L’evoluzione della tecnologia ha reso oggi scontate alcune soluzioni che in passato sembravano fuori dal radar, almeno per i comuni mortali. Anche per i freni delle auto è stato così. Un secolo fa poche case li montavano sulle quattro ruote delle proprie vetture. Opel era fra queste. Il costruttore tedesco ebbe il merito di democratizzare il loro uso, traghettandolo su modelli più accessibili e popolari.
Lo standard, per un certo periodo di tempo, fu quello dei freni montati esclusivamente sulle ruote posteriori. Questi erano alimentati dalla forza muscolare del guidatore, per la loro natura completamente meccanica. Solo i clienti più facoltosi, un centinaio di anni addietro, potevano giovarsi del privilegio di guidare vetture di lusso ed auto da corsa con freni sulle quattro ruote. Possiamo parlare di una ristretta cerchia di fortunati, dalle possibilità economiche indubbiamente grandi.
Opel concesse lo stesso privilegio a una schiera più ampia di automobilisti, con la 10/45 HP del 1925. Stiamo parlando del primo modello del marchio tedesco a montare i freni sulle quattro ruote. Un grande passo nella direzione della sicurezza, a più ampio raggio. Il merito era dei prezzi meno impegnativi dell’auto del “blitz” rispetto ad altre dotate della stessa soluzione. Questo metteva il plus ingegneristico al servizio di molte tasche, in linea con quella che sarebbe diventata una tradizione Opel.
Più in generale, l’idea di montare freni su tutte le quattro ruote era stata concepita e sviluppata nel primo ventennio del XX secolo. Purtroppo le conoscenze ingegneristiche insufficienti fecero slittare i tempi. In quegli anni i tamburi lavoravano grazie a cavi di acciaio con vari gradi di forza. Pertanto la sincronizzazione delle quattro coppie di ganasce rappresentava un problema.
Opel al servizio dell’innovazione accessibile
Come sempre accade, i limiti sono delle sfide, che la ricerca supera spesso a testa alta. In questo caso la svolta arrivò nel 1917, quando Malcolm Loughead, che in seguito divenne noto come Lockhead, brevettò e rese producibili in serie i freni idraulici. Lui fece tesoro di un’idea lanciata per la prima volta nel 1895 dal tedesco Hugo.
L’applicazione di un fluido idraulico permise di superare i problemi dei dispositivi meccanici, sdoganando l’atteso cambiamento. Fra i vantaggi, l’aumento della forza frenante, ma anche la maggiore affidabilità dell’impianto. Qui fu eliminato il tarlo della rottura e dell’allentamento dei cavi. Continuarono in ogni caso a persistere dei problemi, almeno nella fase iniziale, connessi alle perdite di liquido, ma questa falla fu progressivamente superata.
La già citata Opel 10/45 HP rese l’impianto a quattro freni accessibile a tutti o meglio a un più alto numero di persone. Non dobbiamo infatti dimenticare che in quel periodo storico l’auto era un prodotto ancora esotico, quindi non per tutte le tasche. La vettura del “blitz” portatrice del cambiamento fu commercializzata con carrozzeria Torpedo a 6 posti, Limousine a 4 posti, coupè-de-ville, nonché in un’inedita versione familiare, denominata “pullman-limousine”. Due le opzioni per il telaio: a passo corto (3,01 metri) e a passo lungo (3,25 metri).
La spinta faceva leva sui 45 cavalli a 2.800 giri al minuto erogati da un motore a 4 cilindri linea da 2.613 centimetri cubi di cilindrata, che portava l’auto tedesca fino a una velocità massima nell’ordine degli 85 km/h. Non tantissimi ma neppure pochi per quegli anni e per quella tipologia di prodotto.