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Binotto: “Leclerc mi ricorda Michael Schumacher”

Il team principal della Ferrari vede analogie tra l’enfant prodige monegasco e Schumi

Mattia Binotto

In Giappone la Ferrari di Binotto ha compiuto decisi passi indietro. Almeno così dice il risultato finale, perché nelle qualifiche il team di Maranello aveva dominato sulle rivali, conquistando una invidiabile doppia prima fila. Le SF90 hanno però fallito, almeno rispetto alle previsioni iniziali. Tutti gli indizi lasciavano credere nel riscatto, dopo il GP di Russia concluso con l’amaro in bocca. Vettel era subito riuscito a superare il compagno di squadra Leclerc, senza mai restituirgli il favore e alla fine avevano approfittato della situazione le Mercedes. Prima Seb si ritirava, dunque il monegasco arrancava e non ha trovato il pertugio necessario per lasciarsi Bottas dietro.

A Suzuka, anche se non si sono verificati ulteriori battibecchi, tra i due ferraristi, Maranello ne esce distrutta. Per il sesto anno consecutivo la scuderia anglo-tedesca ha conquistato il titolo costruttori e lo abbinerà ancora una volta a quello piloti. Uno tra Valtteri e Lewis Hamilton imprimerà la propria firma sull’albo d’oro, ormai aritmeticamente irraggiungibili. Solamente l’aritmetica teneva vive le speranze delle due rosse; che pagano una prima metà stagionale ampiamente sotto le aspettative, mai salite sul gradino più alto del podio.

Pur colpite dalla sfortuna in certi frangenti (squalifica di Vettel in Canada, problemi al motore di Leclerc in Bahrain), gli zero successi conseguiti palesavano i difetti impliciti nella nuova monoposto. La pausa estiva aveva portato consiglio. E, grazie al corposo e ai quanto mai necessari interventi, i primi appuntamenti premiavano due volte Charles a Spa e Monza, Vettel a Singapore. A fronte dei molti segnali positivi, il team principal Mattia Binotto ravvisa oggi deficit, in particolare il passo gara, su cui punta la lente. Il tutto salvaguardando i piloti, perché il gruppo va tenuto compatto e la politica sta in effetti dando buoni frutti.

Binotto: rimpianti per il Giappone

Il via nella terra del Sol Levante ha compromesso un pomeriggio promettente. Qualora fosse stata migliore sarebbero cambiate le posizioni? Mattia Binotto evita di fare particolari proclami perché il passo gara non reggeva il confronto con Mercedes. “Difficile da dire. Certamente hanno confermato un ritmo migliore del nostro in gara, ma non in qualifica.

Resta pur sempre incontestabile la superiorità dimostrata dall’ex Red Bull sul campione in carica, bravo a resistere nelle battute finali nonostante l’inseguitore montasse gomme più fresche, avendo rimandato il pit-stop. “È anche vero che Seb era davanti a Hamilton nel primo giro di gara, e si è confermato davanti a Lewis anche sotto la bandiera a scacchi, quindi se ci fossimo confermati nelle prime due posizioni al termine del primo giro sarebbe stato difficile per chi ci seguiva superare due macchine, ha spiegato il responsabile Ferrari.

Sulle responsabilità effettive, Mattia Binotto preferisce fare i dovuti accertamenti, anziché sbilanciarsi: Se fosse stata una sola sarebbe stato più semplice, ma con due si coprono le strategie. Ma adesso dobbiamo analizzare gli errori e capire i motivi che ci hanno impedito di confermare un ottimo ritmo di gara, contesto in cui dobbiamo lavorare ancora”.

Il pit-stop rimandato di Leclerc

Sui piani adottati, ha colpito la permanenza di Charles Leclerc sul circuito dopo il contatto con Max Verstappen al primo giro. La FIA ha confermato che in un primo momento volevano richiamarlo in pit-line, salvo poi cambiare idea negli ultimi istanti. La decisione – spiega Mattia Binotto – spetta al pilota e i tempi ottenuti davano buone sensazioni. “In quei frangenti è il pilota che può subito valutare il comportamento della monoposto, dall’esterno abbiamo visto i danni riportanti nel contatto e ci siamo predisposti per la sostituzione delle componenti danneggiate. Ma Charles ha tenuto un buon ritmo, ed è rimasto fuori, poi la FIA ci ha chiesto di richiamarlo per motivi di sicurezza, ed abbiamo immediatamente eseguito l’ordine”.

Sulla spiegazione dei netti progressi compiuti da venerdì a domenica spiega che le prove libere sono difficili da valutare. È sempre difficile giudicare la performance basandosi sui riscontri della giornata di venerdì, perché ogni squadra ha il suo programma di lavoro, e non ho idea di quale sia stata l’attività negli altri box. Da parte nostra abbiamo riscontrato dei problemi sulla monoposto, così come un degrado elevato degli pneumatici”.

Le ore successive alle FP hanno permesso agli ingegneri di intervenire in corsa sulla vettura: “Abbiamo lavorato, riducendo il carico fornito dall’ala posteriore sia in qualifica che in gara, e questo ci ha consentito di migliorare il bilanciamento generale della vettura, come confermato dai piloti. Ma ci manca ancora qualcosa in gara, abbiamo sofferto un po’ di degrado, diciamo più accentuato rispetto ai nostri avversari diretti, ma comunque inferiore rispetto a quanto verificato nelle prove libere. Quindi in generale abbiamo fatto dei passi avanti”.

