Un interessante duello di potere sta scuotendo le fondamenta di Stellantis. La famiglia Peugeot deve decidere chi assumerà la carica cruciale di vicepresidente del brand, una scelta che va ben oltre la semplice successione familiare e tocca il futuro industriale della Francia.
I contendenti, come accennato, sono due. All’angolo del veterano, Robert Peugeot, l’attuale presidente, forte dei suoi 75 anni e di un solido curriculum. All’angolo dell’operatività, Xavier Peugeot, 60 anni, l’unico in famiglia a ricoprire un ruolo esecutivo come, appunto, CEO del marchio DS. Entrambi sono “passati” dall’attenta analisi delle complesse commissioni di nomina familiari, proprio come succede nelle grandi dinastie industriali.

La posta in gioco è alta. La famiglia Peugeot controlla quasi l’8% del capitale di Stellantis. Aggiungendo la quota della banca pubblica d’investimento francese, Bpifrance (quasi il 7%), la parte francese si attesta intorno al 15%. Una cifra significativa, ma che rimane leggermente inferiore a quella controllata dalla parte italiana, la famiglia Agnelli, con il suo noto esponente e presidente Stellantis John Elkann.
La vera preoccupazione dietro questo duello di potere non è l’età, ma la prospettiva sul futuro di Stellantis. Dopo l’estromissione di Carlos Tavares un anno fa, il Gruppo ha iniziato un netto e orientamento verso l’Italia. Almeno in diverse nomine importanti, meno sul piano strettamente industriale. Non è un caso che sia stato proprio John Elkann a scegliere il successore di Tavares, Antonio Filosa, formatosi nel gruppo Fiat.
Negli ultimi mesi, gli annunci di nomine hanno seguito un pattern simile: italiani al posto dei francesi.Si vocifera che il candidato più giovane, Xavier Peugeot, sia significativamente più preoccupato di questo cambiamento italo-americano rispetto al più anziano Robert.

Ognuno si preoccupa del proprio Paese, e qui non siamo davanti a un’eccezione. C’è apprensione per ciò che accade in Francia: Stellantis conta 12 stabilimenti e 39.000 dipendenti qui (il 15% della forza lavoro globale), massacrato da un taglio del 50% della forza lavoro in soli 13 anni (37.000 dipendenti in meno dal 2012).
