indagine sulle finanze dei consumatori mostrano che, dopo un periodo di stabilità, la partecipazione delle famiglie è aumentata dal 28,8% nel 1995 al livello storico più alto mai raggiunto, nel 2001 (34,1%). Durante il periodo in questione, naturalmente, diversi di loro erano poco esperti, e potrebbero aver eccessivamente reagito a notizie negative.

Questa è una potenziale spiegazione del perché l’effetto sia più pronunciato e rilevabile in quel particolare intervallo. I responsabili politici – conclude lo studio – dovrebbero essere consapevoli delle conseguenze mentali ed emotive che il mercato azionario ha sugli investitori per potervi rispondere meglio. Specificamente per la guida, se la consapevolezza può mitigare gli effetti negativi delle emozioni, ci può essere allora spazio per campagne di informazione sull’impatto degli shock mentali ed emotivi innescati o per altre iniziative sulla condotta al volante.

 

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