Vettel: “Peggio di una falsa partenza”

Nell’intervista successiva alla gara Sebastian Vettel aveva commentato l’errore in partenza, rea di compromettere la pole-position: “Le luci sono state accese a lungo – dice Vettel – e ho commesso un errore, ho perso l’inerzia ed è stato peggio di una falsa partenza. A quel punto è stato difficile, le Mercedes erano molto veloci e alla fine avevano un passo migliore del nostro e volavano. Hamilton ha cercato la strategia a una sosta ma non ha funzionato, sapevo che mi avrebbe raggiunto, ma ho provato a tenerlo ed è andata bene per mantenere il 2° posto.

L’errore ha pesato sull’esito finale. “Senza lo sbaglio al via non so come sarebbe andata e loro forse avrebbero potuto giocare delle carte per la strategia, ma in gara la nostra mancanza di passo c’era e forse il 2° posto era il massimo possibile. Non sono contento della partenza, ma la gara è stata buona: avrei preferito l’en plein con la pole, ci siamo andati vicino, ma il 2° non è male. Dobbiamo ammettere che loro oggi erano più veloci: stiamo lavorando sodo, dobbiamo rinforzarci come team e fare di più, ma credo che abbiamo impegno, ingredienti e intelligenza per migliorare”.

Leclerc e Verstappen: il contatto

Charles Leclerc aveva invece giudicato l’incidente con Max Verstappen: “Io l’ho vissuto da dentro, non mi è sembrato nulla di speciale, io ero all’interno, ho avuto sottosterzo e ci siamo toccati. Per il resto mi sono divertito, il 6° non è il posto che volevo, mi spiace ma dopo l’incidente in curva 2 non si poteva fare di più. Da cinque week end abbiamo trovato una grande performance in qualifica, ma in gara c’è ancora del lavoro da fare e anche io come pilota devo lavorare, per me stesso e anche per la macchina, per essere migliore in gara”. Queste invece le parole di Max Verstappen: “Sono deluso, ero partito bene, ero 3° e ho cercato di tenere l’esterno, ma Leclerc ha avuto del sottosterzo e me lo sono trovato addosso. A quel punto avevo la fiancata danneggiata e mi sono ritirato: potevo fare nulla. I commissari? Se le cose sono normali può solo andare in un verso”.

Nell’era turbo ibrida, iniziata cinque anni fa ormai, la Ferrari ha spesso provato a spodestare dal trono le Mercedes, invano. L’attuale team principal Mattia Binotto vi lavorava però già negli anni in cui la squadra annichiliva la concorrenza con la propria superiorità e, in un intervento telefonico al Festival dello Sport, organizzato dalla Gazzetta dello Sport, l’ingegnere reggiano ha ripercorso quegli anni tanto felici. Frequentemente li utilizza spesso a mo’ di stimolo e ispirazione: Il ricordo della Ferrari dei record non è né imbarazzante né stimolante, è un bell’esempio – ha raccontato – mi ci rifaccio spesso. Più di una volta in certe situazioni mi chiedo come avrebbero agito Todt o Domenicali. Credo che sia stato un periodo propedeutico che diventa un esempio importante”.

Mattia Binotto: l’intervista con Schumi e le analogie con Leclerc

Con il sesto titolo costruttori, le frecce d’argento hanno proprio eguagliato il primato della Rossa nel 1999-2004, aggrappata al mito Michael Schumacher. Mattia Binotto non ha lesinato parole di ammirazione e affetto sincero al suo indirizzo: “Spesso e volentieri ci rifacciamo ancora al metodo che lui ci ha lasciato – ha spiegato Binotto mi ricordo quando nel 1995 avevamo fatto un primissimo test a Fiorano, tanto per provare la macchina. Eddie [Irvine n.d.r.] era arrivato il giorno prima e poi è arrivato Michael. Quando siamo giunti noi lui era già lì che ci aspettava, voleva iniziare un’ora prima perché voleva parlare del programma, di cosa c’era da fare…quello era il suo modo di fare. Non lasciava nulla di scontato. Ci ha sempre spinto a fare qualcosa in più”.

Infine, Mattia Binotto ha ricordato pure una famosa intervista ‘organizzata’ nel 2004, quando fu lo stesso Schumi a sottoporgli le domande in un siparietto che è recentemente diventato virale recentemente sui social network: “Quell’intervista che mi fece Schumi? La ricordo – ha scherzato Binotto – l’ho rivista recentemente. Sono passati tanti anni e quasi non mi riconosco, ma fa sempre piacere. Con lui il rapporto era molto stretto, ci teneva alla squadra e a non essere l’unica persona al centro dell’attenzione. I meriti erano sempre da dividere e condividere”. L’ex Direttore Tecnico ha poi sottolineato pure quali analogie abbiano Schumacher nell’atteggiamento di allora e Charles Leclerc: “Entrambi hanno un obiettivo unico che è vincere e pur di vincere non lasciano niente al caso. Sono focalizzati su quell’unico obiettivo”.

 

 

 

 

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