La vendita di Alfa Romeo alla Fiat nel 1986 è tornata al centro del dibattito politico ed economico dopo le dichiarazioni del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha accusato l’ex premier Romano Prodi di aver compiuto un “errore storico” che ha danneggiato l’industria automobilistica italiana. Prodi, che all’epoca era presidente dell’Iri, l’ente pubblico che controllava il Biscione, ha replicato sostenendo di aver agito nell’interesse nazionale e di aver preferito la Fiat alla Ford perchè l’offerta era migliore. La polemica tra i due esponenti politici ha riaperto una vecchia ferita nella storia dell’automotive italiano, che ha visto la casa automobilistica del Biscione passare dalle mani dello Stato a quelle della Fiat dopo una lunga e controversa trattativa.
Il Ministro Urso ha definito un errore storico la vendita da parte dell’IRI di Alfa Romeo a Fiat invece di Ford, ma Romano Prodi non la pensa così
Il marchio milanese, fondato nel 1910, era entrato nel perimetro dell’Iri nel 1933, in seguito alla crisi finanziaria che aveva colpito il Paese. L’Iri era nato come strumento di salvataggio delle banche e delle imprese in difficoltà, ma si era poi trasformato in un protagonista della politica industriale italiana, fino alle grandi privatizzazioni degli anni ’90. Negli anni ’80, l’Alfa Romeo versava in una situazione di grave crisi economica, con perdite e debiti nell’ordine delle centinaia di miliardi di lire. L’Iri decise quindi di metterla in vendita, ricevendo due offerte: una dalla Fiat e una dalla Ford. La scelta tra le due opzioni non fu semplice, poiché comportava diverse implicazioni strategiche e politiche. Da un lato, c’era la possibilità di rafforzare il gruppo Fiat, che già dominava il mercato italiano e che aveva bisogno di diversificare la sua gamma di prodotti. Dall’altro, c’era l’opportunità di introdurre un nuovo concorrente internazionale, che avrebbe potuto portare innovazione e investimenti nel settore.
La decisione finale fu quella di cedere l’Alfa Romeo alla Fiat, che acquisì tutte le azioni del Biscione per 1.500 miliardi di lire. La trattativa fu influenzata da diversi fattori, tra cui le pressioni politiche e sindacali, le relazioni diplomatiche tra Italia e Stati Uniti, le valutazioni tecniche e finanziarie delle due offerte. Molti osservatori ritengono che la scelta della Fiat sia stata dettata anche da una visione nazionalista e protezionista, che mirava a salvaguardare il primato dell’industria italiana e a evitare la perdita di identità e autonomia del marchio milanese. A distanza di oltre trent’anni, la vendita dell’Alfa Romeo alla Fiat è ancora oggetto di dibattito e di valutazioni contrastanti.
Alcuni ritengono che si sia trattato di un affare vantaggioso per entrambe le parti, che ha permesso alla Fiat di ampliare il suo portafoglio e all’Alfa Romeo di beneficiare delle sinergie e delle economie di scala del gruppo torinese. Altri sostengono invece che si sia consumato un errore irreparabile, che ha compromesso lo sviluppo e la competitività dell’automotive italiano, riducendo la varietà dell’offerta e la capacità innovativa del settore. Tra questi ultimi c’è il ministro Urso, che in un incontro pubblico ha dichiarato: “Il grande errore della politica delle auto è quando il presidente dell’Iri di allora decise di vendere l’Alfa Romeo alla Fiat e non di accogliere l’investimento della Ford. Proprio per questo oggi in Italia abbiamo un’unica casa automobilistica mentre gli altri Paesi, come Francia, Germania, Polonia, ne hanno tre, quattro o cinque”.
Urso ha aggiunto di sperare di poter dare buone notizie per quanto riguarda l’automotive italiano nella prossima settimana, sottolineando che il suo ministero sta lavorando per recuperare la latitanza e gli errori dei precedenti governi. La replica di Prodi non si è fatta attendere. L’ex premier, intervistato dal Corriere della Sera, ha difeso la sua scelta, affermando di aver agito nell’interesse nazionale e di aver respinto la Ford per evitare una “colonizzazione” del settore. Prodi ha ricordato che l’Alfa Romeo era in una situazione disastrosa e che la Fiat era l’unica realtà in grado di garantire la continuità produttiva e occupazionale. Ha inoltre smentito di aver subito pressioni politiche, sostenendo di aver agito in autonomia e di aver ricevuto il consenso unanime del consiglio di amministrazione dell’Iri. Infine, ha ribadito il suo amore per il Biscione, ricordando di aver posseduto diverse Alfa Romeo nella sua vita.
La vendita dell’Alfa Romeo alla Fiat resta quindi un episodio controverso e significativo nella storia dell’automotive italiano, che ha segnato una svolta nel destino del marchio milanese e nel panorama del settore. Un episodio che ancora oggi suscita polemiche e confronti, tra chi lo considera un errore storico e chi lo difende come una scelta razionale e patriottica.